Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

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il FIGLIO dell'UOMO

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2009 dal 5 al 12 Aprile

8a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

L'ARGOMENTO DI OGGI

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dai GIORNALI di OGGI

USA 2008-11-05 h 5,01 CNN

OBAMA PRESIDENTE

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

HOPE, CHANGE, WE CAN,

WE ARE ONE NATION

PRESIDENT - ELECT BARACK OBAMA

U.S.A. the CNN reported, at h 05,01 a.m. , that

BARACK OBAMA is been lected new

USA PRESIDENT

To-day we begin in the earnest the work of making sure that the world we leave our children is just a little bit better than the one we inhabit today

VISIT THE INTERNET WEB-SITE OF PRESIDEN T OBAMA http://change.gov/

SPERANZA, CAMBIAMENTO, NOI POSSIAMO

SIAMO UNA NAZIONE

PRESIDENTE ELETTO BARACK OBAMA

U.S.A. la CNN alle ore h 05,01 italiane ha comunicato l'elezione del Nuovo Presidente USA

BARACK OBAMA

Oggi iniziamo un serio lavoro per essere sicuri che il mondo che lasceremo ai nostri figli sarà almeno un poco migliore di quella che oggi abbiamo

Visitate il sito Internet del PRESIDENT OBAMA

http://change.gov/

"HOPE" "CHANGE" "WE CAN" "WE ARE ONE NATION"

U.S.A. CNN h 5,01 OBAMA E' IL NUOVO PRESIDENTE degli STATI UNITI DI AMERICA

La 1a CONFERENZA STAMPA DI OBAMA da PRESIDENTE non in carica

La biografia del neopresidente di David Mendell in uscita da Cairo editore

ASCOLTA IL DISCORSO DI OBAMA AI SUOI ELETTORI ED AL POPOLO AMERICANO …1… …2… OPPURE LEGGI ..1S..

IL NOBILE DISCORSO DI McCAIN CHE RICONOSCE LA VITTORIA DI OBAMA ..3..

ABC DEL PROGRAMMA DI OBAMA

Il PRESIDENTE BERLUSCONI ed il PRESIDENTE OBAMA GASPARRI AL QAEDA E OBAMA

 

 

 

 

www.flickr.com/photos/barackobamadotcom/

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

per l'articolo completo vai al sito

http://www.corriere.it

2008-12-01

janet napolitano nuovo ministro della sicurezza interna

Obama: "Lotta al terrorismo,

è tempo per un nuovo inizio"

Il presidente eletto conferma Gates alla Difesa, la Clinton è il nuovo Segretario di Stato, Susan Rice va all'Onu

WASHINGTON (USA) - Nel giorno in cui Barack Obama ha ufficializzato la sua nuova squadra per gestire la sicurezza degli Stati Uniti, il presidente eletto ha colto l'occasione per lanciare un messaggio al mondo. Per l'America "è tempo di un nuovo inizio per affrontare le sfide globali del mondo", prima fra tutte quella al terrorismo ha spiegato Obama. "Rafforzeremo la nostra capacità di sconfiggere i nostri nemici e portare aiuto ai nostri amici. Rinnoveremo le nostre alleanze e rafforzeremo le nostre partnership. Dimostreremo ancora una volta al mondo intero che l'America è capace di difendere senza esitazione il suo popolo" ha aggiunto il presidente eletto.

Janet Napolitano (Ap)

Janet Napolitano (Ap)

AMERICA LEADER - Obama ha poi detto che le persone che ha scelto nel team di sicurezza nazionale condividono il suo "pragmatismo sull'uso dei poteri" e il suo obiettivo di "un ruolo dell'America come leader nel mondo". Il presidente eletto ha ribadito successivamente il suo cordoglio e la sua vicinanza all'India colpita dagli attacchi terroristici di Mumbai. Il terrorismo - ha detto - è una minaccia globale che richiede una risposta globale, "il nostro destino è condiviso e correlato con il destino del mondo", e l'India "è più forte dei terroristi che la vogliono piegare".

LOTTA SENZA QUARTIERE AL TERRORE - "Siamo determinati a perseguire i responsabili degli attentati di terrorismo ovunque nel mondo. Non possiamo tollerare che innocenti vengano uccisi da terroristi in nome di ideologie basate sull'odio" ha spiegato Obama. Obama ha detto di aver parlato con il presidente del Pakistan, il quale gli ha garantito che terrà fede agli impegni presi e contribuirà alla lotta al terrorismo.

FINE MISSIONE IN IRAQ - Obama ha poi annunciato che assegnerà al confermato segretario alla Difesa, Robert Gates, "una nuova missione" per mettere fine alla guerra in Iraq e cedere il controllo della sicurezza agli iracheni. In una conferenza stampa a Chicago in cui ha presentato il nuovo team per la sicurezza, il presidente eletto ha ribadito l'impegno per il ritiro dall'Iraq: "Darò a Gates e alle nostre forze armate una nuova missione appena mi insedierò - ha affermato il presidente eletto - mettere fine responsabilmente alla guerra in Iraq attraverso una efficace transizione verso un controllo iracheno". Obama ha anche ribadito che assicurerà che vi siano "le strategie e le risorse per battere Al Qaeda e i talebani", una conferma che l'attenzione sarà spostata dall'Iraq all'Afghanistan. "Come Bob (Gates) ha detto non molto tempo fa, l'Afghanistan è il posto in cui la guerra al terrore ha avuto inizio ed è quello in cui si deve concludere", ha ricordato il presidente eletto. Obama ha anche assicurato che saranno fatti "gli investimenti necessari per rafforzare le forze armate e aumentare le truppe di terra per battere le minacce del XXI secolo".

LE NOMINE - In precedenza Obama aveva ufficializzato la nomina dell'ex rivale Hillary Clinton a Segretario di Stato. Obama aveva anche chiesto al ministro della Difesa Gates di restare a capo del Pentagono e aveva scelto l'ex generale dei marines James Jones come Consigliere per la Sicurezza Nazionale. Obama aveva anche nominato Susan Rice, la sua consigliera di politica estera, nuovo ambasciatore americano all'Onu e Janet Napolitano, attuale governatore dell'Arizona, a ministro della Sicurezza interna. Obama ha poi minimizzato la possibilità che all’interno del suo team per al sicurezza nazionale possano verificarsi rivalità, e ha ricordato che sarà lui a dare un’indirizzo unitario alla politica estera americana. "Credo nelle forti personalità e nelle opinioni forti", ha detto Obama in una conferenza stampa da Chicago, ma "il responsabile per la visione d’insieme di questa squadra sarò io".

LA LODE DI OBAMA - Obama ha, in particolar modo, lodato la Clinton. La nomina di Hillary Clinton, "americana di straordinaria statura" e che "è rispettata in tutte le capitali", ha spiegato il presidente eletto, segnala ad "amici e nemici dell'America l'impegno che l'amministrazione Obama metterà nel rinnovare la diplomazia e riparare le alleanze".

La politica di sicurezza nazionale è "bipartisan" ha aggiunto Obama presentando la sua nuova squadra internazionale. "Davanti alla sicurezza della nazione e del nostro popolo non siamo nè democratici nè repubblicani: siamo americani", ha detto Obama.

LA REPLICA DELLA CLINTON - La Clinton, parlando a Chicago a fianco di Obama, ha promesso che l'America "tornerà di nuovo" a collaborare con il resto del mondo nell'affrontare le crisi planetarie. "L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America" ha sottolineato la Clinton

01 dicembre 2008

 

 

2008-11-22

"Ho dato disposizione al mio team economico di mettere a punto un piano di ripresa"

Crisi Usa e lavoro, Obama promette:

2,5 milioni nuovi posti entro gennaio 2011

Il presidente eletto nel secondo messaggio del sabato alla Nazione: "Stati Uniti a rischio deflazione"

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NOTIZIE CORRELATE

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Il "Dream Team" prende forma - VIDEO

(Ap)

(Ap)

WASHINGTON - Due milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro entro il gennaio 2011: è questa la promessa agli americani del presidente eletto degli Stati Uniti Barack Obama. La crescita del tasso di occupazione, spiega Obama, sarà l'effetto di un piano di ripresa dell'economia al quale si metterà al lavoro il team economico di cui faranno parte alcuni ministri che il futuro inquilino della Casa Bianca si appresta ad annunciare.

SECONDO MESSAGGIO DEL SABATO - Nel secondo messaggio del sabato alla Nazione, diffuso anche in un video formato YouTube sul sito della transizione (www.change.gov), Obama ha descritto le difficoltà economiche del Paese, sottolineando che alla perdite dei posti di lavoro e al crollo del mercato immobiliare si aggiunge ora anche "il rischio di cadere in una spirale deflazionistica che potrebbe aumentare ulteriormente il nostro massiccio debito". "Non ci sono soluzioni rapide o facili a questa crisi, che è andata creandosi nel corso di molti anni - ha detto Obama - ed è probabile che peggiorerà prima di migliorare".

"IMMEDIATE CONTROMISURE PER USCIRE DALLA CRISI" - Ma il presidente eletto ha promesso che dal 20 gennaio, il giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, scatteranno immediate contromisure. "Ho dato disposizione al mio team economico - ha affermato - di mettere a punto un piano di ripresa economica che significherà 2,5 milioni di posti di lavoro in più entro il gennaio 2011: un piano ampio abbastanza da far fronte alle sfide che affrontiamo e che intendo firmare appena insediato". Obama ha detto che i dettagli emergeranno nelle prossime settimane, ma che si tratterà "di uno sforzo nazionale di due anni" per l'occupazioni e la crescita economica, basato, tra l'altro, su opere pubbliche e su iniziative nel campo della ricerca e dello sviluppo di fonti d'energia alternative.

22 novembre 2008

 

 

l governatore del New Mexico Richardson scelto come segretario al Commercio

Hillary a Obama: yes we can

La Clinton sarà segretario di Stato

L'ex first lady prenderà il posto della Rice. Al Tesoro Geithner, governatore della Federal Reserve di New York

(Reuters)

NEW YORK - Hillary Clinton dice sì a Barack Obama. Tenendo conto del grande riserbo che circonda il lavoro del presidente eletto quella di Philippe Reines, il portavoce di Hillary Clinton, è quasi una conferma della nomina imminente dell’ex first lady per l’incarico di segretario di Stato. "Siamo sulla strada giusta", ha commentato Reines. L'ex first lady , secondo quanto scritto dal New York Times, ha accettato l'offerta del presidente eletto Barack di essere il prossimo segretario di Stato americano. Nel riportare la notizia il New York Times cita due fonti vicine a Hillary. "È pronta", ha detto una delle fonti. Secondo il giornale la decisione della ex rivale alle primarie è arrivata dopo una conversazione con Obama sul ruolo che Hillary avrebbe avuto ai vertici della diplomazia Usa e sui suoi piani in politica estera. L'annuncio ufficiale, secondo fonti democratiche, dovrebbe arrivare dopo la festa del Ringraziamento, il 27 novembre.

TESORO - L'indiscrezione sulla decisione di Hillary, che lascerebbe il Senato per mettersi al timone della diplomazia Usa ereditando il ruolo di Condoleezza Rice, è approdata sul sito online del New York Times mentre la Nbc faceva filtrare altre due nomine importanti: il capo della Fed di New York Timothy Geithner diventerebbe il nuovo ministro del Tesoro, il governatore del New Mexico Bill Richardson, un ispanico a dispetto del nome, il nuovo segretario al Commercio. Si delinea sempre meglio dunque la squadra di governo di Obama. Nella corsa per la successione a Henry Paulson, Geithner avrebbe dunque avuto la meglio sul "clintoniano" Larry Summers. Alla notizia della nomina di Geithner Wall Street ha nettamente invertito tendenza tornando in territorio positivo e chiudendo la seduta in rally.

RICHARDSON - L'emittente Nbc dà per certa anche la nomina di Bill Richardson: il 61enne governatore del New Mexico sarà il prossimo segretario al Commercio nella amministrazione del futuro presidente degli Stati Uniti. Nato da madre messicana, Maria Luisa Lopez-Collada, cattolico, fino al 9 gennaio era uno dei contendenti della nomination democratica.

Barack Obama con Bill Richardson (Reuters)

Barack Obama con Bill Richardson (Reuters)

Il 21 marzo scorso si è schierato con l'allora senatore dell'Illinois che ora lo ricompensa con una delle cariche più delicate della sua futura amministrazione che entrerà in servizio il 20 gennaio dopo il giuramento di Obama. Ex clintoniano di ferro, è stato segretario all'Energia con Bill Clinton.

ITALO-AMERICANA ALLA SICUREZZA INTERNA? - Per la Clinton come del resto per le altre nomine trapelate in questi giorni, tutto resta tuttora affidato alle indiscrezioni. Obama per ora ha formalmente annunciato solo posti all'interno dello staff della Casa Bianca. Tutte le nomine di governo che vengono date per sicure o quasi, sono fino a ora solo il frutto di informazioni di "fonti bene informate" : è il caso, oltre che della Clinton, di Janet Napolitano, governatrice italo-americana dell'Arizona (Sicurezza interna), Tom Daschle (Sanità) o Eric Holder (Giustizia).

21 novembre 2008(ultima modifica: 23 novembre 2008)

 

 

 

2008-11-07

Prima conferenza stampa dopo l'elezione del presidente Usa

Obama: "Crisi globale

richiede risposta globale"

"La crisi economica degli Stati Uniti è la più grave della nostra vita", sottolineando con "non sarà facile né rapido per il Paese uscire dal fosso"

Barack Obama (Afp)

CHICAGO - Per il presidente eletto Barack Obama la crisi economica è globale e richiede una risposta globale. "Serve un piano per soccorrere la classe media", ha detto Obama, dedicando la prima conferenza stampa, dopo la vittoria, all'emergenza della crisi economica. "La crisi economica degli Stati Uniti è la più grave della nostra vita", sottolinea Obama con "non sarà facile né rapido per il Paese uscire dal fosso". È una sfida "che affronterò di petto" sottolineando che "in America c'è un presidente alla volta" e che lui entrerà formalmente in carica il 20 gennaio, non escludendo comunque l'approvazione di un pacchetto di stimolo per l'economia già durante la fase di transizione. Una conferenza stampa all'insegna della prudenza e della riflessione, la prima tenuta da Barack Obama dopo la vittoria nelle presidenziali Usa del 4 novembre: conferenza stampa iniziata con una ventina di minuti di ritardo rispetto a quanto previsto, e durata una mezz'ora scarsa. Rispondendo a tutte le domande rivoltegli dai giornalisti Obama, circondato dai consiglieri del suo nutrito staff economico-finanziario, ha insistito sul fatto di voler procedere con cautela, senza precipitazione.

L'INCONTRO CON BUSH - Molti si aspettavano qualche annuncio a sorpresa, specie per quanto riguarda la casella cruciale di ministro del Tesoro, ma il successore di George W. Bush è stato lapidario: le nomine, ha spiegato, la farà in "fretta"; ma sarà una fretta "ponderata", e dunque le renderà note "nelle prossime settimane. Non c'è dubbio che la gente voglia sapere chi farà parte della nostra compagine", ha ammesso. "Io però voglio muovermi con tutta la fretta ponderata del caso. Tuttavia", ha ancora puntualizzato, "voglio mettere l'accento sul termine "ponderata" così come su quello di "fretta". Poi ha rassicurato i giornalisti sul suo incontro di lunedì a Washington col presidente George W. Bush: "andrò alla Casa Bianca con spirito bipartisan. Non prevedo problemi"". "Mi sono consultato con tutti gli ex-presidenti viventi per prepararmi alla Casa Bianca". ha aggiunto il presidente eletto rispondendo ad una domanda specifica. Obama ha fatto, con effetto comico, una pausa dopo avere pronunciato la parola "viventi"."Non voglio dare l'impressione di un momento alla Nancy Reagan, con sedute spiritiche", ha aggiunto sorridendo. La ex-first lady Nancy Reagan aveva l'abitudine di consultare medium per "parlare" con gli spiriti degli ex-abitanti della Casa Bianca. Obama ha spiegato di essersi consultato con Bill Clinton, Jimmy Carter, con George Bush senior e con l'attuale presidente. Obama ha proseguito dicendo di essersi preparato, anche, rileggendo libri di "famosi discorsi di Lincoln, che sono sempre grande fonte di ispirazione".

CLASSE MEDIA PRIORITA' - Tornando poi ai temi economici ha detto: "Una piano di salvataggio per la classe media", invece è la priorità delle priorità. Commentando i dati sulla disoccupazione, ai massimi storici, Obama ha definito urgente rilanciare il mercato del lavoro e ha promesso l'estensione dei benefici per i disoccupati. Ha promesso poi aiuti anche all'industria dell'auto. Sono necessari per rilanciare l'economia americana. Ne è convinto Obama: valuteremo "le varie opzioni sulle politiche di sostegno al settore dell'auto", ha detto.

INACCETTABILE ARMA NUCLEARE IRAN - Su temi di politica estera Barack Obama ha definito "inaccettabile" il fatto che l'Iran si doti di un'arma nucleare, e ha aggiunto che il sostegno di Teheran al terrorismo deve cessare. Quanto alla lettera di congratulazioni inviatagli dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, "cercherò di rileggerla", ha osservato Obama, sottolineando di "voler rispondere adeguatamente, e non in maniera semplicistica e troppo rapida". Il presidente americano eletto ha precisato che intende "essere cauto", ricordando di non essere ancora il titolare della Casa Bianca: "Lo sarò dal 20 gennaio", ha tagliato corto.

INTELLIGENCE USA? PUÒ MIGLIORARE - Piuttosto evasiv quando, nel corso della conferenza stampa gli è stato chiesto un giudizio sui servizi d'intelligence americani: "Penso possano migliorare", ha risposto, aggiungendo però che "stanno già migliorando". Poi non ha voluto aggiungere altro.

PREFERIAMO PRENDERE UN CANE DA UN CANILE - Alla fine si è parlato anche del cane che il presidente aveva promesso alle figlie in caso di vittoria. L'orientamento degli Obama è di prendere un cane da un canile per animali randagi. Ma ci sono dei problemi: una delle bambine è allergica, ha detto il presidente eletto in conferenza stampa. "Dopo tutto - ha aggiunto Obama - tanti cani dei canili sono bastardini come me". Per quanto riguarda invece le scuole delle due figlie, Malia Ann e Natasha detta Sasha, sarà la moglie Michelle "a occuparsi della ricerca", ha concluso.

07 novembre 2008

 

 

 

 

 

il colloquio più lungo lo ha avuto con sarkozy. nessuna telefonata a mosca

Primi passi di Obama. Non con l'Italia

Berlusconi: telefonata? Polemiche ridicole

Il neopresidente chiama 9 leader mondiali ma non il nostro . Che precisa: "In Europa sono miglior amico Usa"

Il presidente eletto degli Stati Uniti Barack Obama (Reuters)

Il presidente eletto degli Stati Uniti Barack Obama (Reuters)

WASHINGTON (USA) - Ha telefonato a nove leader mondiali che lo avevano chiamato per congratularsi per il risultato del voto Barack Obama. Il presidente eletto ha sentito Nicolas Sarkozy, il messicano Felipe Calderon, il sudcoreano Lee Myung-bak e i premier australiano Kevin Rudd, canadese Harper, israeliano Ehud Olmert, giapponese Taro Aso, britannico Gordon Brown e la cancelliere tedesca Angela Merkel. Obama ha quindi sentito tutti i capi del G7, tranne uno: il premier italiano Silvio Berlusconi. Naturalmente non si può certo dire che questo sia dovuto all'infelice battuta di Berlusconi sulla sua "abbronzatura". Anzi, potrebbe facilmente non essere così. E al di là delle battute, la cosa potrebbe delineare una scaletta di priorità "diplomatiche" del neoletto presidente degli Stati Uniti nella quale l'Italia non è stata inclusa.

"COSA RIDICOLA" - Il presidente del Consiglio italiano dal canto suo minimizza e apostrofa come "ridicole" le polemiche sulla mancata chiamata. "Sono certamente il più grande amico degli Stati Uniti in Europa, qaulcuno mi ha definito come l'americano con la K" ha dichiarato Berlusconi al termine del Consiglio europeo di Bruxelles, assicurando che incontrerà Obama.

IL COLLOQUIO PIU' LUNGO - In Europa, ha chiamato il presidente francese Nicolas Sarkozy (lungo colloquio con quello che è anche il presidente di turno del Consiglio europeo), poi il premier britannico Gordon Brown, il cancelliere tedesco Angela Merkel. Dei leader del G8, ha telefonato anche al giapponese e al canadese. E poi i capi dell'esecutivo di Israele (la questione mediorientale è un argomento inevitabile per un presidente degli Usa) e Messico (il più vicino Paese del Nafta). Poi una telefonata con i capi di governo di SudCorea, Australia. Una geografia di amici dove, del G8, non compaiono l'Italia, che Obama non aveva già visitato in estate, quando era stato in Europa, e la Russia. Ma, fuori dal gruppo dei Grandi, per restare in Europa, non è stato chiamato, nel primo giro di telefonate, nemmeno il premier spagnolo Zapatero. Del resto le telefonate di Obama non sono certo finite. E ci saranno incontri con leader mondiali, a margine del G20 a Washington del 15 novembre.

07 novembre 2008

 

 

 

IL PRESIDENTE USA E GLI ALLEATI

Le nuove ragioni dell'Occidente

di Franco Venturini

Il trionfo di Barack Obama non è, come sostengono i suoi tifosi più accesi da questa parte dell'Atlantico, una automatica vittoria dell'Europa. L'America continuerà a tutelare prima di tutto i suoi interessi, continuerà a ragionare da superpotenza, continuerà a sollecitare la collaborazione talvolta scomoda dei suoi alleati. Non ci sarà una improvvisa europeizzazione degli USA.

Ma se le illusioni facili sono mal riposte, non lo è la speranza strategica di adeguare l'Occidente alla caduta del Muro con quasi vent'anni di ritardo. Il change che Obama porterà presto alla Casa Bianca nasce in condizioni che più difficili non potrebbero essere, incalzato da una crisi economico-finanziaria di cui ancora nessuno conosce i confini e minacciato da conflitti regionali che hanno avuto il solo merito di "localizzare " parzialmente il terrorismo. E questo mentre emerge davvero il mondo multipolare, mentre si rende necessario l'aggiornamento della governance economica (ma inevitabilmente anche politica) del mondo, mentre l'America che Obama eredita da George Bush ha la peggiore immagine internazionale dai tempi del Vietnam. Come dire che la ricerca del successo, per il neoeletto presidente, avrà bisogno di un multilateralismo efficace; che l'America dovrà puntare sul dialogo pur continuando, come fanno tutte le potenze, a tenere il dito sul grilletto; che all'approccio ideologico-religioso di Bush e di Cheney subentreranno le leggi del pragmatismo; che si continuerà a favorire la democrazia, ma senza volerla "esportare" a tutti i costi con elezioni destabilizzanti (si pensi, per citarne uno solo, all'esempio palestinese e alla vittoria di Hamas). Ebbene, sono esattamente queste le premesse indispensabili per rilanciare davvero il rapporto transatlantico. Non si tratta soltanto di seppellire definitivamente i dissensi tra gli americani e alcuni governi europei, per esempio sull'Iraq.

La posta è assai più alta: si tratta di poter dissentire senza lacerazioni perché al dialogo tra alleati si accompagnerà un nuovo reciproco rispetto, perché ognuno avrà non soltanto bisogno degli altri per raggiungere i propri obbiettivi ma anche una nuova disponibilità a capirne le ragioni. La guerra fredda, con le sue priorità di sicurezza, non consentiva un simile rapporto tra americani ed europei. Nel dopo- guerra fredda, fino a ieri, l'alleanza ha vissuto una maturazione lenta e fatta anche di passi indietro. Ora Barack Obama, un po' perché ne avrà bisogno e un po' perché afferma di crederci, può essere il leader di un Occidente dotato di nuove ragioni, di nuovi metodi e dunque di nuova forza. Per cogliere l'occasione bisognerà, è vero, superare ostacoli formidabili. A cominciare da quello della crisi finanziaria, che tuttavia favorisce e quasi impone un nuovo approccio alle relazioni internazionali: le risposte devono obbligatoriamente essere coordinate, i Paesi emergenti o da tempo emersi come la Cina diventano interlocutori irrinunciabili, e per una volta l'Europa ha avuto buon gioco nel conquistare un ruolo di iniziativa rispetto a tutti, anche agli USA.

Obama ne avrà preso nota, come di certo aveva preso nota in agosto dell'utile lavoro svolto dagli europei per non far dilagare gli scontri russo-georgiani. Ma c'è dell'altro. Obama ha fatto della guerra in Afghanistan una sua priorità, e il prezzo sempre più alto del conflitto gli dà ragione: la vittoria militare è lontana e forse impossibile, occorre modificare la strategia complessiva e tentare di dividere i talebani. Ma per risultare credibile, questo tentativo richiede un aumento delle forze sul terreno e un maggior impegno finanziario di chi non è presente. Gli europei nicchiano, e rilevano a ragione che i civili uccisi (anche in Pakistan) contribuiscono al peggioramento della situazione. Più impegno e tattiche militari diverse, l'accordo è possibile se lo si vuole raggiungere.

L'Europa vorrebbe che Obama affrontasse subito i nodi del Medio Oriente, sostiene il coinvolgimento diretto degli USA in una prova di dialogo sul nucleare iraniano, vuole convincere Washington che le tensioni con Mosca non vanno esacerbate pur in presenza della nuova e talvolta minacciosa volontà di potenza della Russia.

Nulla, in questa agenda, sembra poter impedire a Barack Obama di tenere a battesimo un rapporto contemporaneamente più stretto e più equilibrato con gli alleati europei. Ma naturalmente per intendersi come per ballare bisogna essere in due, e sarebbe davvero triste che l'Europa si presentasse alla grande occasione chiamata Obama divisa o indecisa. Il treno di un nuovo Occidente rischierebbe di non passare più.

07 novembre 2008

 

 

 

2008-11-06

 

 

Ha ricoperco la stessa carica durante la campagna elettorale

Robert Gibbs, prossimo portavoce della Casa Bianca di Obama

Emanuel ha accettato di fare il capo di gabinetto. Israele: "Sarà il nostro uomo nella squadra del presidente"

MULTIMEDIA

Gibbs (a sinistra) con Obama e Bill Clinton (da Newsweek.com)

WASHINGTON - Si stanno componendo i pezzi della squadra di Barack Obama. Secondo fonti accreditate del Partito democratico citate dal sito Politico.com, Robert Gibbs sarà il prossimo portavoce della Casa Bianca. Gibbs, 37 anni, è il direttore della comunicazione personale di Obama e della sua campagna elettorale dopo aver già lavorato nel 2004 per la campagna elettorale di John Kerry. Le fonti hanno precisato che il posto non è stato ufficialmente offerto e quindi nemmeno accettato, ma che Gibbs è una figura amata dai giornalisti e che verrebbe accettato di buon grado dal gruppo di inviati che seguiranno la presidenza Obama.

Rahm Emanuel (Ap)

EMANUEL CAPO DELLO STAFF - Rahm Emanuel, dopo una pausa di riflessione, ha accettato di diventare capo dello staff di Barack Obama. Lo hanno reso noto fonti del partito democratico. Il deputato dell'Illinois, amico di chiara matrice clintoniana, guiderà la squadra nei due mesi e mezzo che separano dal giorno dell'entrata in carica del nuovo presidente, il 20 gennaio. A lui Obama aveva chiesto mercoledì di diventare capo di gabinetto e, secondo alcune fonti, la decisione non era affatto scontata. "Devo prendere in considerazione molte cose: la carriera che ho scelto finora e, ancora più importante, la mia famiglia e il tipo di genitore che voglio essere" aveva detto Emanuel. La sua prudenza era forse dovuta al fatto che era stato presentato dalla stampa israeliana come "l'uomo di Israele alla Casa Bianca". Radio e giornali israeliani avevano infatto dato particolare rilievo al fatto che il padre di Emanuel è nato in Israele e soprattutto alla sua appartenenza in passato a un movimento ebraico clandestino e ultranazionalista che combattè le truppe britanniche prima della creazione nel 1948 dello Stato di Israele. "Obama nomina un ebreo capo del suo gabinetto": è il titolo di un messaggio apparso su uno dei forum jihadisti in Internet. Emanuel, 38 anni, secondo il quotidiano israeliano Haaretz, ha compiuto un breve periodo di servizio militare in Israele nel 1997, e nel 1991, nei mesi che hanno preceduto la prima guerra del Golfo, ha prestato servizio come volontario in un'officina dell'esercito israeliano per la riparazione di carri armati.Forse proprio l'eccessiva connotazione pro-Israele di Emanuel ha imposto una riflessione.

06 novembre 2008

 

 

 

 

la politica estera americana e gli interrogativi su BARACK

Obama e lo spettro delle Torri Gemelle

Cosa avrebbe fatto il neopresidente democratico se si fosse trovato al posto di Bush l’11 settembre 2001?

(LaPresse)

(LaPresse)

MILANO - Attenuata un poco l’"obamamania" strabordante e diminuito lo stupore per la vittoria del candidato democratico è quasi naturale chiedersi: e adesso? Cosa avverrà il giorno dopo? È banale ricordare che i problemi di Bush saranno anche quelli di Obama. Che i fatti stupefacenti del 4 novembre non cancellano la crisi economica, le incertezze in Iraq, che i nuovi missili voluti da Medvedev ai confini con la Polonia sono da memento di Guerra Fredda, che in Afghanistan gli stessi Cia e comandanti militari britannici affermano ormai pubblicamente che "la guerra con i talebani non si può vincere", che con l’Iran resta aperto il contenzioso nucleare, aggravato oltretutto dalla crescita del peso di Teheran sugli equilibri politici a Bagdad, che il Pakistan è un Paese sempre più destabilizzato. E chi più ne ha più ne metta. La lista resta lunghissima.

LE BORSE E LA CRISI - Una prima avvisaglia che non saranno certo rose e fiori per il neopresidente arriva già delle Borse. Dopo l’euforia iniziale, i titoli sono scesi al ribasso. A testimonianza che in un mondo complesso non esiste, non può esistere, un solo fattore trainante. Ci sono meccanismi che hanno vita propria. Se i titoli crescono, la speculazione incrementa le vendite e quindi i ribassi. Resi ancora più fragili dal dato innegabile della crisi strutturale del sistema produttivo reale. Obama può generare, ispirare, speranze momentanee. Ma la prova del nove verrà più tardi. Sarà davvero capace di cambiare il sistema alla radice?

11 SETTEMBRE - Ma c’è una domanda ben più profonda: cosa avrebbe fatto Obama se fosse stato al posto di Bush l’11 settembre 2001? Il sospetto è che probabilmente non si sarebbe comportato troppo diversamente da Bush rimane, compresa l’invasione dell’Iraq. Durante l’estate anche i commentatori americani vicini al campo democratico criticarono la sua "inesperienza" in politica estera, quando, alla domanda sul che fare di fronte alla crescita della presenza talebana e di Al Qaeda delle zone tribali pakistane, lui rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo che non avrebbe esitato a bombardare il Pakistan. "Errore madornale", reagirono in tanti, queste cose semmai si fanno, ma non si dicono. Ecco, quella inesperienza è ancora tutta da verificare, certo potrebbe essere stato uno scivolone.

BARACK STIA ATTENTO AGLI ABBRACCI DEL MONDO - Lo giudicheremo con maggior cognizione di causa quando ci avrà rivelato i componenti del suo staff in vista della sua vera entrata alla Casa Bianca a fine gennaio 2009. Vedremo come si rapporterà con David Petraeus, il generale che ha parzialmente contribuito a diminuire la violenza in Iraq e ora si occupa a tempo pieno di Afghanistan e Pakistan. Ma certo l’ombra rimane. Sette anni fa furono in pochi in Europa a non dirsi "americani" di fronte all’orrore del crollo delle Torri Gemelle. Promettevamo simpatia e credito illimitati. Un’alleanza stretta e fedele a Bush nella "guerra al terrorismo". Salvo cominciare il coro di distinguo, titubanze, reticenze e timori già ai primi blitz della guerra in Afghanistan. Un consiglio che si può dare ora ad Obama è forse questo: attento agli abbracci del mondo, e in particolare attento a quelli dell’Europa. Quando vinci sono tutti con te e a parole lo possono essere anche quando lanci appelli di aiuto. Ma in fin dei conti Obama ha vinto grazie a se stesso e alla congiuntura attuale. Al primo momento di vera difficoltà saranno in tanti a giudicarlo. E vedremo cosa risponderanno i nostri governi quando dovesse venirci a chiedere più soldati in Afghanistan o l’impegno economico per investimenti nello scenario caduco e ignoto dell’Iraq. Alle parole seguiranno i fatti? La sorte di Bush è già un memento, se mai ce ne fosse bisogno: quando si muore, si muore soli.

Lorenzo Cremonesi

06 novembre 2008

 

 

Michelle la dura, astronauta mancata

Nata povera, laureata due volte. Addio ai pantaloni per diventare first lady

SAN FRANCISCO—"Mia sorella first lady? Se ci penso è surreale. Immaginavo sarebbe diventata un’astronauta, o la prima donna a traversare il mondo a nuoto. Qualcosa di fuori dall’ordinario. Ma first lady mai". Craig, fratello di Michelle Robinson in Obama, è ancora sbalordito. Però sì, l’anomalia- Michelle ha stupito e convinto molti americani. Non tanto i bianchi adulti, spesso terrorizzati; a nominarla se ne escono con frasi tipo "ha un sedere molto grosso" e cambiano discorso. Ma piace ai neri, per loro è una "real sister", più del marito mezzo bianco. E alle elettrici etero di cattivo carattere (gruppo numeroso e trascurato). E alle elettrici non etero.

Rivoluzionaria per Obama - A centinaia, a San Francisco, hanno salutato la sua prima uscita da prima dama con un collettivo "Uauuuuuuuuuuuuuu! ". Alla festa finita male per seguire i risultati del referendum sui matrimoni gay erano tutte entusiaste quando sui megaschermi è apparsa Michelle. Michelle, in effetti, è diventata un’icona lesbo; assertiva, forte, intelligente, stilosa, più alta di Barack. "Il senatore deve fidarsi molto delle lesbiche se ci manda una moglie così bella", così l’avevano presentata due anni fa a un evento lesbobenefico a Chicago. Lei era molto a suo agio. Anche l’altra sera provocava tifo da stadio, senza rimpianti, tanto è già sposata. Sposatissima. E parte integrante dell’Obama Revolution. Perché con la sua elezione cambia il senso di sé che ha l’America. Ormai in maggioranza consapevole di non essere più un Paese di bianchi al governo con minoranze aggiunte; bensì la società multirazziale più grande e varia del mondo. Che ha scelto per la prima volta di non delegare a un maschio bianco (neanche a donne bianche, si sa) e di autorappresentarsi fin su alla Casa Bianca. Ci andranno a vivere un presidente di padre keniota e madre midwestern, e sua moglie avvocato nata povera e laureata a Princeton e Harvard, e nerissima (conta: l’aver scelto una donna molto scura, mentre il nero medio trova più distinto sposare qualche "sister" tendente al beige, ha reso Obama caro alle afroamericane che erano incerte tra lui e Hillary).

Ristrutturazione femminile - Nerissima, spesso nera di umore durante la campagna. All’inizio faceva la dura, quale è. Dichiarava di essere stata contraria alla candidatura del marito; quando il marito ha cominciato a vincere, ha detto che "per la prima volta" nella sua vita adulta si sentiva fiera di essere americana. Seguirono polemiche. Seguirono duri attacchi alla sua tesina al college, sugli studenti neri a Princeton. Con la solita franchezza e un po’ di tristezza, scriveva di non essersi mai sentita parte della comunità universitaria. Qualche commentatore conservatore ha usato la vecchia tesina per descriverla come un’afroamericana radicale e separatista. Poi è successo di peggio: quando a nomination conquistata, lei e Obama si sono congratulati su un palco a Saint Paul battendo i pugni a pollice alzato, la rete conservatrice Fox lo ha definito un "terrorist fist bump". Lei è dovuta andare al talk show femminile "The View" per spiegare "l’abbiamo copiato dai nostri attivisti giovani. Io non sono così cool". Non è sicuro. Michelle O., nascondendo dietro al vocione la timidezza delle donne alte e ingombranti, ha sempre cercato di essere cool (anche a Grant Park; i colori erano afro ma lo stilista era Narciso Rodriguez). Compatibilmente con i (molti) ruoli: avvocato in un grande studio (lì conobbe Barack), poi amministratore di una grande azienda ospedaliera (per anni ha guadagnato molto più del marito), prima afroamericana a rischiare di diventare first lady. La sfida ha comportato una ristrutturazione di Michelle, tra l’altro.

Previsioni - Già a metà primarie ha dovuto smettere di parlare a modo suo (non ha più sfottuto Barack perché russa e ha l’alito pesante la mattina); a fine primarie erano spariti i pantaloni; e Michelle informava l’intero pianeta che il suo primo lavoro era quello di mamma, di Malia e Sasha; e che si era sempre barcamenata tra figlie e lavoro (per tacer di Barack), come tante. La nuova linea non piaceva alle fans di Michelle-amazzone, ma ha rassicurato qualche elettore che temeva una first lady Pantera Nera (le Pantere Nere trattavano le donne come zerbini, ma la memoria storica non è forte, qui). E ora? Michelle, sportiva e manager disciplinata, farà il suo lavoro. Sarà consigliera informale del marito, si occuperà un po’ di sanità. Ma si attendono (si sperano) sorprese. Non è donna da tè fra prime dame. Farà da ambasciatore di Barack tra i gruppi che più la amano, probabile (è un tipo che deve restare attivo; è un tipo di nuova donna che deve affermare la propria personalità; è un tipo di carattere, a contenerla troppo non c’è tanto da temere un attentato a Obama, la Casa Bianca la fa esplodere lei).

Maria Laura Rodotà

06 novembre 2008

 

 

 

 

Gli adempimenti prima del giuramento del 20 gennaio prossimo

Le tappe di Obama per la Casa Bianca

Il 15 dicembre il presidente sarà nominato dai Grandi elettori. La proclamazione avverrà martedì 6 gennaio

Dopo le elezioni del 4 novembre, il percorso che porterà Barack Obama alla Casa Bianca è già prefissato dalla legge americana. Intanto c'è un passaggio fondamentale, che è l'elezione effettiva alla carica di presidente degli Stati Uniti, in quanto il voto di martedì è servito solo ad aggiudicare i Grandi elettori i quali eleggeranno a loro volta il capo dello Stato. Questi i prossimi passaggi chiave:

MARTEDÌ 9 DICEMBRE - Termine ultimo per la risoluzione di eventuali controversie e contestazioni sorte durante il voto e lo spoglio dei voti

LUNEDÌ 15 DICEMBRE - I Grandi elettori si radunano negli Stati dove sono stati eletti e votano per il presidente e il vice presidente. Non c'è alcuna legge costituzionale o federale che obblighi un Grande elettore a votare secondo il risultato emerso dal voto popolare dello Stato nel quale è stato designato. Ma 26 Stati hanno leggi locali che obbligano o chiedono un impegno per un voto conforme a quello delle urne

MERCOLEDÌ 24 DICEMBRE - Scandenza entro la quale il voto espresso da ogni singolo Stato dai Grandi elettori deve arrivare al Senato e agli Archivi nazionali a Washington

MARTEDÌ 6 GENNAIO 2009 - Il nuovo Congresso a Washington si riunisce in seduta comune (Senato più Camera dei rappresentanti) presieduto dal presidente del Senato, che per Costituzione è il vice presidente in carica degli Stati Uniti (in questo caso Dick Cheney). I voti dei Grandi elettori inviati dagli Stati vengono sommati e viene eletto il presidente e il vice presidente. Se non si raggiunge la maggioranza prevista (270 voti), la Camera dei rappresentanti elegge il presidente, e il Senato il vice presidente. Ma, data l'ampia maggioranza di cui dispongono, non sono previste sorprese: Barack Obama sarà nominato presidente e Joe Biden vice presidente.

MARTEDÌ 20 GENNAIO - Passaggio delle consegne tra George W. Bush e Obama. A mezzogiorno (le 18 in Italia) giuramento del nuovo presidente e del vice presidente davanti al Congresso nelle mani del presidente della Corte suprema, in questo caso John G. Roberts jr. Prima giura il vice presidente. Queste sono le parole che dovrà dire il presidente all'atto del giuramento: "I do solemnly swear (or affirm) that I will faithfully execute the office of President of the United States, and will to the best of my ability, preserve, protect and defend the Constitution of the United States".

05 novembre 2008

 

 

 

 

2008-11-05

Sul palco del Grant Park a Chicago

Obama: "Il cambiamento è arrivato"

"Avete dimostrato che è possibile un governo del popolo e per il popolo. Ricostruire la nazione mattone su mattone"

CHICAGO - "Se avevate dubbi sulla nostra democrazia, oggi avete avuto la vostra risposta". Sono state le prime parole del prossimo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sul palco del Grant Park a Chicago. "Ora il cambiamento è arrivato. Non ci sono Stati blu (democratici, ndr) e Stati rossi (repubblicani, ndr), ci sono gli Stati Uniti d'America". Obama ha poi ringraziato la propria famiglia, il suo vice presidente Joe Biden, e ha reso omaggio allo sconfitto, John McCain, con il quale "lavorerà per rinnovare il Paese". Un ricordo anche alla nonna, deceduta la sera prima.

"UN GOVERNO DEL POPOLO PER IL POPOLO" - "Non era il candidato più probabile per la Casa Bianca. Abbiamo incominciato con pochi soldi e pochi appoggi. La campagna è stata costruita sulle strade, con le persone che hanno donato anche solo 5 dollari, con chi i volontari che si sono sacrificati per dimostrare che in questo Paese si può avere un governo del popolo e per il popolo".

"IL CAMMINO SARÀ DURO" - "Ora dobbiamo affrontare i peggiori pericoli della nostra storia: la crisi economica, la lotta al terrorismo". Vi chiederò di aiutarmi di ricostruire questa nazione: mattone su mattone. Sarò sempre onesto con voi: vi ascolterò, anche se la penseremo diversamente. Il cammino davanti a noi sarà duro e ci sarà bisogno di stare uniti".

05 novembre 2008

 

 

 

La casa bianca sta verificando la possibilità che barack partecipi al g20

La promessa di Bush a Obama:

"Pronto a cooperare. Vieni a trovarmi"

"La mia amministrazione completamente disponibile a collaborare nella fase di transizione"

WASHINGTON - Il vertice del G20 sulla crisi economica in programma a Washington il 15 novembre potrebbe rappresentare l'esordio sulla scena internazionale di Barack Obama, nella sua nuova veste di presidente eletto. Funzionari dell'amministrazione Bush stanno infatti verificando la possibilità che il successore di George W. Bush, che non si insedierà prima del 20 gennaio prossimo, partecipi al vertice.

BUSH - Intanto il presidente incarica ha salutato la vittoria elettorale del democratico "Accoglierò Obama alla Casa Bianca il prima possibile" - ha detto Bush, assicurando "collaborazione completa" della sua amministrazione nel periodo di transizione.

"MOMENTO SOGNATO A LUNGO" - "Sarà uno spettacolo emozionante vedere Barack Obama, la moglie Michelle e le loro figlie meravigliose varcare la soglia della Casa Bianca" ha detto Bush. "So - ha aggiunto - che milioni di americani saranno pieni di orgoglio nel testimoniare questo momento così pieno di ispirazione che così tante persone hanno sognato a lungo", ha aggiunto in una breve dichiarazione nel giardino della Casa Bianca. A questo proposito, il presidente uscente ha fatto riferimento al momento in cui lascerà, dopo otto anni, la Casa Bianca: "Quando arriverà il momento il 20 gennaio io e Laura tornerermo in Texas, profondamente grati per aver avuto l'onore di servire questo meraviglioso Paese"

L'ORGOGLIO - Bush ha parlato più volte dell'orgoglio che "milioni di americani proveranno" vedendo Obama e la sua famiglia entrare alla Casa Bianca. Nel suo discorso, Bush ha voluto ringraziare anche lo sconfitto John McCain per la sua "determinata campagna insieme a Sarah Palin". "Tutti gli americani devono essere orgogliosi, a prescindere da come abbiano votato, perché ieri hanno fatto la storia" ha voluto precisare il presidente uscente, tornando a congratularsi con Obama per la sua "importante vittoria" e ribadendo la "completa cooperazione della mia amministrazione" per organizzare la transizione.

RICE - Congratulazioni a Barack Obama anche dal segretario di Stato, Condoleezza Rice, visibilmente commossa. "Una delle cose straordinarie dell'America è che continua a sorprenderci", ha detto il capo della diplomazia Usa. "È stato un giorno straordinario. Come afro-americana sono particolarmente orgogliosa". La Rice ha definito "fonte di ispirazione" la campagna e la persona di Obama, ma ha avuto parole di lode anche per John McCain, che ha definito "gentile" nella sconfitta.

05 novembre 2008

"La crisi? Subito un asse anti-petrolio con la Cina"

Paul Berman: la guerra cambierà solo di nome. L'America resterà il buon-cattivo poliziotto

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

NEW YORK — "Obama ha una tale stoffa da trascinante oratore che, volendo, potrebbe essere un pericoloso demagogo. Nel suo discorso della vittoria, martedì sera, il neoeletto presidente ha dimostrato, al contrario, di voler volare alto". Paul Berman, il saggista, docente universitario e autore di "Terrore e Liberalismo" e "Sessantotto" giudica "perfetto" l'esordio di Obama.

"La sua arringa a Chicago era deliberatamente strutturata per eccitare con moderazione, mantenendo un tono sobrio, intelligente e profondo. Insomma: ha iniziato sulla nota giusta. Geniale anche il suo citare Abramo Lincoln, il senatore dell'Illinois come lui, che guidò il Paese durante la Guerra Civile del 1861, emancipando gli schiavi".

Qual è il significato di questa vittoria?

"È un evento di portata monumentale che può essere compreso solo in rapporto alle altre pietre miliari della nostra storia: la rivoluzione americana, la nascita della costituzione americana, la Guerra Civile".

Cosa intende dire?

"Che l'America è stata fondata su gigantesche e tragiche contraddizioni. Nasce come la prima grande democrazia e rifugio per uomini liberi al mondo mentre, sin dagli albori, è maledetta dalla schiavitù e dal razzismo".

A cosa possiamo paragonare queste elezioni?

"Alla vittoria di Andrew Jackson, che nel 1828 fu il primo plebeo a insediarsi alla Casa Bianca, inaugurando la democrazia delle masse. Tutti i suoi predecessori furono aristocratici con una posizione privilegiata nella società e infatti la sua effige decora la banconota da 20 dollari".

Alcuni tracciano il parallelo con l'elezione di JFK.

"Eleggere il primo cattolico è stata una tappa importante ma nessun gruppo, tranne forse i Nativi Americani, sono stati oppressi quanto i neri".

È sorpreso che non vi sia mai stato un presidente ebreo?

"Gli ebrei non hanno sofferto poi così tanto in America e la loro esperienza di persecuzione nel nuovo Continente non è certo paragonabile a quella dei neri. E comunque nel 2000 l'America aveva eletto un ebreo nelle presidenziali rubate da Bush: Joe Lieberman, il vice di Al Gore".

È vero che l'America tornerà ad essere amata nel mondo?

"Gli europei occidentali commettono spesso l'errore di pensare che le loro opinioni sono condivise dall'intero pianeta, dimenticando che George W. Bush è ammirato in Africa e Est Europa. Per quanto riguarda Obama penso che cambierà soprattutto l'immagine che l'America ha di sé stessa, perché ha dimostrato che i valori americani di opportunità e giustizia sono vivi e veri".

Quali saranno per Obama le sfide future più pressanti?

"Il suo talento oratorio del tutto assente in Bush l'aiuterà ad essere enormemente popolare all'estero. Ma dopo la luna di miele bisognerà vedere cosa farà in concreto per risolvere la crisi finanziaria che, alla fine, l'ha aiutato a diventare presidente".

Che consigli gli darebbe?

"Per risolvere la crisi finanziaria dovrà spostare l'asse dell'economia americana dalla dipendenza al petrolio verso forme energetiche alternative. Ciò gli consentirà anche di affrontare l'emergenza della Sicurezza Nazionale che emana dai paesi produttori di petrolio. La politica estera e quella economica saranno indistinguibili".

Le sue previsioni per le guerre in Iraq e Afghanistan?

"Purtroppo non finiranno con Obama che, come molti presidenti, non potrà mantenere le promesse elettorali. Retoricamente si dirà che la guerra è finita ma di fatto le truppe Usa resteranno nella regione".

Quali altre promesse elettorali non potrà mantenere?

"Dubito che la crisi gli permetterà di realizzare gli ambiziosi programmi sociali, educativi e sanitari. Tassare i ricchi? Neppure lui sa bene cosa e come fare con quella promessa elettorale".

Assisteremo ad una nuova fase di rapporti con l'Iran?

"Lo sforzo per ristabilire contatti diplomatici fallirà subito, finendo per essere solo un escamotage retorico da parte di Obama. Che dovrà fare qualcosa di drammatico per fermare la proliferazione nucleare di Ahmadinejad".

E i rapporti con la Cina?

"La vera sfida sarà coinvolgere il gigante asiatico nell'imminente rivoluzione anti-petrolio, costruendo nuove autorità regolatorie mondiali che includano la Cina invece di escluderla. Il pericolo è che Pechino costruisca un sistema economico rivale e alternativo basato sul petrolio che porterebbe a tensioni molto pericolose".

Obama potrebbe far cadere l'embargo contro Cuba?

"Obama deve solo gestire l'attuale transizione, dalla dittatura dei fratelli Castro a ciò che verrà dopo. Il tutto nell'ambito di una strategia più ampia che deve includere Hugo Chavez, riallacciandosi alla nuova politica energetica che riduca il potere dei paesi produttori di petrolio: Iran, Arabia Saudita, Russia e Venezuela".

E il futuro dei rapporti bilaterali Italia- Usa?

"Miglioreranno perché Obama sarà molto più capace di farsi ascoltare e rispettare dagli italiani. Purtroppo anche lui, come Bush, non ha viaggiato molto e non porta grande esperienza in politica estera alla Casa Bianca".

Si farà aiutare da Joe Biden?

"La diplomazia di Obama sarà quella del "buon poliziotto-cattivo poliziotto". Lui sarà il leader amato e popolare nel mondo che di fronte alle gatte da pelare spedirà Biden. Un mastino così difficile e ostico che le capitali estere concederanno qualsiasi cosa ad Obama pur di non dover trattare direttamente col suo vice".

Alessandra Farkas

06 novembre 2008

 

 

 

 

 

 

Il padre poligamo venuto dal Kenya che rivide il figlio una volta sola

La madre Ann, spirito libero e giramondo, dalle Hawaii all'Indonesia

DAL NOSTRO INVIATO

CHICAGO — La frase è già parte integrante della mistica del presidente-eletto: "Un padre dal Kenya, una madre dal Kansas, una Storia che sarebbe stata possibile soltanto negli Stati Uniti d'America". La sintesi meticcia che Barack Obama fa delle sue origini è uno squarcio sui percorsi di due persone e due famiglie, che il destino ha voluto incrociare, cambiando per sempre il cammino della Storia. Non solo. Le improbabili biografie dei suoi genitori si dipanano, subendone l'influenza, nel solco di passaggi cruciali del Dopoguerra: la decolonizzazione, l'era kennedyana, la battaglia per i diritti civili. Rafforzando così il simbolismo e il senso di predestinazione, che accompagnano l'ascesa del primo afro-americano al vertice della prima potenza mondiale. Fu anche la generosità dei Kennedy, oltre a quella di personaggi come Harry Belafonte e Sidney Poitier, alla fine degli Anni Cinquanta, che consentì a Tom Mboya, leader nazionalista kenyano deciso a formare una nuova classe dirigente per l'Africa uscita dal colonialismo, a finanziare le prime 81 borse di studio nei college americani.

A Barack Hussein Obama senior, della tribù dei Luo, toccò quella della University of Hawaii. Aveva 24 anni, grande talento e infinita ambizione. Uno dei suoi compagni di studio, Philip Ochieng, che sarebbe diventato celebre giornalista kenyano, lo ricorda "affascinante, generoso, straordinariamente bravo", ma anche "imperioso, crudele e sempre pronto a vantare la sua intelligenza e la sua ricchezza ". Poligamo impunito, come il padre e patriarca della famiglia, Hussein Onyango Obama, Barack senior si era lasciato dietro una moglie, Kezia (la prima di quattro), e due figli, i primi di otto. Fu nel clima dello Stato più multiculturale e integrato d'America, che il giovane africano conobbe a un corso di russo Ann Dunham, figlia trasognata di Stanley e Madeleyn, emigrati dal Kansas eternamente all'inseguimento del sogno americano e della prossima frontiera. Lei aveva 18 anni, era ingenua, idealista, stregata dall'eloquenza e dal carisma di quell'uomo dalle opinioni forti e dai modi seducenti. Lo sposò, come si sposa un sogno proibito, tra i dubbi dei genitori e le minacce del vecchio Onyango, che dall'Africa mandò una lettera, deciso a impedire che "il sangue degli Obama fosse sporcato da quello di una donna bianca". E nacque Barack. Ci vollero solo due anni perché Obama senior prendesse il volo. Lasciò Ann col bambino e andò ad Harvard, ancora una borsa di studio.

Lei divorziò un anno dopo. Senza polemiche: gli scrisse sempre del piccolo Barack. Lui conobbe un'altra donna, Ruth Nidesand, sposò anche questa e la portò in Kenya. Ma anche con Ruth non visse a lungo, anche se prima le fece fare due figli. Fu lei a lasciarlo, stanca di essere picchiata. Nel Kenya delle illusioni perdute, Obama senior visse un triste autunno: lavorò con Mboya, il suo vecchio mentore, fin quando questi venne assassinato. Il suo carattere, gli antichi odii tribali e l'alcol fecero il resto. Morì in un incidente stradale, nel 1982. E anche se era diventato ateo, la famiglia volle un funerale musulmano. Barack Obama aveva rivisto suo padre una volta sola, quando aveva 10 anni, alle Hawaii. Un incontro ormai trasfigurato nella memoria. Cos'è stata la sua educazione sentimentale, se non la caccia a quest'ombra per esorcizzarla? Cos'altro sono i Dreams from my father se non il percorso a ritroso sulle orme del padre che non c'era, in Africa, ad Harvard, alla scoperta dell'identità nera, in parte nascosta dall'adolescenza coi nonni del Kansas? Neanche di Ann Dunham, il presidente- eletto può dire di aver condiviso molto tempo.

Ma quello speso insieme ha creato un rapporto fortissimo con la madre giramondo. A 6 anni, si era portata il piccolo Barack in Indonesia, seguendo il secondo marito, Lolo Soetoro. Era lei, nelle umide albe di Giakarta, a svegliarlo alle 4 del mattino per approfondire il poco inglese della scuola locale. O a raccontargli le storie dell'America, la rivoluzione delle colonie e la Guerra Civile. Ma Ann era anche uno spirito libero: "Sentiva che avventurandosi su territori sconosciuti, possiamo imbatterci in qualcosa che ci riveli chi siamo dentro veramente", ha raccontato Maya, figlia di Lolo e sorellastra di Barack. Anche per questo, era tornata in Indonesia a lavorare con la cooperazione, pioniera dei micro-finanziamenti per l'imprenditoria povera. Barack non l'aveva seguita, fermandosi alle Hawaii. Le veci di Ann le avrebbe fatte sua madre "Toot", la nonna che lo ha cresciuto e come in un dramma shakespiriano è morta alla vigilia del trionfo di Barack Obama. Nel 1992, tre anni prima di morire di cancro, Ann Dunham aveva completato il suo dottorato di ricerca, con una tesi sui contadini indonesiani. L'aveva dedicata a Barack e Maya, "che non si sono mai lamentati, se la loro mamma era spesso in missione". Oggi sarebbe stata fiera. Gli ha dato tanto esempio e poco tempo. Ma anche da solo, Barack Obama è arrivato sul tetto del mondo.

Paolo Valentino

06 novembre 2008

 

 

 

 

 

 

LA DEMOCRAZIA USA

Una società aperta

Viene sanata la frattura della discriminazione razziale, che appariva come la principale macchia della democrazia Usa. Il sogno americano ne esce vivificato e rinvigorito

di Angelo Panebianco

Nessuno oggi può sapere che cosa farà il nuovo presidente, che cosa diventeranno gli Stati Uniti nell’era di Barack Obama. Ma tutti, persino i tanti nemici dell’America sparsi per il mondo, sono costretti a riconoscere che la democrazia americana continua ancora oggi a disporre di doti che nessun’altra comunità politica possiede. "Se qualcuno pensava che l’America non fosse il Paese ove tutto è possibile...". Le parole con cui Obama ha iniziato il suo patriottico discorso di ringraziamento alla nazione che lo aveva appena eletto rendono perfettamente il senso di ciò che è accaduto.

Un giovane senatore afro-americano, di poca esperienza politica, con un passato di simpatie radicali e un background da outsider si è dapprima imposto contro un establishment democratico che gli era ostile, sconfiggendo alle primarie un cavallo di razza come Hillary Clinton, e ha poi conquistato la Casa Bianca contro un avversario di grande valore come John McCain (il cui spessore politico e la cui tempra morale, per inciso, tutti, anche quelli che gli erano ostili, hanno potuto misurare ascoltando il bellissimo discorso con cui ha riconosciuto la vittoria di Obama, e ha invitato i repubblicani a stringersi intorno al nuovo presidente).

È vero in generale che in tempi di crisi le personalità carismatiche hanno più probabilità di affermarsi. E, senza dubbio, la gravissima crisi finanziaria, con i suoi pesantissimi effetti sull’economia americana, ha favorito l’outsider Obama. Il successo del suo stile profetico e l’entusiasmo che ha suscitato in una parte così ampia degli Stati Uniti non sarebbero stati possibili senza il senso di smarrimento e la paura per il futuro che attanagliavano la società americana già prima che (sono passate solo poche settimane) la crisi rivelasse tutta la sua gravità con i fallimenti bancari e il crollo di Wall Street.

E, tuttavia, questo risultato non sarebbe stato comunque possibile se l’America non fosse ancora,

 

 

 

 

 

 

 

 

 

McCain ammette la sconfitta

Barack Obama trionfa, è il 44mo presidente degli Stati Uniti d'America

Decisive le vittorie in Ohio, Virginia, Iowa e New Mexico, che nel 2004 furono vinti da Bush

Alle 5 in punto (ora italiana) la Cnn rende ufficiale ciò che già da un'ora e mezza era apparso chiaro: Barack Obama ha vinto le elezioni e diventerà il 44mo presidente della storia degli Stati Uniti d'America. Il primo presidente di colore, il primo presidente figlio di africano. Subito dopo John McCain ha telefonato al rivale facendogli i complimenti e alle 5,20 è apparso sul palco di Phoenix (Arizona), con a fianco la moglie e la candidata vice presidente Sarah Palin in lacrime, ammettendo la sconfitta.

QUASI VALANGA - Quella di Obama è stata una vittoria netta, quasi una vera valanga, pur se in quattro Stati chiave (Indiana, Virginia, Nord Carolina e Florida) è stata battaglia voto a voto. La svolta si è avuta intorno alle 3,30 quando, prima Fox News (tv tradizionalimente vicina ai repubblicani) e poi la Cnn hanno assegnato l'Ohio e i suoi pesanti 20 voti elettorali al candidato democratico. L'Ohio era stato decisivo nel 2004 per il successo di George W. Bush. Subito dopo sono arrivate le assegnazioni di Iowa e New Mexico. A questo punto McCain avrebbe dovuto aggiudicarsi gli Stati della costa ovest, ma tutti i sondaggi della vigilia lo davano perdente. Il successo di Obama in Virginia è stata la mazzata finale alle ambizioni repubblicane e quando hanno chiuso gli Stati sulla costa del Pacifico, è stato solo una questione di conta matematica: Obama ha superato di slancio la soglia magica di 270 voti elettorali, che gli spalanca la strada verso Washington e la Casa Bianca. Alla fine Barack si è aggiudicato anche Florida, Colorado, Nord Carolina e Indiana degli Stati una volta feudi repubblicani, rendendo più netto il successo. McCain si è tolto una piccola soddisfazione aggiudicandosi il suo Stato dell'Arizona.

05 novembre 2008

 

 

 

McCain ammette la sconfitta

Barack Obama trionfa, è il 44mo presidente degli Stati Uniti d'America

Decisive le vittorie in Ohio, Virginia, Iowa e New Mexico, che nel 2004 furono vinti da Bush

Alle 5 in punto (ora italiana) la Cnn rende ufficiale ciò che già da un'ora e mezza era apparso chiaro: Barack Obama ha vinto le elezioni e diventerà il 44mo presidente della storia degli Stati Uniti d'America. Il primo presidente di colore, il primo presidente figlio di africano. Subito dopo John McCain ha telefonato al rivale facendogli i complimenti e alle 5,20 è apparso sul palco di Phoenix (Arizona), con a fianco la moglie e la candidata vice presidente Sarah Palin in lacrime, ammettendo la sconfitta.

QUASI VALANGA - Quella di Obama è stata una vittoria netta, quasi una vera valanga, pur se in quattro Stati chiave (Indiana, Virginia, Nord Carolina e Florida) è stata battaglia voto a voto. La svolta si è avuta intorno alle 3,30 quando, prima Fox News (tv tradizionalimente vicina ai repubblicani) e poi la Cnn hanno assegnato l'Ohio e i suoi pesanti 20 voti elettorali al candidato democratico. L'Ohio era stato decisivo nel 2004 per il successo di George W. Bush. Subito dopo sono arrivate le assegnazioni di Iowa e New Mexico. A questo punto McCain avrebbe dovuto aggiudicarsi gli Stati della costa ovest, ma tutti i sondaggi della vigilia lo davano perdente. Il successo di Obama in Virginia è stata la mazzata finale alle ambizioni repubblicane e quando hanno chiuso gli Stati sulla costa del Pacifico, è stato solo una questione di conta matematica: Obama ha superato di slancio la soglia magica di 270 voti elettorali, che gli spalanca la strada verso Washington e la Casa Bianca. Alla fine Barack si è aggiudicato anche Florida, Colorado, Nord Carolina e Indiana degli Stati una volta feudi repubblicani, rendendo più netto il successo. McCain si è tolto una piccola soddisfazione aggiudicandosi il suo Stato dell'Arizona.

SENATO IN MANO DEMOCRATICA - Dopo otto anni quindi i repubblicani perdono la Casa Bianca, ma non è solo una sconfitta politica, aggravata dal netto controllo democratico sul Senato (sono ben 5 i seggi strappati ai repubblicani - Colorado, New Mexico, Nord Carolina, Virginia e New Hampshire - e potrebbero essere tre in più alla fine dello spoglio) e sulla Camera, oltre a un governatore (Missouri) tolto ai rivali. È una sconfitta epocale, che chiude una lunga epoca iniziata con il successo di Reagan nel 1980 (interrotta solo dalla parentesi di Bill Clinton) che portò al potere una classe politica e un'ideologia fortemente liberista e conservatrice e che si è conclusa con l'implosione della finanza senza regole, colonna del successo repubblicano, e l'impantamento nelle guerre in Iraq e in Afghanistan. Ora Obama apre una nuova era.

05 novembre 2008

 

REPUBBLICA

per l'articolo completo vai al sito

http://www.repubblica.it/

2008-12-01

Il presidente americano annuncia i nomi del suo staff

Robert Gates resta alla Difesa. "E' tempo di un nuovo inizio"

Usa, Obama sceglie la squadra

Hillary Clinton segretario di Stato

"Voglio sentire molte opinioni ma alla fine decido io"

Usa, Obama sceglie la squadra Hillary Clinton segretario di Stato

Obama e Hillary Clinton

CHICAGO - "E' tempo di un nuovo inizio. Affronteremo le nuove sfide non con paura, ma con speranza". Il presidente Usa Barak Obama, da Chicago, annuncia così il varo della squadra chiamata a guidare l'America del dopo Bush. Gli uomini e le donne che dovranno affrontare la crisi economica, il terrorismo e ridefinire il ruolo dell'America nel mondo.

La squadra. "Un nuovo team per una nuova alba della leadership americana. Le sfide internazionali che si presentano all'America sono pari a quelle dell'economia" dice Obama. Per questo la scelta è caduta su persone che condividono il "pragmatismo sull'uso dei poteri" e il suo obiettivo di "un ruolo dell'America come leader nel mondo". Hillary Clinton, come previsto, sarà il nuovo segretario di Stato americano. Al Pentagono, invece, una conferma: il segretario alla Difesa Robert Gates. L'ex generale James Jones sarà il consigliere per la Sicurezza Nazionale, mentre Susan Rice, consigliere di politica estera di Obama, è il nuovo ambasciatore all'Onu. Alla testa del ministero della Sicurezza Interna andrà una donna: la governatrice del'Arizona Janet Napolitano.

Sicurezza. "In questo mondo incerto è venuto il momento per un nuovo inizio per la politica estera e di sicurezza degli Stati Uniti. Serve una nuova strategia che integri l'approccio diplomatico e quello militare".

Il presidente Usa, mette al centro il tema della sicurezza. A pochi giorni dalla strage in India, Obama chiede che non ci siano divisioni politiche. "La politica di sicurezza nazionale è bipartisan. Davanti alla sicurezza della nazione e del nostro popolo non siamo nè democratici nè repubblicani: siamo americani - dice Obama - . Il terrorismo è una minaccia globale che richiede una risposta globale, il nostro destino è condiviso e correlato con il destino del mondo, e l'India è più forte dei terroristi che la vogliono piegare".

Terrorismo. "Siamo determinati a perseguire i responsabili degli attentati di terrorismo ovunque nel mondo - continua il presidente Usa - Non possiamo tollerare che innocenti vengano uccisi da terroristi in nome di ideologie basate sull'odio". Per questo il presidente assicura: "Il nostro restera' il piu' forte corpo armato del pianeta''.

Iraq. "Una nuova missione: mettere fine alla guerra in Iraq e cedere il controllo della sicurezza agli iracheni". E' questa l'indicazione che Obama consegna a Gates, ribadendo l'impegno per il ritiro dall'Iraq ed avere "una efficace transizione verso un controllo iracheno". Una conferma che 16 mesi "l'arco di tempo giusto" per il ritiro delle truppe, siano i 16 mesi annunciati da tempo.

"Decido io". Nella mia Casa Bianca sarà "benvenuto il dibattito, anche il più vigoroso, ma sarò io come presidente a decidere la linea di politica estera" scandisce il presidente. Partendo da un punto fisso: "L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America". Toni diversi da quella politica votata all'autosufficienza che ha segnato gli anni di Bush.

Parla Hillary. "L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America". Eccole le prime parole da neosegretario di Stato di Hillary Clinton. A lei Obama si è rivolto con toni convinti: "L'ho sempre ammirata e ho sempre pensato che fosse una 'dura', intelligente e determinata. Le ho fatto l'offerta ed ha accettato". "

(1 dicembre 2008)

 

 

Il presidente americano annuncia i nomi del suo staff

Robert Gates resta alla Difesa. "E' tempo di un nuovo inizio"

Usa, Obama sceglie la squadra

Hillary Clinton segretario di Stato

"Voglio sentire molte opinioni ma alla fine decido io"

Usa, Obama sceglie la squadra Hillary Clinton segretario di Stato

Obama e Hillary Clinton

CHICAGO - "E' tempo di un nuovo inizio. Affronteremo le nuove sfide non con paura, ma con speranza". Il presidente Usa Barak Obama, da Chicago, annuncia così il varo della squadra chiamata a guidare l'America del dopo Bush. Gli uomini e le donne che dovranno affrontare la crisi economica, il terrorismo e ridefinire il ruolo dell'America nel mondo.

La squadra. "Un nuovo team per una nuova alba della leadership americana. Le sfide internazionali che si presentano all'America sono pari a quelle dell'economia" dice Obama. Per questo la scelta è caduta su persone che condividono il "pragmatismo sull'uso dei poteri" e il suo obiettivo di "un ruolo dell'America come leader nel mondo". Hillary Clinton, come previsto, sarà il nuovo segretario di Stato americano. Al Pentagono, invece, una conferma: il segretario alla Difesa Robert Gates. L'ex generale James Jones sarà il consigliere per la Sicurezza Nazionale, mentre Susan Rice, consigliere di politica estera di Obama, è il nuovo ambasciatore all'Onu. Alla testa del ministero della Sicurezza Interna andrà una donna: la governatrice del'Arizona Janet Napolitano.

Sicurezza. "In questo mondo incerto è venuto il momento per un nuovo inizio per la politica estera e di sicurezza degli Stati Uniti. Serve una nuova strategia che integri l'approccio diplomatico e quello militare".

Il presidente Usa, mette al centro il tema della sicurezza. A pochi giorni dalla strage in India, Obama chiede che non ci siano divisioni politiche. "La politica di sicurezza nazionale è bipartisan. Davanti alla sicurezza della nazione e del nostro popolo non siamo nè democratici nè repubblicani: siamo americani - dice Obama - . Il terrorismo è una minaccia globale che richiede una risposta globale, il nostro destino è condiviso e correlato con il destino del mondo, e l'India è più forte dei terroristi che la vogliono piegare".

Terrorismo. "Siamo determinati a perseguire i responsabili degli attentati di terrorismo ovunque nel mondo - continua il presidente Usa - Non possiamo tollerare che innocenti vengano uccisi da terroristi in nome di ideologie basate sull'odio". Per questo il presidente assicura: "Il nostro restera' il piu' forte corpo armato del pianeta''.

Iraq. "Una nuova missione: mettere fine alla guerra in Iraq e cedere il controllo della sicurezza agli iracheni". E' questa l'indicazione che Obama consegna a Gates, ribadendo l'impegno per il ritiro dall'Iraq ed avere "una efficace transizione verso un controllo iracheno". Una conferma che 16 mesi "l'arco di tempo giusto" per il ritiro delle truppe, siano i 16 mesi annunciati da tempo.

"Decido io". Nella mia Casa Bianca sarà "benvenuto il dibattito, anche il più vigoroso, ma sarò io come presidente a decidere la linea di politica estera" scandisce il presidente. Partendo da un punto fisso: "L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America". Toni diversi da quella politica votata all'autosufficienza che ha segnato gli anni di Bush.

Parla Hillary. "L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America". Eccole le prime parole da neosegretario di Stato di Hillary Clinton. A lei Obama si è rivolto con toni convinti: "L'ho sempre ammirata e ho sempre pensato che fosse una 'dura', intelligente e determinata. Le ho fatto l'offerta ed ha accettato". "

(1 dicembre 2008)

 

 

2008-11-22

Messaggio radiofonico del presidente americano sulla crisi economica

"Bisogna agire rapidamente, non c'è tempo da perdere"

Obama: "Creeremo posti di lavoro

Gli Usa sono a rischio deflazione

"Entro il 2011 avremo 2,5 milioni di occupati in più"

Obama: "Creeremo posti di lavoro Gli Usa sono a rischio deflazione

Barak Obama

CHICAGO - "Rischiamo la deflazione". Il presidente Usa barak Obama lancia l'allarme e chiede che si intervenga immediatamente contro la crisi economica. Nel suo discorso settimanale alla radio dei democratici e in una serie di dichiarazioni preparate per interventi televisivi, Obama ribadisce che sta mettendo a punto un piano di stimolo economico "aggressivo"per i prossimi due anni. In particolare chiedendo ai suoi consiglieri economici un piano per creare "2,5 milioni di lavoro entro il 2011".

"Se non agiremo rapidamente e in maniera coraggiosa - avverte Obama - potremo perdere il prossimo anno milioni di posti di lavoro, come ritiene la maggior parte degli esperti. Al momento rischiamo di finire in una spirale deflattiva che potrebbe aumentare ulteriormente il nostro debito".

Obama rinvia i dettagli del piano anti crisi alle prossime settimane, ma anticipa che si tratterà "di uno sforzo nazionale di due anni" per l'occupazioni e la crescita economica, basato, tra l' altro, su opere pubbliche e su iniziative nel campo della ricerca e dello sviluppo di fonti d'energia alternative. "Un piano epocale" che richiederà un appoggio a Washington anche da parte dei repubblicani all'opposizione.

Il messaggio settimanale di Obama precede un probabile annuncio pubblico da parte del presidente eletto, alla riapertura dei mercati lunedì, nel quale secondo fonti del suo staff dovrebbe indicare ulteriori linee di politica economica e annunciare almeno due nomine: quella di Timothy Geithner, presidente della Fed di New York, a ministro del Tesoro e di Bill Richardson, governatore del New Mexico, a ministro del Commercio.

(22 novembre 2008)

 

 

2008-11-07

Esordio in conferenza stampa da presidente eletto: "Ci troviamo

ad affrontare la sfida economica più grande della nostra vita"

"Piano di salvataggio per la classe media"

Il primo impegno di Obama con l'America

"Iran, inaccettabile lo sviluppo di un programma nucleare"

Si fa viva Al Qaeda con un messaggio: "Americani, ritiratevi"

"Piano di salvataggio per la classe media" Il primo impegno di Obama con l'America

CHICAGO - "Moltissimi americani sono senza lavoro. Stiamo affrontando la sfida economica più importante della nostra vita". E' la crisi la preoccupazione principale di Barack Obama, che ha dedicato al tema la prima conferenza stampa da neopresidente eletto, a Chicago.

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"Entrerò in carica il 20 gennaio. Ho parlato con Bush e lo ringrazio per l'impegno a risollevare l'economia. Il mio primo obiettivo, quando mi insedierò, sarà affrontare la crisi economica e dare alle famiglie americane un futuro".

"In primis, occorre un piano di salvataggio per la classe media", dice Obama. "La priorità è dare sollievo alle famiglie che non hanno un lavoro". Il presidente eletto dice che il suo piano include un pacchetto di stimolo, non escludendo che questo pacchetto possa essere approvato presto, prima dell'insediamento a gennaio. Dare una risposta alla crisi economica "non sarà facile" dice ancora, "né rapido", ma la "nostra sfida è far ripartire l'economia". In particolare, sottolinea, saranno necessari sostegni al settore auto, che rappresenta "l'ossatura" del settore manifatturiero.

Per una "crisi globale serve una risposta globale": "Abbiamo una crisi finanziaria che si sta estendendo agli settori dell'economia - dice Obama - e serviranno più azioni anticrisi". Tra le misure annunciate dal presidente eletto c'è anche un taglio delle tasse per la classe media.

Iran. Obama affronta l'argomento Iran, definendo "inaccettabile" il fatto che Teheran si doti di un'arma nucleare, e aggiunge che il sostegno di Teheran al terrorismo deve cessare. Quanto alla lettera di congratulazioni inviatagli dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, "cercherò di rileggerla", ha osservato Obama, sottolineando di "voler rispondere adeguatamente, e non in maniera semplicistica e troppo rapida". Il presidente americano eletto ha precisato che intende "essere cauto", ricordando di non essere ancora il titolare della Casa Bianca: "Lo sarò dal 20 gennaio", ha tagliato corto.

Squadra di governo, no comment. Nessuna risposta invece sulle nomine chiave della sua amministrazione relative al Tesoro e al Dipartimento di Stato: "Quando avremo deciso ve lo faremo sapere", ha detto il presidente eletto. ''Mi muovero' con tutta l'urgenza del caso, ma in modo ponderato. Per adesso, sono orgoglioso della scelta del vice presidente e del capo dello staff'', dice Obama, facendo riferimento a Joe Biden e Rahm Emanuel.

Il cagnolino. Puntuale, arriva anche la domanda sul "first dog", il cagnolino che il presidente in pectore ha promesso alle figlie Sasha e Malia come premio per la loro pazienza durante tutta la campagna elettorale: l'orientamento degli Obama, risponde, è di prendere un cane da un canile per animali randagi. "Tanti cani nei canili sono frutto di incroci, come me", ha scherzato nell'unico momento "leggero" della conferenza. Ci sono però dei problemi, ha detto, perché "una delle bambine è allergica".

Al Qaeda: "Americani, ritiratevi". Oggi, a tre giorni dalle elezioni americane, Al Qaeda è tornata a farsi sentire con un messaggio diretto al neo-presidente, "nuovo leader della Casa Bianca". "Ritiratevi, ritirate le vostre truppe dai nostri paesi e non entrate più nei nostri affari": questo l'avvertimento a Obama da parte dell'emiro dello 'Stato islamico iracheno', sigla dietro la quale si nasconde la cellula locale di al-Qaeda, Abu Omar al-Baghdadi, diffuso via web. Il messaggio è anche a nome dei "fratelli in Iraq, Afghanistan, Somalia, Cecenia", e intima anche agli americani di convertirsi all'Islam e di ritirarsi nelle loro terre.

(7 novembre 2008)

 

 

 

2008-11-06

Il neopresidente arriva alla Casa Bianca con un programma d'avanguardia

Taglio dell'80% della CO2 nel 2050 e fine della dipendenza dal greggio entro 10 anni

Clima, rinnovabili e meno petrolio

con Obama gli Usa si scoprono verdi

Barack promette di 5 milioni di posti di lavoro nell'energia pulita

Silvestrini: "Ora risulta ancora più imbarazzante e penoso il balbettio italiano"

di VALERIO GUALERZI

Manifesto ambientalista per Obama

ROMA - C'è una rivoluzione nella rivoluzione con l'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Il prossimo presidente degli Stati Uniti è nero, il prossimo presidente degli Stati Uniti ha appena 47 anni, ma il prossimo presidente degli Stati Uniti ha anche un programma energetico e ambientale assolutamente innovativo che fa del "business verde" un tassello fondamentale della rinascita americana e di un riscoperto multilateralismo.

Centralità che il senatore dell'Illinois non ha mancato di ribadire anche nel primo discorso pronunciato appena avuta la certezza di aver sconfitto John McCain. "Anche se stanotte festeggiamo, sappiamo che le sfide che ci porterà il domani sono le più grandi della nostra vita: due guerre, un pianeta in pericolo, la peggiore crisi finanziaria del secolo", ha avvisato Obama, aggiungendo però che "ci sono nuove energie da imbrigliare e nuovi lavori da creare".

Una speranza offerta innanzitutto a un Paese a terra dopo l'uragano partito con lo scandalo dei mutui subprime, ma che non potrà non avere profonde ripercussioni globali. "Obama ritiene importante che gli Stati Uniti si impegnino nella lotta ai cambiamenti climatici e propone un rientro del paese nelle negoziazioni internazionali sul clima, senza attendere che Cina e India facciano altrettanto, evitando così una paralisi del processo decisionale", spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club ed ex consulente del ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani.

"Come strumento d'azione - ricorda ancora Silvestrini - il futuro presidente propone uno schema analogo a quello dell'emissions trading europeo, ma con un pagamento delle quote da parte delle industrie e la destinazione dei proventi (15 miliardi di dollari all'anno) per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. Questo meccanismo penalizzerà evidentemente la produzione di energia da carbone".

Il programma del candidato democratico non si discosta molto infatti dal pacchetto 20-20-20 elaborato da Bruxelles, ma è tarato sulla cifra 10: mettere fine entro 10 anni alla dipendenza dal petrolio, 10% di rinnovabili entro 4 anni, ridurre in 10 anni del 15% i consumi di elettricità. Per questo il successo di Obama rafforzerà inevitabilmente la determinazione europea ad andare avanti, rendendo ancora più debole e isolato il tentativo italiano di bloccare tutto. Qualche settimana fa, Berlusconi, attaccando la direttiva Ue, aveva sentenziato: "I maggiori produttori di C02, che sono Stati Uniti e Cina, sono assolutamente negativi sul fatto di aderire alla nostra azione".

Vero, ma solo nel senso che Washington ora intende fare ancora più di Bruxelles, riconquistando la leadership tecnologica della rivoluzione verde. Se a Roma si insiste nel denunciare i presunti costi delle politiche ambientali, la promessa elettorale di Obama è stata invece quella di creare nel giro di dieci anni 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell'energia pulita e di arrivare a un taglio delle emissioni di C02 dell'80% entro il 2050.

Obama parla agli ambientalisti

Un piano d'azione che dopo qualche iniziale incomprensione legata al ruolo dei biocarburanti e del "carbone pulito" ha conquistato la stragrande maggioranza degli ambientalisti americani. "La travolgente vittoria di Obama e dei tanti candidati filo ambientalisti in giro per il Paese - esulta il presidente di Friends of Earth Brent Blackwelder - segnala un forte rigetto delle fallimentari politiche energetiche degli ultimi otto anni e un mandato storico per una trasformazione su vasta scala".

Trasformazione, per dirla ancora con le parole di Silvestrini, che "rappresenta il ritorno degli Usa sulla scena mondiale per la lotta contro i cambiamenti climatici e un forte rilancio dell'industria delle fonti rinnovabili" rendendo "alla luce delle novità in arrivo ancora più imbarazzante e penoso il balbettio italiano per sottrarsi agli impegni contro il riscaldamento del Pianeta".

Analisi che al nostro ministero dell'Ambiente sottoscrivono solo a metà. Il direttore generale Corrado Clini, snodo italiano di tutti gli ultimi negoziati per protrarre il Protocollo di Kyoto oltre il 2012, distingue infatti tra la politica ambientale di Obama e la volontà/possibiltà di sottoscrivere impegni vincolanti in sede internazionale. "Ho incontrato il suo staff nel settembre scorso - racconta Clini - e mi hanno confermato l'intenzione di dare una spinta poderosa alle rinnovabili e all'efficienza energetica, obiettivi resi credibili dal fatto di avere alle spalle settori importanti della finanza e dell'industria americana. Un percorso che innescherebbe un circolo virtuoso molto positivo, con ricadute anche in Cina".

"Cosa diversa - aggiunge il direttore generale del ministero - è ritenere però che Obama possa pensare di accettare limitazioni alla sovranità statunitense attraverso un accordo come il Kyoto bis. Il Senato non lo accetterebbe mai, come è già accaduto con la bocciatura da parte di una maggioranza democratica della prima ratifica voluta da Clinton". "Pensare che la posizione europea esca rinfrancata dalla vittoria di Obama e di conseguenza che le obiezioni italiane siano più deboli - conclude Clini - mi sembra infondato, anzi, ora che esiste un obiettivo comune si aprirà un confronto sulle modalità per raggiungerlo. Di certo esce definitivamente sconfitto il partito di chi sostiene che per il clima non occorre fare nulla". Resta però il dubbio che il governo Berlusconi, dopo aver definito "una follia" la politica europea del 20-20-20, faccia parte proprio di questo partito.

(6 novembre 2008)

 

 

 

 

In attesa dei primi impegni ufficiali e dell'incontro con Bush alla Casa Bianca

il futuro presidente sta mettendo a punto la lista della squadra di governo

Clintoniani e colleghi di Harvard

Obama al lavoro sul 'dream team'

Rahm Emanuel ha accettato l'offerta di diventare capo dello staff

Clintoniani e colleghi di Harvard Obama al lavoro sul 'dream team'

Obama con Emanuel

CHICAGO - Archiviato il trionfo elettorale e in attesa dei primi impegni ufficiali in qualità di presidente designato, Barack Obama si sta concentrando in queste ore sulla formazione della squadra di governo, quella che in molti, anche in virtù della sua passione per il basket, hanno già ribattezzato dream team.

L'ormai ex senatore dell'Illinois venerdì, dopo una lunga consultazione con i suoi consiglieri economici, parlerà al Paese attraverso una conferenza stampa. Poi, lunedì, si recherà insieme alla moglie Michelle alla Casa Bianca dove sarà ricevuto da George W. e Laura Bush per un primo "passaggio delle consegne".

Tra un appuntamento e l'altro Obama continuerà a cercare di mettere insieme il miglior staff possibile. Il primo nome certo è quello di Rahm Emanuel, deputato dell'Illinois, amico di chiara matrice clintoniana, a cui è stato offerto l'incarico di capo di staff. Sarà lui a guidare la squadra nei due mesi e mezzo che separano dal giorno dell'entrata in carica del nuovo presidente, prevista per il 20 gennaio. Emanuel oggi ha accettato infatti ufficialmente l'offerta. "Sono felice - ha detto - che i miei genitori siano ancora vivi per vedere un figlio che diventa capo di gabinetto del presidente degli Stati Uniti".

Fondamentali per un presidente che ha incentrato sull'economia la sua campagna elettorale saranno le scelte del dipartimento al Tesoro: le ultime indiscrezioni danno in ascesa le quotazioni di Timothy Geithner, presidente della Fed di New York, ma molto gettonato resta anche l'ex ministro del Tesoro Lawrence Summers. Nella scia di un'amministrazione 'clintoniana' rientra anche possibile la scelta di John Podesta, ex capo di gabinetto dell'ex presidente democratico.

Tra i volti nuovi promessi da Obama in molti aspettano di trovare qualche amico di Harvard come Micheal Froman e Janet Napolitano (governatore dell'Arizona), mentre l'apertura promessa ai repubblicani potrebbe concretizzarsi attraverso la scelta di Robert Gates per il Pentagono. Come segretario di Stato infine Obama starebbe pensando all'ex candidato democratico alla presidenza John Kerry.

Gli uffici per la transizione di Washington apriranno i battenti già lunedì. Oggi Obama riceve il primo briefing dall'intelligence Usa, un antipasto dell'appuntamento quotidiano che lo attenderà per l'intera durata del suo mandato. Prenderà visione dei rapporti dei servizi segreti, gli stessi che riceverà contemporaneamente George W. Bush. Il rapporto sarà presentato da Michael McConnell, lo 'zar delle spie', direttore e coordinatore delle 16 agenzie di intelligence americane.

(6 novembre 2008)

 

 

 

Bagno di folla a Chicago, poi gli impegni presidenziali

Volerà ad Honolulu per il funerale della nonna morta

Il cambiamento è arrivato

Obama scuote il mondo

Oggi briefing dei Servizi che gli daranno accesso ai documenti della Cia

dal nostro inviato MARIO CALABRESI

<B>Il cambiamento è arrivato<br>Obama scuote il mondo</B>

Decine di migliaia di persone hanno ascoltato il discorso della vittoria di Obama a Chicago

CHICAGO - Il giorno dopo c'è solo il rumore del vento che gioca con le foglie secche. Nella notte il Secret service ha completamente isolato Barack Obama, la sua casa e la sua famiglia.

In tutta America e nel mondo si festeggia, si ride, si discute. Qui hanno svuotato perfino il parco giochi dove Sasha e Malia si fermavano tornando da scuola.

Solo quattro isolati più a nord, verso il lago, la folla si accalca all'ingresso della caffetteria Valois: per festeggiare la colazione è gratis per tutti. All'edicola da un'ora settanta persone sono in coda aspettando l'arrivo della ristampa del Chicago SunTimes, vogliono tenerne una copia per la storia. Le macchine suonano i clacson senza sosta. Ma qui, intorno alla casa di Hyde Park in mattoncini rossi, non c'è nessuno, se non una schiera di poliziotti e agenti dei servizi segreti che già fanno parte del paesaggio. L'unico segno di vita è una spilla di Obama sulla giacca di un'agente.

Nella sua casa con quattro camini, Obama si è fermato. Ha corso per 632 giorni, ha scatenato una rivoluzione, ha rimesso in moto l'America, l'ha travolta con il suo messaggio di cambiamento e adesso sa che non può deluderla. Si è messo a studiare. Niente conferenze stampa, niente bagni di folla, solo due priorità: volare a Honolulu per il funerale della nonna e scegliere prima del Giorno del Ringraziamento il nuovo ministro del Tesoro e il Segretario di Stato. Sa che cosa l'aspetta, lo ha detto nel suo discorso della vittoria: "Anche se questa sera festeggiamo, sappiamo che le sfide che il futuro ci riserva sono le più ardue della nostra vita: due guerre, un pianeta in pericolo, la peggiore crisi finanziaria dell'ultimo secolo".

Ma improvvisamente l'America è sembrata dimenticarsi del peso che la opprime da mesi, della sensazione di declino, di paura e di stanchezza. Non erano solo le centinaia di migliaia che festeggiavano a Grant Park in una notte meravigliosa, mite, pacifica. Erano i tassisti che a Times Square hanno messo il volume delle autoradio al massimo, perché la folla sentisse le parole di Barack quando è saltato il collegamento con Chicago, erano le famiglie ispaniche che cantavano "Si se puede" davanti ai cancelli della Casa Bianca, sono le persone che questa mattina ridono in mezzo alla strada perché è successo qualcosa che non avrebbero mai immaginato. Non c'è nulla di retorico o naif, per avere conferma che una rivoluzione questo martedì è accaduta basta prendere la cartina degli Stati Uniti, le percentuali di voto e i flussi elettorali. Quei numeri raccontano che il primo presidente nero dello storia americana arriva alla Casa Bianca grazie ai bianchi che vivono nei sobborghi delle grandi città, grazie agli ispanici che si sono dimenticati decenni di rivalità, grazie ai giovani che hanno scommesso sul loro futuro, grazie ai cattolici che hanno disatteso le aspettative di chiudersi di fronte al cambiamento e grazie agli afroamericani che hanno capito che ogni voto conta.

Obama con uno dei suoi crescendo dialettici ha dipinto gli Stati Uniti di oggi, un Paese che tiene insieme "giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, eterosessuali, disabili e non disabili". Prima che prendesse la parola lo aveva fatto un video, che ricordava l'omaggio a New York fatto da Spike Lee nel suo film "La 25esima ora" e che mostrava una sequenza di strade americane, di ferrovie e di volti di tutti i colori.

Martedì notte è stata celebrata la forza dirompente del coraggio e della speranza, tanto che Obama con un tono quasi scanzonato ma insieme di sfida ha cominciato così il suo discorso: "Se ancora c'è qualcuno che dubita che l'America non sia un luogo nel quale tutto è possibile, che ancora si chiede se il sogno dei padri fondatori è tuttora vivo, che ancora mette in dubbio il potere della nostra democrazia, questa notte ha avuto le risposte che cercava".

Chicago ha finto per una sera di dimenticarsi che a novembre arriva la prima neve. Domani però le cose torneranno normali, la temperatura crollerà di quasi venti gradi, arrivando vicino allo zero, e si faranno i conti con la realtà. Obama lo ha ricordato, senza cercare di cambiare i colori del quadro che lo attende: "Anche se siamo qui a festeggiare, sappiamo che ci sono madri e padri che resteranno svegli dopo che i loro figli si saranno addormentati e si arrovelleranno chiedendosi se ce la faranno a pagare il mutuo o il conto del medico o a mettere da parte abbastanza soldi per il college".

Per questo non può sbagliare la squadra, per questo non può permettersi di sentirsi arrivato: "La strada che abbiamo di fronte sarà lunga. La salita sarà ripida. Forse non ci riusciremo in un anno e nemmeno in un solo mandato, ma io non ho mai avuto più speranza di quanta ne ho questa notte qui insieme a voi".

A chi si fosse dimenticato quanta strada è stata fatta, quante sfide i nonni e i padri hanno superato, ha regalato la storia della più anziana votante di queste elezioni: Ann Nixon Cooper. "Ha 106 anni, vive ad Atlanta, e si ricorda che non poteva votare perché era una donna e per il colore della sua pelle".

La sua vita è il percorso delle conquiste dei diritti civili di tutto il popolo americano, delle vittoria della libertà sul nazismo, della conquista della luna e della caduta del Muro di Berlino. "E quest'anno, in questa elezione, ha toccato con il dito uno schermo e ha votato, perché dopo 106 anni in America lei sa che l'America è capace di cambiare. Yes we can". Tra la folla piangeva Jesse Jackson, piangeva la star televisiva Oprah Winfrey, piangevano ragazzine e papà. Ma Obama voleva finire il suo lavoro, la missione che si era dato: vincere le elezioni e ricaricare le batterie dell'orgoglio di un popolo. "Questa sera abbiamo dimostrato ancora una volta che la vera forza della nostra nazione non nasce dalla potenza delle armi o dalle ricchezze, ma dalla vitalità degli ideali: democrazia, libertà, opportunità e speranza".

La festa è durata tutta la notte, i ristoranti non sembravano voler più chiudere, la polizia di Chicago, che non è nota per la sua delicatezza, aveva dimenticato la sua fama e la gente ha bevuto in mezzo alle strade. Obama invece ha fatto il secondo discorso della sua serata, dentro un tendone bianco dove si erano radunati tutti i volontari che hanno lavorato nel quartier generale: li ha ringraziati e ha ripetuto che la vittoria è loro. Poi è tornato a casa e si è lasciato invadere dalla malinconia per la fine di una corsa eroica ed epica iniziata tantissimo tempo fa, il 10 febbraio del 2007.

Adesso inizia un'altra storia: questa mattina da Washington arriveranno due uomini con la valigetta piena. Per due ore racconteranno a Obama che cosa lo aspetta nel mondo, gli parleranno di terrorismo, guerre, complotti, malattie.

Da oggi riceverà un briefing quotidiano dai più alti gradi dei servizi segreti: avrà accesso ai documenti e ai rapporti della Cia che sono riservati soltanto al presidente, informazioni a cui non ha mai avuto accesso. La donna che saltella di gioia e cerca di vendere magliette con la foto di Barack e Michelle, che ha stampato malamente questa notte, non lo immagina: "Sono così fiera e felice, per noi e per il mondo, lasciateci festeggiare".

(6 novembre 2008)

 

 

IL COMMENTO

Pensare

l'impossibile

di EZIO MAURO

Un uomo che è l'icona stessa del cambiamento - perché la sua biografia è il suo messaggio politico - entra alla Casa Bianca e nella storia con il voto americano di martedì, un voto che chiude una politica e apre una nuova epoca, per gli Stati Uniti e per il mondo.

Pensando l'impossibile (un nero afroamericano presidente) e riuscendo a realizzarlo, Barack Obama non ha soltanto riconfermato il sogno americano della grande avventura ma ha realizzato fino in fondo il patto fondativo della nazione che coniuga i diritti, la libertà e le opportunità.

Quel patto era incompiuto, perché il colore della pelle agiva ancora come limite per il pieno dispiegamento dei diritti nella più grande democrazia del mondo, e la leadership suprema alla Casa Bianca era fino a ieri il simbolo e il tabù di questo confine immateriale, dopo gli anni della discriminazione razziale.

Nel momento più difficile della sua storia recente, sotto l'attacco del terrorismo, della crisi finanziaria ed economica, delle nuove e vecchie potenze che spezzano ogni sogno egemonico, l'America ha avvertito la coscienza di quel limite e insieme ha deciso che proprio questo è il momento giusto per superarlo, trasformandolo in un'opportunità per la democrazia: realizzando così fino in fondo la sua storia e dando un senso compiuto e simbolico alla retorica nazionale delle possibilità offerte a tutti, indipendentemente dalle condizioni di partenza di ognuno.

Tutto ciò è avvenuto con una scelta netta che è una chiara assunzione di responsabilità da parte del popolo americano, ma anche sotto la pressione del mondo che ha trasformato per la prima volta nella storia la scelta del presidente Usa in una sorta di suffragio davvero universale del pianeta, come testimonia l'ansia dell'Europa, la festa nazionale africana di oggi, la fiducia immediata dei mercati asiatici.

C'è in questo spoglio elettorale globale molto di più dello spettacolo culturale e politico di una minoranza che si fa Stato e conquista la leadership emancipandosi da ogni rivendicazione, dopo aver costruito questo cammino verso l'inedito "nei cortili e nei portici" di Des Moines e di Charleston, come ha detto ieri Obama rivendicando la sua natura di outsider, e non "nei corridoi di Washington".

Nel voto e nel suo significato universale c'è infatti la fine di un'epoca americana, non solo di una presidenza, e soprattutto la fine di un pensiero che ha avuto la pretesa di proporsi al mondo come unico, e dunque di trasformarsi di fatto nella solitaria ideologia superstite del nuovo secolo.

Guardiamo tutto ciò che finisce insieme con l'era Bush nella sua drammatica caduta di consensi, e vedremo che proprio di questo si tratta, una cornice di cultura e di pratica politica che sovrastava l'amministrazione e la determinava quasi a priori: l'unilateralismo, nella convinzione naufragata in Iraq che la superpotenza egemone poteva riassumere in sé il concetto di Occidente - deformandolo - decidendo guerre e interventi militari fuori dal concerto con l'Europa, dalle regole del diritto internazionale e degli istituti di garanzia, con una nuova potestà ideologica che è una derivazione diretta e meccanica della sovranità economica e militare. La deregulation, nella fiducia quasi religiosa nella virtù autonoma del mercato, con il risultato finale di produrre in realtà l'autonomia di una crisi finanziaria che non riconosce alcun principio di governo e nessun centro di autorità. Il cristianismo, cioè l'uso della religione come arma comune di battaglia politica, con la cultura teo-con utilizzata quotidianamente (e programmaticamente) non come valore di riferimento tra altri, ma come strumento di governo e orientamento dell'agire pubblico attraverso l'amministrazione.

C'era in America la possibilità di chiudere con l'ideologia e gli errori di Bush rimanendo però sotto l'ombra del conservatorismo rassicurante di John McCain, un comandante in capo più che un politico, outsider d'esperienza, capace di rompere con gli "old boys" delle dinastie che si passano la staffetta washingtoniana del potere. Ma anche di proteggere una nazione disorientata dalla crisi, inquieta per la sfida della crescita cinese, spaventata dalla riemersione del nemico ereditario a Mosca, con l'anima imperiale che dopo la morte del sovietismo sopravvive nella Russia eterna.

Ma ciò che l'America cercava era di più: un cambio radicale, di innovazione politica e non solo di generazione. Di modernizzazione democratica, potremmo dire, ripartendo proprio dai diritti, come se si aprisse una nuova stagione e non solo una presidenza, come se si chiudesse la lunga epoca del reaganismo e non solo il bushismo durato otto anni. Il risultato nella sua dimensione (62 milioni di voti per Obama contro 55 pro McCain, 349 grandi elettori contro 163, e ancora 52 per cento dei suffragi nazionali contro 46) testimonia proprio questo, il cambiamento come scelta politica, un atto di coraggio che è anche l'assunzione di un rischio, ma è l'espressione della libertà: e dell'energia democratica che l'America custodisce dentro di sé e si traduce in voglia di futuro, speranza, proiezione in avanti nella percezione che qui, nella "frontiera" inesplorata ma disponibile del nuovo, c'è la soluzione dei problemi e la fuoruscita dalla crisi.

Obama ha chiesto il "change" per tutta la campagna, in tutti gli slogan sui cartelli dei comizi, in tutti i suoi discorsi. L'ha impersonato politicamente, culturalmente, soprattutto biograficamente, nell'evidenza della sua avventura umana. Ha disegnato il perimetro della crisi con semplicità: due guerre, un pianeta a rischio, la peggior crisi finanziaria da un secolo. Lo ha aggredito con quattro offerte politiche: lavoro, opportunità, prosperità e pace. Ha minacciato coloro che vogliono distruggere il mondo (non gli Usa): "Vi sconfiggeremo"; ha offerto collaborazione a chi cerca pace e sicurezza: "Vi sosterremo". Ha cancellato l'unilateralismo, perché "uomini con storie diverse condividono lo stesso destino". Soprattutto, ha usato la retorica di una nuova epica politica dai toni kennediani: dal cambiamento può nascere "l'alba di una nuova leadership americana", e anzi il cambiamento di oggi può collegarsi alle altre svolte leggendarie del mondo contemporaneo: "Un uomo ha camminato sulla luna, un muro è caduto a Berlino, un mondo è stato messo in rete dalla nostra scienza e dalla nostra fantasia".

È il contrario del populismo (guai a contrapporre Main Street a Wall Street, ha detto Obama, e guai a pensare che il governo possa risolvere tutti i problemi), è anzi l'indicazione tutta politica di un nuovo modo di esercitare la leadership, dentro l'America e fuori. Con la preoccupazione, che nasce anche dal sentimento politico di una minoranza diventata maggioranza, di unire il Paese e di parlare a tutta l'America. In questo, McCain si è rivelato dopo la sconfitta un partner d'eccezione, assicurando a Obama non solo il suo "rispetto" e la sua collaborazione, ma riconoscendo la valenza "storica" della sua nomina a presidente, così come Bush ha invitato tutti gli americani, democratici o repubblicani, ad essere orgogliosi perché con il voto "hanno fatto la storia".

Adesso tocca ad Obama essere all'altezza non delle sue promesse, ma delle attese e delle speranze che la sua avventura politica ha suscitato nel Paese e nel mondo, proporzionate più ai simboli che ai programmi. Tocca a lui dimostrare che il cambiamento non si esaurisce con la sua stessa figura, con l'incoronazione popolare, con la trasfigurazione presidenziale, ma può diventare una politica. Addirittura una nuova dottrina, capace di creare una moderna cultura democratica per un mondo in crisi, sostituendo un pensiero conservatore che riteneva di essere eterno, e si è arenato proprio nell'incapacità di concepire in forme nuove la politica e il futuro. Mostrando così esaurita la sua rivoluzione davanti alla rivoluzionaria avventura del primo americano nero che ha voluto davvero essere presidente degli Stati Uniti, e riuscendoci ha cambiato la storia.

(6 novembre 2008)

 

L COMMENTO

La fine

dell'autismo

LUCIO CARACCIOLO

Barack Obama è il presidente del mondo. Non nel senso, pessimo e impossibile, dell'imperatore di noi tutti. Ma in quello, realistico e positivo, dell'uomo che la stragrande maggioranza dell'umanità avrebbe voluto alla guida del più importante paese del mondo. Nelle elezioni planetarie virtuali via Internet, Obama è stato plebiscitato dappertutto: dalla Francia (94,5%) alla Cina (88%), dalla Germania (92,5%) all'India (97%), dalla Russia (88%) all'Iran (80%), per finire con il trionfo in Italia (92%). Miliardi di persone hanno soffiato nelle vele della barca di Obama. Gli americani lo sapevano, anzi lo sentivano. Come affermava Thomas Jefferson, americanizzando il cogito cartesiano: "I feel, therefore I am" - "sento dunque sono". I connazionali di Obama devono averlo sentito quel vento ben dentro la loro pelle, fino all'altro ieri piuttosto impermeabile alle opinioni di chi vivesse fuori dell'immenso, benedetto poligono a stelle e strisce.

Fino a quando appunto, sette anni fa, furono tragicamente risvegliati dall'illusione di aver bandito per sempre il Male dal mondo. Bush volle esorcizzare l'incubo scatenando il suo formidabile apparato della forza a caccia di mostri lontani. Con l'idea di tenerli a debita distanza dalle case americane, inchiodandoli nelle loro terre come si spera che gli insetti nocivi s'incollino alla carta moschicida. Certo, l'11 settembre non si è ripetuto. Ma il prezzo per la svolta militarista e securitaria non è espresso solo dalla voragine nei conti pubblici e privati, quanto soprattutto dalla drastica caduta d'immagine dell'America nel mondo. E dunque da una corrosiva crisi di autostima. Da cui solo dopo la magica notte del 4 novembre gli americani cominciano a riprendersi.

Se Obama ha vinto, è anche perché gli americani hanno ascoltato le voci del mondo. Non per corrività o per vocazione internazionalista. Per sano spirito di conservazione. Per egoismo. Perché hanno capito che la sicurezza degli Stati Uniti è protetta dalla simpatia o almeno dal rispetto altrui meglio che da qualsiasi barriera. Quanto più Bush erigeva muri fisici e virtuali a protezione del territorio nazionale, mentre scatenava le campagne d'Afghanistan e d'Iraq senza fissarne limiti e traguardi, tanto più molti americani si sentivano paradossalmente meno protetti. Ci sono voluti anni, ma la maggioranza dei cittadini statunitensi ha capito che il loro governo li aveva ficcati in un vicolo cieco. Al termine del quale non c'era solo l'umiliazione dei soldati - migliaia dei quali hanno pagato con la vita - ma la perdita di fiducia del mondo nell'America. E alla lunga, degli americani in loro stessi.

L'ultimo crollo, quello del Muro di Manhattan, non è stato che il riflesso finanziario della crisi di credibilità degli Stati Uniti. Senza fiducia non c'è finanza che tenga. E prima o poi il morbo traligna nell'economia, mina l'ordine sociale, ferisce lo smisurato orgoglio nazionale di un paese che venera come una Chiesa la patria e i suoi simboli.

L'America ha ascoltato il mondo. Presto il mondo ascolterà la nuova America di Obama. Inevitabilmente, una buona quota di coloro che oggi inneggiano al leader nero resteranno delusi. Non solo perché sono troppi, e nemmeno Superman potrebbe servire i loro contrastanti interessi. Ma perché Barack Obama, innalzato alla Casa Bianca anche grazie al resto del mondo, deve preoccuparsi anzitutto del suo popolo. In questo senso no, non è il capo della Terra. Deve corrispondere alle attese dei suoi elettori effettivi, dai quali ambirà ad essere riconfermato fra quattro anni. Non avrà tempo né forze per quelle dei suoi supporter elettronici sparsi nel pianeta. Di più: i suoi elettori reali pretendono che rimetta subito ordine nella casa devastata dalle politiche di Bush. L'economia domestica, anzitutto. Il resto può attendere.

Obama avrà bisogno di ogni risorsa disponibile, a cominciare da quelle degli "alleati e amici", per raddrizzare la corazzata a stelle e strisce, pericolosamente inclinata su un fianco. Sul fronte internazionale, vuol dire più soldi e più soldati atlantici - italiani inclusi - a combattere con gli americani nelle guerre del dopo-11 settembre. A partire dall'Afghanistan, dove probabilmente Obama tenterà di riprodurre l'"effetto Petraeus": rinforzi sul terreno e trattative con i "taliban buoni" e altri tagliagole per evitare una sconfitta che Stati Uniti e Nato non possono permettersi.

Certo, dall'autismo geopolitico di Bush e Cheney, Obama e Biden vorranno passare a un "multilateralismo" d'impronta americana. Con il prestigio e l'irradiamento simbolico di cui nessun altro presidente degli Stati Uniti ha mai goduto, il nuovo leader cercherà risorse altrui per servire gli interessi del suo paese. Se poi tali interessi coincideranno con quelli degli amici, tanto meglio. Se no, tanto peggio per gli altri. Anche per chi oggi stravede per lui, o finge di farlo.

Il presidente eletto sta per ereditare un paese malato. Solo un senso di disperazione spiega come una notevole parte dei conservatori abbia votato per un presidente sospettato di pericolose inclinazioni sinistrorse, quando non di aver flirtato con gli estremisti. Obama era davvero l'ultima speranza dell'America. Non può permettersi di disperderla. La sua gente, tutta, non glielo perdonerebbe. E' il destino dei grandi visionari, che suscitano aspettative formidabili. Alcuni di loro diventano anche grandi leader. Calibrando utopia e realismo, producendo fatti ed esaltandoli con il tocco carismatico dei re taumaturghi. Se ci riuscirà, Obama non sarà solo un eroe nazionale. Si confermerà quell'icona planetaria che è già diventato nei cuori degli amici dell'America, e forse anche di alcuni nemici.

(6 novembre 2008)

 

Il neopresidente arriva alla Casa Bianca con un programma d'avanguardia

Taglio dell'80% della CO2 nel 2050 e fine della dipendenza dal greggio entro 10 anni

Barack promette di 5 milioni di posti di lavoro nell'energia pulita

Clima, rinnovabili e meno petrolio

con Obama gli Usa si scoprono verdi

Silvestrini: "Ora risulta ancora più imbarazzante e penoso il balbettio italiano"

di VALERIO GUALERZI

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Manifesto ambientalista per Obama

ROMA - C'è una rivoluzione nella rivoluzione con l'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Il prossimo presidente degli Stati Uniti è nero, il prossimo presidente degli Stati Uniti ha appena 47 anni, ma il prossimo presidente degli Stati Uniti ha anche un programma energetico e ambientale assolutamente innovativo che fa del "business verde" un tassello fondamentale della rinascita americana e di un riscoperto multilateralismo.

Centralità che il senatore dell'Illinois non ha mancato di ribadire anche nel primo discorso pronunciato appena avuta la certezza di aver sconfitto John McCain. "Anche se stanotte festeggiamo, sappiamo che le sfide che ci porterà il domani sono le più grandi della nostra vita: due guerre, un pianeta in pericolo, la peggiore crisi finanziaria del secolo", ha avvisato Obama, aggiungendo però che "ci sono nuove energie da imbrigliare e nuovi lavori da creare".

Una speranza offerta innanzitutto a un Paese a terra dopo l'uragano partito con lo scandalo dei mutui subprime, ma che non potrà non avere profonde ripercussioni globali. "Obama ritiene importante che gli Stati Uniti si impegnino nella lotta ai cambiamenti climatici e propone un rientro del paese nelle negoziazioni internazionali sul clima, senza attendere che Cina e India facciano altrettanto, evitando così una paralisi del processo decisionale", spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club ed ex consulente del ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani.

"Come strumento d'azione - ricorda ancora Silvestrini - il futuro presidente propone uno schema analogo a quello dell'emissions trading europeo, ma con un pagamento delle quote da parte delle industrie e la destinazione dei proventi (15 miliardi di dollari all'anno) per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. Questo meccanismo penalizzerà evidentemente la produzione di energia da carbone".

Il programma del candidato democratico non si discosta molto infatti dal pacchetto 20-20-20 elaborato da Bruxelles, ma è tarato sulla cifra 10: mettere fine entro 10 anni alla dipendenza dal petrolio, 10% di rinnovabili entro 4 anni, ridurre in 10 anni del 15% i consumi di elettricità. Per questo il successo di Obama rafforzerà inevitabilmente la determinazione europea ad andare avanti, rendendo ancora più debole e isolato il tentativo italiano di bloccare tutto. Qualche settimana fa, Berlusconi, attaccando la direttiva Ue, aveva sentenziato: "I maggiori produttori di C02, che sono Stati Uniti e Cina, sono assolutamente negativi sul fatto di aderire alla nostra azione".

Vero, ma solo nel senso che Washington ora intende fare ancora più di Bruxelles, riconquistando la leadership tecnologica della rivoluzione verde. Se a Roma si insiste nel denunciare i presunti costi delle politiche ambientali, la promessa elettorale di Obama è stata invece quella di creare nel giro di dieci anni 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell'energia pulita e di arrivare a un taglio delle emissioni di C02 dell'80% entro il 2050.

Obama parla agli ambientalisti

Un piano d'azione che dopo qualche iniziale incomprensione legata al ruolo dei biocarburanti e del "carbone pulito" ha conquistato la stragrande maggioranza degli ambientalisti americani. "La travolgente vittoria di Obama e dei tanti candidati filo ambientalisti in giro per il Paese - esulta il presidente di Friends of Earth Brent Blackwelder - segnala un forte rigetto delle fallimentari politiche energetiche degli ultimi otto anni e un mandato storico per una trasformazione su vasta scala".

Trasformazione, per dirla ancora con le parole di Silvestrini, che "rappresenta il ritorno degli Usa sulla scena mondiale per la lotta contro i cambiamenti climatici e un forte rilancio dell'industria delle fonti rinnovabili" rendendo "alla luce delle novità in arrivo ancora più imbarazzante e penoso il balbettio italiano per sottrarsi agli impegni contro il riscaldamento del Pianeta".

Analisi che al nostro ministero dell'Ambiente sottoscrivono solo a metà. Il direttore generale Corrado Clini, snodo italiano di tutti gli ultimi negoziati per protrarre il Protocollo di Kyoto oltre il 2012, distingue infatti tra la politica ambientale di Obama e la volontà/possibiltà di sottoscrivere impegni vincolanti in sede internazionale. "Ho incontrato il suo staff nel settembre scorso - racconta Clini - e mi hanno confermato l'intenzione di dare una spinta poderosa alle rinnovabili e all'efficienza energetica, obiettivi resi credibili dal fatto di avere alle spalle settori importanti della finanza e dell'industria americana. Un percorso che innescherebbe un circolo virtuoso molto positivo, con ricadute anche in Cina".

"Cosa diversa - aggiunge il direttore generale del ministero - è ritenere però che Obama possa pensare di accettare limitazioni alla sovranità statunitense attraverso un accordo come il Kyoto bis. Il Senato non lo accetterebbe mai, come è già accaduto con la bocciatura da parte di una maggioranza democratica della prima ratifica voluta da Clinton". "Pensare che la posizione europea esca rinfrancata dalla vittoria di Obama e di conseguenza che le obiezioni italiane siano più deboli - conclude Clini - mi sembra infondato, anzi, ora che esiste un obiettivo comune si aprirà un confronto sulle modalità per raggiungerlo. Di certo esce definitivamente sconfitto il partito di chi sostiene che per il clima non occorre fare nulla". Resta però il dubbio che il governo Berlusconi, dopo aver definito "una follia" la politica europea del 20-20-20, faccia parte proprio di questo partito.

(6 novembre 2008)

 

 

2008-11-05

Giovane, 44 anni, avvocato, due bambine ("Dovrò seguirle molto

è un grande cambiamento") non si limiterà a organizzare cene

Michelle, una mamma al comando

Ma tutti sanno che lascerà il segno

La prima First lady nera della Storia, viene da un quartiere povero di Chicago

Applicherà i suoi studi e le sue competenze alla riforma sanitaria

dall'inviato ANAIS GINORI

<B>Michelle, una mamma al comando<br>Ma tutti sanno che lascerà il segno</B>

La first family al completo

CHICAGO - Qualcuno l'ha paragonata a Jacqueline Kennedy. Ma, a parte la giovane età (44 anni), c'è da scommettere che lei sarà solo se stessa.

"Mom-in-chief", mamma al comando, ha promesso. La priorità adesso è infatti sistemare Sasha e Malia nell'East Wing, il lato della Casa Bianca dove vive la famiglia presidenziale e trovare una nuova scuola a Washington. "Per loro sarà un grande cambiamento. Dovrò seguirle passo passo nei prossimi mesi" ha detto Michelle Obama. Nessuno pensa che sarà una first lady che si limiterà a organizzare ricevimenti e smaltire la corrispondenza. Michelle applicherà la sua esperienza, i suoi studi alla riforma dell'istruzione e della sanità.

"C'è così tanto da fare" si schermisce lei senza voler aggiungere altro. Ci tiene, ha sottolineato, a dare più risorse e servizi alle donne che lavorano. "Famiglia e carriera sono ancora troppo spesso in conflitto". Qualche giorno fa, in Florida, ha raccontato di quando Barack le ha annunciato che voleva correre per le presidenziali. Lei ci ha pensato un attimo e ha fatto due richieste. Primo: smettere di fumare. Secondo: sapere che la famiglia dovrà comunque mantenere una piccola quota della sua attenzione. "Gli ho risposto: Baby, possiamo sostenerti fino all'80 per cento". Una first lady che chiama "baby" suo marito. Anche questa è una rivoluzione.

Michelle "The Boss", secondo la stessa definizione del leader democratico. Insieme sono una miscela esplosiva. Freddo (lui), caldo (lei). Idee e progetti Obama, azioni e iniziative concrete Michelle. La storia parla chiaro. Ad Harvard Obama punta a dirigere la prestigiosa Law Review, Michelle si mobilita invece per aumentare le quote delle minoranze etniche.

Furba, forse più di lui. Durante le primarie, è Michelle a suggerire allo staff del marito di smettere con gli attacchi diretti ad Hillary. Se vuoi vincere, devi comportarti da vincitore: è la sua ricetta. Sempre lei a dire che Sarah Palin "è un ottimo esempio di come le donne devono affrontare tanti fronti". Sottinteso: anche nel ticket democratico c'è una donna che ha lavoro e famiglia, ed quella donna è Michelle Obama.

E' cresciuta in un bilocale del South Side, il sobborgo nero di Chicago. Suo padre sgobbava dall'alba al tramonto negli uffici delle fogne per mandare a scuola i figli, Michelle e Craig. La sua storia è il vero american dream. Da figlia dei ghetti a plurilaureato (Harvard e Princeton) avvocato d'affari. Prima di mettersi in aspettativa per la campagna elettorale, guadagnava più del marito come dirigente dell'amministrazione ospedaliera. "Sono un errore della statistica - ha detto lei qualche giorno fa - la verità è che non dovrei essere qui".

Prima First lady nera della Storia, un'altra stranezza. Dovrà stare attenta al suo lato più radicale, dicono gli esperti. A non esprimere troppo "black-pride", l'orgoglio degli afro-americani, enfatizzato nella sua tanto criticata tesi di laurea. "Per la prima volta sono fiera di essere americana", è stata la sua gaffe più pericolosa. Si è trasformato nel bersaglio preferito dei media conservatori. Non le è stato risparmiato nulla. C'è chi l'ha soprannominata "baby-mama", come fosse la tata di Via col Vento. Negli ultimi tempi ha mostrato un volto più posato e un look al naturale, "cheap and chic": vestiti comprati con cinquanta dollari nei supermercati Wall Mart o a JCrew, ormai soltanto online. "Non ho più tempo di fare shopping" ha messo in chiaro mentre la Palin svaligiava i negozi di moda con la carta di credito del partito repubblicano (spesa finale 150.000 dollari).

Michelle è una tosta, insomma. Quando Marian, la mamma di Michelle, ha conosciuto Obama nel 1989 è rimasta scettica. La parte bianca di Obama inquietava la famiglia da sempre segretata nel South Side. E comunque Michelle era stata fino ad allora una ragazza molto esigente, che liquidava gli spasimanti dopo qualche uscita. "Anche questo fidanzato passerà" pensò Marian. No, non questo. Barack Obama è stato l'unico all'altezza dei sogni di Michelle.

(5 novembre 2008)

 

 

 

 

 

Inno alla democrazia del nuovo presidente davanti alla folla oceanica di Chicago

Quindici minuti emozionanti in cui ha promesso una nuova èra politica

Dal palco Obama infiamma il Paese

"Negli Usa nulla è impossibile"

dal nostro inviato MARIO CALABRESI

<B>Dal palco Obama infiamma il Paese<br>"Negli Usa nulla è impossibile"</B>

CHICAGO - Un inno alla democrazia e alla capacità di cambiare. Barack Obama nel discorso più importante della sua vita, davanti a centinaia di migliaia di persone, ha commosso il suo Paese e il mondo rivendicando la forza della speranza contro il cinismo, la forza dell'uomo comune davanti al potere, la forza potente del sogno e del cambiamento. La forza dell'America, ha gridato Obama nella notte di Chicago, non è la sua potenza militare ma la capacità di creare "democrazia, libertà e opportunità".

Un discorso di quindici minuti, intenso, emozionante, capace di promettere una nuova éra politica: "Questa vittoria non è il cambiamento ma la possibilità del cambiamento e se c'è ancora qualcuno che dubita che l'America sia un posto dove ogni cosa è possibile, dove si può realizzare il sogno dei nostri padri e dimostrare il potere della democrazia, questa notte la risposta è arrivata. L'hanno data le donne e gli uomini che sono stati in coda per ore per poter votare".

Barack Obama è salito sul palco di Grant Park tre minuti prima delle undici di sera. La folla lo aspettava da ore, una serie di boati aveva scandito la conquista di tutti gli Stati chiave, ma la festa era scoppiata un'ora prima quando la Cnn lo aveva dichiarato presidente. Prima di prendere la parola Obama ha aspettato che John McCain concedesse la vittoria, poi con Michelle e le figlie - vestite di rosso e nero - è apparso in questa spianata verde chiusa tra il Lago Michigan e i grattacieli. A proteggere il nuovo presidente due immensi vetri antiproiettile, voluti dal secret service ai lati del leggio.

Obama ha cominciato salutando Chicago, la sua città, la nuova capitale politica d'America, ha parlato con rispetto e stima del suo avversario repubblicano e ha ringraziato Michelle: "La roccia della nostra famiglia, l'amore della mia vita". Poi ha detto a Sasha e Malia che rispetterà la piccola promessa di prendere un cane: "Vi siete meritate il cucciolo, verrà con noi alla Casa Bianca".

Le sue parole più convinte sono state per i milioni di volontari che hanno costruito la sua campagna, per "i lavoratori che hanno donato cinque o dieci dollari", per i giovani che hanno lasciato le famiglie per mesi: "Questa vittoria appartiene a voi e io non lo dimenticherò". Ha ripercorso la storia dell'America e delle sue conquiste e il lungo cammino dei diritti civili attraverso la vita dell'elettrice più anziana: una donna di Atlanta di 106 anni che si battè contro la segregazione razziale e che gli ha dato il suo voto.

L'elenco delle cose su cui impegnarsi adesso è lungo: il pianeta in pericolo per il cambio climatico, la crisi finanziaria e quella delle case, i soldati che combattono in Afghanistan, "la necessità di creare lavoro e di costruire nuove scuole". Ma promette di provarci, chiede che il Paese sia unito con lui per riportare "la prosperità, la pace e restituire ad ognuno la possibilità di coronare il Sogno Americano".

Il finale è hollywoodiano, lo raggiungono sul palco Joe Biden e tutti i parenti: si abbracciano e salutano a lungo mentre gli altoprlanti trasmettono una colonna sonora epica. In tutta America si riempiono le piazze e le strade e davanti alla Casa Bianca un'altra folla immensa festeggia pacificamente l'arrivo di un nuovo inquilino. Il primo nero della storia.

(5 novembre 2008)

 

 

 

Obama è il nuovo presidente

L'America volta pagina

"Il cambiamento è arrivato"

Barack Obama è il 44esimo presidente degli Stati Uniti, il primo afro-americano ad arrivare alla Casa Bianca, in una tappa storica per l'America che volta pagina dopo gli anni di Bush. McCain chiama Obama per congratularsi e ammette la sconfitta: "Rispetto la sua abilità e perseveranza che ha ispirato speranza in così tanti americani". Anche Bush gli telefona: "Notte fantastica". Obama ringrazia l'America e i suoi sostenitori: "Questa vittoria appartiene a voi". Affluenza record alle urne, i "latinos" votano in massa per il democratico

 

09:05 Cnn, 66% ispanici per Obama

Il voto della numerosa comunità ispanica è andato a Barack Obama. Secondo la Cnn il 66% dei cosiddetti 'latinos', che durante le primarie democratiche sostenevano Hillary Clinton, ha preferito il candidato democratico, contro il 33% che ha optato per John McCain. Il dato segna un netto spostamento a favore dell'Asinello rispetto al 2004 quando il 55% votò per John Kerry contro il 44% che si espresse a favore di George W. Bush. In particolare il voto ispanico è stato determinante in New Mexico, Nevada, Colorado

09:04 Borse europee aprono in negativo, Mibtel +1%

Avvio in flessione per le borse europee dopo i forti rialzi di ieri. Parigi dopo i primi scambi registra una contrazione dello 0,91% mentre Francoforte cede quasi mezzo punto percentuale. Più marcata la flessione di Zurigo con un -1,01% e peggio ancora Madrid che cede l'1,45%. Londra -0,96%, Francoforte -0,4%. A Milano Piazza Affari parte in rialzo, unica tra le principali piazze europee. Mibtel +1%, SPMib +0,93%, Midex +1,55%, All Stars +1,10%

08:58 Borsa Mosca vola con Obama

Effetto Obama anche sulle borse di Mosca: all'apertura il Micex registrava un più 10,98%, mentre il Rts segna un più 9,59%. Sulla scia della buona chiusura di Wall Street ieri e dei mercati asiatici tutti in rialzo stamattina, Mosca conferma il trend, con aumenti particolarmente forti per i titoli del settore energetico e delle materie prime, riferisce l'agenzia Ria Novosti

08:55 Premier indiano Singh, vittoria straordinaria

Il premier indiano, Manmohan Singh, si è congratulato con Barack Obama per la "straordinaria vittoria" e ha invitato il neopresidente Usa a visitare l'India "alla prima opportunità". Singh ha aggiunto che "i popoli indiano e americano sono legati da un comune impegno per la libertà, la giustizia, il pluralismo, i diritti individuali e la democrazia"

08:54 Iraq, Zebari: vittoria Obama non porterà a rapido disimpegno

L'elezione di Barack Obama non porterà a un "rapido disimpegno" statunitense in Iraq. Lo ha sostenuto il ministro degli Esteri iracheno, Hoshyar Zebari. "Crediamo che la decisione degli elettori americani", ha affermato, "rispettiamo la loro volontà, ma abbiamo molte sfide davanti a noi". "Non crediamo", ha continuato, "che vi sarà un cambiamento nella politica dal giorno alla notte. Non vi sarà un rapido disimpegno qui in Iraq. C'è molto in ballo"

08:53 Obama premiato anche dal voto popolare

Barack Obama è stato premiato anche dal voto popolare. Il candidato democratico ha vinto il 52 per cento dei voti, contro il 47 per cento del suo avversario repubblicano, John McCain. Il dato si riferisce all'87 per cento delle schede scrutinate

08:48 Feste in tutto il mondo per Obama

Dai bar di Londra e Sidney ai villaggi del Kenya, dalle strade di Berlino a quelle dell'Avana e Parigi: feste in tutto il mondo per la storica vittoria di Barack Obama alle presidenziali statunitensi. Particolarmente felici gli abitanti di Kogelo, in Kenya, dove è nato il padre di Obama. Ma è stata festa anche in Giappone e soprattutto in una piccola città di mare che si chiama Obama come il candidato democratico. A Londra, i supporter di Barack si sono riuniti allo Yates bar, nella zona dei night-club, il secondo party più importante della nottata, dopo quello dell'ambasciata Usa. Scene di giubilo anche a Berlino, lungo il viale di Unter den Linden a poca distanza da dove Obama aveva parlato a 200 mila persone lo scorso luglio, e nei bar di Parigi

08:46 Frattini, vive congratulazioni

"Vive congratulazioni" a Barack Obama, eletto presidente degli Stati Uniti, sono state espresse dal ministro degli Esteri Franco Frattini, durante un'intervista alla trasmissione Panorama del giorno su Canale 5. Con Barack Obama "continueremo sulla strada della collaborazione e della condivisione" ha aggiunto

08:44 Vaticano: grandi attese, dio l'assista

"Dio illumini" Barack Obama nella sua "grandissima responsabilità ": è quanto auspica oggi la Santa Sede nell'esprimere al 44esimo presidente degli Stati Uniti gli "auguri di poter rispondere alle attese e alle speranze che si rivolgono verso di lui", anche per quanto riguarda "il rispetto dei valori umani e spirituali essenziali". "I credenti - ha detto in una dichiarazione il portavoce Vaticano, padre Federico Lombardi -pregano che dio lo illumini e lo assista nella sua grandissima responsabilità"

08:43 Hamas, deve imparare dagli errori di Bush

Hamas non si unisce al coro di congratulazioni per la vittoria di Obama, che "deve imparare dagli errori di Bush e dal modo in cui il suo predecessore ha agito nei confronti dei musulmani e del mondo arabo". "Incluso, - ha aggiunto il portavoce del movimento islamista, Fawzi Barhum - ciò che Bush ha distrutto in Afghanistan, Iraq, Libano e Palestina". Per Hamas Obama "dovrà riallacciare i legami con il resto del mondo". "Vogliamo - ha concluso Barhum - che Obama sostenga la causa palestinese o almeno che non appoggi l'occupazione israeliana"

08:42 Bonaiuti, con governo Berlusconi rapporto di amicizia

Gli Stati Uniti, con il nuovo presidente democratico, continueranno ad avere "rapporti di amicizia" con il governo Berlusconi. Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza, Paolo Bonaiuti, intervenendo alla trasmissione Radio anch'io. Quelli che si instaureranno tra Roma e Washington dopo la vittoria di Obama, ha spiegato Bonaiuti, "sono i rapporti tra due Stati amici; questa è la visione impostata da Berlusconi"

08:41 Melandri, ha vinto perché non centrale tema razziale

Barack Obama ha vinto perché "non ha messo al centro della sua campagna elettorale la questione razziale". Lo ha detto Giovanna Melandri, ministro delle comunicazioni del governo ombra del Pd, intervistata a Uno Mattina. "Sono sicura che Obama ricostituirà il sogno americano"

08:39 Fassino, miglioreranno rapporti con Europa

Con la vittoria di Barack Obama, ci sarà "un netto miglioramento" dei rapporti tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea. Lo ha detto il ministro ombra degli Esteri, Piero Fassino, intervenendo alla trasmissione Radio anch'io. "Io mi attengo - ha detto Fassino - a quello che ha sempre dichiarato Obama, e cioè di voler abbandonare la strategia dell'unilateralismo a favore di un atteggiamento nel quale l'America sceglie il multilateralismo"

08:38 Festa davanti a Casa Bianca

Migliaia di sostenitori di Barack Obama hanno sfidato la pioggia caduta in abbondanza su Washington per radunarsi davanti alla Casa Bianca a festeggiare. La polizia ha recintato l'area attorno alla residenza presidenziale, dove George W. Bush ha seguito alla tv i risultati elettorali. Nella folla festante tanti giovani, ma anche coppie e funzionari della capitale usciti dai vicini locali e ristoranti

08:37 La Francia festeggia Obama

Il sogno americano infiamma la Francia, destra e sinistra salutano la vittoria di Barack Obama, le banlieues festeggiano l'arrivo di un nero alla guida della superpotenza, nel quale vedono un segno di speranza. "E' tornata l'America che amiamo", esclama Jack Lang, mentre Nicolas Sarkozy, che aveva senza ambiguità dimostrato il suo sostegno al candidato democratico durante la sua visita in Europa, è stato tra i primi a reagire: "La scelta del cambamento, dell'apertura e dell'ottimismo". Più politico, il ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, ha subito invitato gli Stati Uniti a sfruttare "la storica occasione di coniugare i nostri sforzi". Sullo stesso tono tutte le dichiarazioni dei politici, di destra e di sinistra. Una le riassume, quella dell'Ump, il partito del presidente: "Gli americani hanno eletto il sogno americano". Ma è soprattutto nelle periferie che l'elezione di Obama solleva un'ondata di entusiasmo e di speranza. A L'Hay-les-Roses, dopo una notte di festa, le poche centinaia di persone rimaste, hanno manifestato la loro gioia: "Gli americani non sono razzisti, hanno riscattato la loro storia"

08:35 San Francisco, referendum: no a prostituzione legale

San Francisco, in California, ha detto di no alla depenalizzazione della prostituzione, come auspicava un referendum locale, la proposta K. Lo indica la stampa locale

08:34 Germania, Merkel offre collaborazione

La cancelliera Angela Merkel in un telegramma di congratulazioni ha assicurato a Barack Obama una "collaborazione piena di fiducia" da parte della Germania. "Un mondo pieno di importanti sfide accoglie l'inizio della sua presidenza - afferma Merkel - Sono convinta che in stretta e fiduciosa collaborazione tra Stati Uniti e Europa riusciremo a affrontare con decisione i nuovi pericoli e sfruttare le numerose possibilità che si offrono nel nostro mondo globale". Merkel (Cdu) ha invitato Obama a una pronta visita in Germania

08:32 Oro in calo in Asia dopo vittoria Obama

La vittoria di Barack Obama alle elezioni americane e il conseguente recupero del dollaro nei confronti dell'euro spingono al ribasso le quotazioni dell'oro sui mercati asiatici: il calo è dell'1,6% a 751,15 dollari

08:31 California, referendum sugli animali di allevamento

I californiani, con un'ampia maggioranza, hanno detto di sì a miglior condizioni di vita per gli animali d'allevamento. Quello sul benessere degli animali era uno dei numerosi referendum nel Golden State, ed è passato con una maggioranza di oltre il 60% dei suffragi; come anche quello per agevolare i prestiti finanziari ai veterani di guerra, con una percentuale analoga. Il più seguito dei referendum, quello per proibire i matrimoni omosessuali legali in California, vede leggermente in testa i proibizionisti, mentre una maggioranza di californiani sembra anche questa volta contraria all'obbligo di notifica ai genitori per le minorenni che vogliono abortire. Sono stati respinti tre referendum, tra cui quello per offrire alternative al carcere per i drogati, per prevedere pene più severe per le gang, per portare le energie rinnovabili al 20% dei consumi elettrici nel 2010

08:29 A Milano la festa del consolato Usa

Brindisi e feste alla Banque, il locale milanese dove il consolato americano ha organizzato la lunga maratona elettorale notturna. Tra i presenti Dan Peterson, "antipolitico" per scelta, che vede in Truman l'ultimo vero presidente, dopo Reagan non ha votato nessuno, ed è convinto che "Putin si mangerà Obama come un tramezzino". Poi Mike Bongiorno, che ha scelto Obama ("rappresenta il cambiamento") e striglia il collega perché "non votare è una vergogna". E a un certo punto nella folla compare il ministro per le Riforme e leader leghista Umberto Bossi, giusto il tempo di chiarire che per lui un presidente "nero o bianco non cambia". Ma ci sono anche tanti docenti univeristari e Armando Spataro, il pm che ha indagato sugli uomini della Cia coinvolti nel sequestro di Abu Omar

08:26 Iran, agenzia Irna saluta "catarsi" del popolo americano

Una "catarsi nazionale" attraverso la quale "gli americani hanno ripudiato l'era di George W. Bush". Così l'agenzia ufficiale iraniana Irna saluta oggi l'elezione di Barak Obama. In attesa delle reazioni da parte della autorità di Teheran, l'agenzia sottolinea anche che "la vittoria a valanga di Obama ha spazzato via le ultime barriere razziali nella politica americana". La vittoria di Obama, conclude l'Irna, è "una svolta che sarebbe sembrata impensabile solo due anni fa"

08:24 Referendum, no matrimoni gay in Flordia e Arizona

Gli Stati Uniti dell'era Obama difendono l'aborto, bocciano i matrimoni gay e l'adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali, e consentono il suicidio assitito. Questo il quadro che emerge dalle prime proiezioni sui 150 referendum su cui in 36 Stati che in contemporanea alle presidenziali gli americani sono stati consultati. Sia Florida che ha eletto Obama che l'Arizona di John Mccain hanno messo al bando le unioni matrimoniali tra coppie dello stesso sesso mentre l'Arkansas, lo Stato dei Clinton conquistato dal candidato repubblicano, ha adottato un provvedimento che vieta le adozioni ai gay In Colorado è stato bocciata una legge che avrebbe assimilato l'aborto all'omicidio equiparando l'embrione appena concepito a un essere umano completo. Sulla stessa linea il South Dakota che ha respinto un altra consultazione popolare che avrebbe reso illegale l'interruzione anticipata della gravidanza In Michigan, secondo le proiezioni dei principali network, è stata invece approvato il referendum che autorizza l'uso medico marijuana. Il Nebraska ha posto fine al principio dell'"affirmative action", che riserva alle minoranze quote di posti di lavoro o facilità l'ingresso nelle università rispetto alla maggioranza bianca; lo Stato di Washington, infine, ha consentito il suicidio assistito

08:22 Euro sotto quota 1,29 dollari con vittoria Obama

Il dollaro si mantiene in rialzo nei confronti dell'euro dopo la vittoria di Barack Obama alle elezioni americane. La moneta unica passa di mano a 1,2860 dollari (contro 1,3 di ieri sera a New York) e a 127,65 yen (127,35 la quotazione Bce di ieri)

08:21 Kenya proclama giornata di festa nazionale

Il governo keniota ha proclamato una giornata di festa nazionale in onore della vittoria di Barack Obama. Il Presidente Kibaki ha dichiarato che tutti i suoi connazionali non lavoreranno domani per segnare la storica elezione di Obama alla carica con maggiori poteri al mondo. A Kogelo, città natale del padre di Obama, la gente ha affollato le strade per festeggiare, così come è avvenuto a Nairobi e in altre località del Paese

08:20 Napolitano si congratula con Obama

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato a Barack Obama il seguente messaggio: "Le giungano le più calorose felicitazioni mie personali e del popolo italiano. Siamo profondamente impressionati dalla ineguagliabile prova di forza e di vitalità che la democrazia americana ci ha dato, grazie a una partecipazione senza precedenti alla campagna elettorale e al voto, e grazie alla larghissima adesione a un programma ricco di idealità e di impegni di rinnovamento. Per noi italiani che ci sentiamo intimamente legati sul piano storico e politico, culturale e umano, al popolo americano e agli Stati Uniti d'America, questo è un grande giorno: traiamo dalla sua vittoria e dallo spirito di unità che l'accompagna nuovi motivi di speranza e di fiducia per la causa della libertà, della pace, di un più sicuro e giusto ordine mondiale"

08:19 Stampa spagnola, cambia colore della storia

"Obama cambia il colore della storia", è il titolo scelto dal quotidiano spagnolo El Mundo per commentare, sul suo sito, l'elezione di Barack Obama. "Obama realizza il sogno di cambiamento", scrive invece El Pais. "Obama sarà il primo presidente nero degli Stati Uniti", titola La Vanguardia

08:18 Il trionfo di Obama sui giornali italiani

Giornali italiani a senso unico nei titoli di apertura di oggi. La vittoria di Barack Obama e il prevedibile cambiamento vengono sottolineati nei titoli e nei fondi dei principali quotidiani. Anche se le edizioni in edicola questa mattina scontano la chiusura anticipata dei giornali rispetto alla notizia ufficiale del trionfo di Obama, arrivata intorno alle 5. Ma le proiezioni, gli exit poll già nella tardissima serata di ieri indicavano inequivocabilmente il successo dell'esponente democratico. E questo compare sui giornali. Chiaro e senza dubbi il titolo del Sole 24 Ore: "Vince Obama, l'America volta pagina". Il Corriere della Sera apre con un indicativo "La lunga notte di Obama"

08:14 Obama vince anche in Indiana

Il presidente eletto Usa, Barack Obama, ha vinto anche in Indiana (11 voti): lo indicano i media americani

08:13 Stampa francese, le sfide del presidente

Libération celebra la vittoria di Barack Obama, una vittoria che la Francia e i media nel loro complesso avevano largamente previsto e auspicato. Sulla prima pagina di Libération, il grande titolo "Le sfide del presidente". "L'America può cambiare", le prime parole di Obama, stanno per essere stampate sulle prime pagine di quasi tutti i giornali, secondo i notiziari radio. Ancora alle prime ore del mattino si stanno ribattendo a Parigi le prime pagine. Fanno eccezione alcuni regionali, che hanno puntato sull'elezione di Obama: "Il giorno più lungo" è il titolo del Dauphiné Liberé e de La Republique, mentre Le Telegramme de Brest ha scelto "D-Day per l'America". La notte elettorale è stata seguita in diretta soltanto da i-Tv, la tv all news di Canal Plus, emittente a pagamento e da alcune tv via internet, mentre i canali principali hanno staccato la diretta dopo mezzanotte. France Info, la radio di notizie 24 ore su 24, ha aperto il primo notiziario del mattino con l'esultanza della folla a Times Square, a New York, registrata in diretta dalle finestre della propria redazione

08:10 I voti di Obama (338) e McCain (160)

Poco dopo le 8 italiane, il presidente eletto degli Usa, Barack Obama, aveva ottenuto 338 voti elettorali, il candidato repubblicano, John McCain, 160 voti. I voti di Obama vengono da Vermont (3), Virginia (13), Ohio (20) Connecticut (7), Delaware (3), Distretto di Columbia (3), Illinois (21), Maine (4), Maryland (10), Massachusetts (12), New Hampshire (4),New Jersey (15), Pennsylvania (21), Michigan (17), Minnesota (10), New Mexico (5), New York (31), Rhode Island (4), Wisconsin (10), Iowa (7), Nevada (5), California (55), Oregon (7), Stato di Washington (11), Florida (27), Hawaii (4). I voti di McCain vengono da Georgia (15) Kentucky (8), South Carolina (8), West Virginia (5), Alabama (9), Mississippi (6), Tennessee (11), Oklahoma (7), Kansas (6), Lousiana (9), South Dakota (3), Arkansas (6), North Dakota (3), Texas (34) Wyoming (3), Utah (5), Idaho (4), Nebraska (5), Arizona (10), Alaska (3). Per essere eletto alla Casa Bianca occorrevano 270 voti elettorali

08:08 Cina, con Obama nuovo livello di relazioni

''In questa nuova storica era, guardo alla possibilità che le nostre relazioni bilaterali giungano a un nuovo livello di cooperazione costruttiva''. Il presidente cinese, Hu Jintao, ha salutato così la vittoria di Barack Obama nella sfida per la Casa Bianca. Hu ha aggiunto che il miglioramento delle relazioni fra i due paesi ''sarà un bene per i popoli cinese e americano, ma anche per i popoli di tutto il mondo''

08:07 Petrolio in calo su scia voto Usa

Il prezzo del petrolio viaggia in calo sui mercati asiatici sulla scia dell'apprezzamento del dollaro innescato dalla vittoria elettorale di Barack Obama. Il greggio con consegna a dicembre è scambiato a 68,69 dollari al barile, in calo rispetto ai 70,53 dollari della chiusura di ieri a New York

08:05 South Dakota, referendum: no a proibizione aborto

Per la seconda volta, con una ampia maggioranza, il South Dakota ha detto di no alla proibizione dell'aborto terapeutico. Il referendum indetto in coincidenza con le elezioni presidenziali, auspicava eccezioni soltanto in caso di stupro e di incesto, edil "no" è stato respinto dal 55% degli elettori. L'obiettivo dei promotori del referendum era di obbligare la Corte Suprema a pronunciarsi su una futura ed eventuale legge statale, che sarebbe stata incostituzionale, con la speranza di una presa di posizione contraria all'interruzione volontaria di gravidanza a livello federale

08:04 Stampa tedesca, comincia una nuova era

La vittoria di Barack Obama alle presidenziali Usa è l'apertura di tutti i notiziari televisivi e radiofonici di questa mattina, come anche delle prime pagine dei quotidiani nella versione online.

- Berliner Morgenpost: Comincia una nuova era.

- Berliner Tageszeitung: l'America scrive la Storia. Fine dell'era Bush

- Der Spiegel: Obama conquista una storica vittoria

08:03 McCain ha vinto in Alaska

Il candidato repubblicano sconfitto alle presidenziali Usa, John MCain, ha vinto in Alaska (3 voti), lo Stato di cui la sua candidata vice, Sarah Palin, è governatrice. Lo indicano i media americani

07:48 Borse asiatiche brindano alla vittoria di Obama

L'euforia per la vittoria di Barack Obama travolge i mercati asiatici. L'elezione del nuovo inquilino della Casa Bianca riduce l'incertezza sulla congiuntura economica e alimenta le attese di una ripresa economica più veloce, facendo volare i listini ai massimi da tre settimane. L'indice Nikkei a Tokyo termina le contrattazioni in rialzo del 4,5%. Shanghai sale del 2,54%, Singapore registra un progresso del 4,25% e Hong Kong cresce del 5,65% mentre i listini australiani guadagnano oltre il 2%.

Seul chiude in rialzo del 2,44%. In controtendenza Taiwan che chiude in calo dello 0,29% appesantito dai titoli del comparto tecnologico

07:46 Afghanistan, Karzai: inizio di un'era nuova

Il presidente afghano Hamid Karzai si è congratulato oggi con Barack Obama ritenendo che la sua vittoria alle elezioni presidenziali americane faccia entrare il mondo in un'"era nuova". "L'elezione del senatore Barack Obama ha fatto entrare il popolo americano e con lui il resto del mondo in una era nuova", ha detto Karzai. "Un'era - ha proseguito - in cui la razza, il colore o l'origine etnica, spero, spariranno (...) dalla politica in tutto il mondo". "Mi felicito con il senatore Obama per la sua elezione alla presidenza degli Stati Uniti e auguro buona fortuna a lui e al popolo americano", ha aggiunto

07:39 Obama, milioni di sms ai suoi: grazie

Barack Obama non ha detto grazie solo parlando dal palco del Grant Park di Chicago: ha voluto personalmente ringraziare i milioni di suoi sostenitori inviando loro un messaggio via cellulare. Questo l'sms del presidente eletto degli Stati Uniti: "Abbiamo appena fatto la storia. Tutto ciò ha potuto accadere perché voi avete dato il vostro tempo, il vostro talento e la vostra passione a questa campagna. Tutto questo è accaduto per merito vostro. Grazie. Barack"

07:36 Gb, Brown si felicita con Obama

Il primo ministro britannico, Gordon Brown, si è felicitato con il presidente eletto americano, Barack Obama, di sui saluta i "valori progressisti" e la "visione per il futuro"

07:35 Germania, presidente Köhler si congratula

Il presidente tedesco Horst Köhler si è congratulato con Barack Obama per la sua vittoria nelle elezioni presidenziali americane aggiungendo che può contare sulla Germania "come partner affidabile e amico di lunga data"

07:24 Borsa Tokyo chiude in forte rialzo

Chiusura rally per la borsa di Tokyo che travolta dall'entusiasmo per la vittoria di Barack Obama tocca i massimi da tre settimane sul finale di seduta. Il Nikkei guadagna il 4,5% portandosi a quota 9.521,24 punti, ai massimi dal 15 ottobre. Mentre il Topix avanza del 6,2% a quota 966,91, trainato soprattutto dal comparto bancario. Volano i titoli dell'export grazie al deprezzamento dello yen. Gli investitori sono fiduciosi che l'elezione del nuovo inquilino della Casa Bianca possa favorire la ripresa economica

07:21 Dick Cheney si congratula con Joe Biden

Dick Cheney, vicepresidente uscente degli Stati Uniti, ha chiamato il suo successore Joe Biden, vicepresidente eletto al fianco di Barack Obama, per congratularsi della sua vittoria

07:19 Israele, un "radioso furturo" per relazioni con Usa

Il governo israeliano prevede un "radioso futuro" per le relazioni con gli Stati Uniti dopo l'elezione di Barack Obama. Il portavoce del ministro degli Esteri, Ygal Palmor, ha espresso le "congratulazioni a due grandi amici di Israele, John McCain per la sua grande campagna, a Barack Obama per la sua storica vittoria"

07:18 Ue applaude Obama, Barroso parla di New Deal

L'Unione europea applaude la vittoria di Barack Obama alle presidenziali americane. ''E' tempo di un rinnovato impegno da parte di Europa e Stati Uniti. Abbiamo bisogno di trasformare l'attuale crisi in una nuova opportunità. Abbiamo bisogno di una nuova intesa per un nuovo mondo'', ha commentato il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. ''Spero sinceramente che con la leadership del presidente Obama gli Stati Uniti d'America uniranno le loro forze con l'Europa per questa nuova intesa. Per il bene delle nostre societa', per il bene del mondo intero''

07:15 Kenya, festa per Obama nel villaggio di Kogelo

E' festa grande a Kogelo, villaggio del Kenya dove è nato il padre di Barack Obama, con centinaia di persone in strada che cantano e ballano dopo aver passato una nottata piuttosto fredda davanti a un grande schermo che trasmetteva i dati provenienti dagli Stati Uniti. I residenti del villaggio hanno sfidato una violenta pioggia per assistere alla proclamazione del primo presidente afroamericano della storia. Diversi schermi giganti sono stati montati anche a Kisumu, capitale regionale, per salutare ''il primo keniano presidente degli Stati Uniti''

07:13 Giappone, congratulazioni da premier Taro Aso

Il premier giapponese, Taro Aso, si è congratulato con il presidente eletto americano, Barack Obama, promettendo di rafforzare le relazioni con gli Stati Uniti, che costituiscono il principale alleato del Giappone

07:05 Cina, Hu Jintao si congratula con Obama

Il presidente cinese Hu Jintao, dice una nota del ministero degli affari Esteri, si felicita con Barack Obama. Nella nota si legge che Hu Jintao auspica un "nuovo livello" di rapporti tra Cina e Stati Uniti.

07:01 Abu Mazen: "Accelerare sforzi per pace in Medio Oriente"

Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha salutato la vittoria di Barack Obama nelle elezioni presidenziali americane invitandolo a accelerare gli sforzi per far avanzare il processo di pace in Medio Oriente.

06:58 Il dollaro vola

Il dollaro vola sulla scia della vittoria elettorale di Barack Obama. L'esito elettorale fa riguadagnare terreno al biglietto verde nei confronti dell'euro e del paniere delle maggiori monete. Il dollaro è scambiato a 1,2851 dollari e a 127,77 yen dopo essere scivolato ieri ai minimi da 13 anni. Gli investitori si aspettano che il cambio della guardia alla Casa Bianca possa favorire la ripresa economica.

06:55 Obama: "Wall Street non può far soldi mentre la gente soffre"

Nell'America di Barack Obama non ci potrà "essere una Wall Street che si arricchisce mentre Main Street (la gente comune) soffre". Il neo presidente degli Stati Uniti da Chicago ha spiegato che il mondo della finanza, all'origine della crisi che ha messo in ginocchio l'economia reale non può vivere come un copro distaccato dal resto della nazione: "Cresciamo o cadiamo come una nazione, come un popolo".

06:41 Obama: "Yes we can è il credo americano"

"Yes we can": sì possiamo è "il credo Americano". Un Barack Obama commosso ha chiuso i 17 minuti del suo discorso da presidente eletto davanti a 100mila persone a Chicago tornando allo slogan che ha sintetizzato la sua campagna del cambiamento. L'America può, perché è un paese unito; l'America può, perché sa sognare. "Ho pensato stanotte a una donna che ha votato a Atlanta" ha detto Obama. "Somiglia molto ai milioni di persone che si sono messe in fila per far sentire la loro voce in questa elezione, salvo un dettaglio: Ann Nixon Cooper ha 106 anni". E' stato un discorso pieno di accenni alla lunga storia dei diritti civili che ha condotto all'elezione del primo presidente nero, incluso un accenno a Martin Luther King, il "predicatore di Atlanta che disse 'we shall overcome".

06:38 Borse asiatiche in rialzo dopo la vittoria di Obama

Le borse asiatiche sono in rialzo dopo la netta vittoria di Barack Obama. I mercati di Shanghai, Hong Kong e Singapore sono cresciuti di oltre il 4% e il Nikkei a Tokyo ha guadagnato il 2,6%.

06:34 Barroso: "Con Obama un nuovo patto per mondo nuovo"

Sono "molte le sfide" che attendono Stati Uniti e Unione europea e il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, è pronto a impegnarsi al fianco di Barack Obama. Barroso si è congratulato con il presidente eletto: "questo" ha detto, "è il momento di rinnovare l'impegno tra Usa ed Europa". "Voglio rassicurare il senatore Obama sul sostegno della Commissione europea e mio personale per affrontare insieme le tante sfide che ci attendono. Dobbiamo trasformare la crisi attuale in una nuova opportunità".

06:31 Obama sul palco con Michelle, Joe Biden e la moglie

Poco dopo avere rivolto alle migliaia di persone che lo acclamavano, a Chicago, a conclusione del suo discorso, il tradizionale saluto 'Dio vi benedica', Barak Obama, che aveva al fianco Michelle, è stato raggiunto dal suo vice, Joe Biden e dalla moglie, Jill Jacobs. Insieme per molti minuti hanno salutato la folla.

06:22 Democratici aumentano il controllo sul Congresso

L'America del 5 novembre cambia volto. Oltre ad aver riconquistato la Casa Bianca dopo 8 anni di era George W. Bush, i democratici aumentano il controllo sul Congresso. Sale a quota 56 seggi la maggioranza democratica nel Senato mentre alla Camera l'asinello vede confermato l'ampio vantaggio conquistato a novembre del 2006. In particolare alla Camera alta i democratici si fermano a un passo da raggiungere quota 60 che blinda il Senato e impedisce all'opposizione qualsiasi forma di ostruzionismo. I democratici hanno conquistato 17 dei 35 seggi in palio oggi, contro i 12 repubblicani.

06:20 Obama cita Lincoln: "Sarò il presidente di tutti"

Dopo avere citato Abraham Lincoln, dell'Illinois come lui, il neo-eletto presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha lanciato un appello all'unità di tutti gli americani. Davanti ai suoi sostenitori, oggi a Chicago, Obama ha detto rivolgendosi anche ai repubblicani, con le parole dello stesso Lincoln, "non siamo nemici, ma amici", per poi aggiungere: "ascolterò la vostra voce, ho bisogno del vostro aiuto, sarò anche il vostro presidente".

06:15 Obama: "Cammino sarà duro, stare uniti"

Per Barack Obama "il cammino davanti a noi sarà duro" e per questo ci "sarà bisogno di stare uniti" contro le avversità: lo ha detto il neo presidente Usa nel suo primo discorso dopo la vittoria su John McCain

06:09 Obama: Omaggio a Michelle, alla nonna e alle figlie

Barack Obama ha dedicato alla famiglia la vittoria nella corsa alla Casa Bianca: alla moglie Michelle, amica e partner negli anni del matrimonio, e alla nonna Madalyn, che lo ha allevato e che è morta alla vigilia del voto che lo ha portato alla Casa Bianca. Alle figlie Sasha e Malia Obama ha detto: "Vi amo più di quanto non possiate immaginare"

06:08 Obama: "Lavorerò con McCain per rinnovare il Paese"

Barack Obama ha annunciato che lavorerà "insieme al senatore John McCain per rinnovare il Paese".

06:07 Obama: "Questa vittoria appartiene a tutti voi"

"Non dimenticherò mai a chi appartiene questa vittoria, a tutti voi", dice Obama.

06:05 Obama: "Il cambiamento è arrivato"

Obama: "Il cambiamento è arrivato negli Stati Uniti". "Oggi non sarei qui senza l'amore della mia vita, la prossima first lady degli Stati Uniti, mia moglie Michelle" dice Barack Obama davanti alla folla dei suoi sostenitori a Chicago. Obama ringrazia McCain, che ha lavorato duro, e dice di voler lavorare con lui.

06:02 Obama: "L'America è il posto dove tutto è possibile"

Obama sale sul palco a Chicago con la moglie Michelle e le figlie Malia e Sasha, che, dopo aver salutato la folla dei sostenitori lo lasciano solo. "L'America è il luogo dove tutto è possibile" dice.

05:43 New York in delirio tra Harlem e Times Square

Delirio di gioia tra il popolo di Barack Obama a New York, diviso tra Harlem e Times Square: gente che piange, gente che ride: gli obamiani della Grande Mela hanno accolto l'annuncio della Cnn ritrasmesso sui maxi schermi montati nella piazza crocevia del mondo e nel cuore dell'ex quartiere ghetto di Manhattan. L'Empire State Building, rossoblu in spirito bipartisan per tutta la notte elettorale si è preparato a cambiare colore per illuminarsi di blu-Obama dopo il proclama della vittoria. E' stato il deputato di Harlem Charles Rangel che ha confermato il risultato a migliaia di neri e di bianchi raccolti sotto lo schermo gigante montato a Adam Clayton Plaza, all'angolo della 125esima Strada. "Si, si, sì", ha cantato in coro la folla che aspettava da ore l'annuncio della svolta nella storia dell'America.

05:42 Kenya, Kogelo in festa: "Andiamo alla Casa Bianca"

La famiglia keniana di Barack Obama, accolta la notizia della vittoria del senatore dell'Illinois, è esplosa in una manifestazione di gioia ed entusiasmo. "Andiamo alla Casa Bianca" hanno esultato alcuni parenti del neo-presidente afro-americano, di padre keniano. Nel villaggio occidentale di Kogelo, dove vivono alcuni parenti di Obama tra cui una delle sue nonne, la polizia ha assicurato la massima vigilanza nel timore di un assalto da parte dei media.

05:39 Bush telefona a Obama per congratularsi

Il presidente George W. Bush ha chiamato Barack Obama per congratularsi per la vittoria. Lo ha reso noto la Casa Bianca

05:37 Sarkozy si congratula per la brillante vittoria

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, si è congratulato oggi con Barack Obama per la sua "brillante vittoria" nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Lo rende noto l'Eliseo.

05:36 Jesse Jackson piange di gioia

Obama conquista la Casa Bianca e, nella bolgia del parco allestito a Chicago per la festa democratica, Jesse Jackson si è sciolto in lacrime mentre tutti attorno esplodevano in un boato di gioia.

05:30 Sarah Palin in lacrime sul palco

Sarah Palin è in lacrime, sul palco di Phoenix da cui McCain sta parlando ai suoi supporter dopo aver riconosciuto la sconfitta. La Palin, controversa candidata repubblicana alla vicepresidenza degli Usa, è accompagnata dal marito.

05:29 McCain ai suoi sostenitori: "Il fallimento è mio, non vostro"

Il senatore John McCain, nel salutare i suoi sostenitori, ha detto loro che "la sconfitta è chiara" e che "il fallimento è mio, non vostro". McCain, che si è presentato sul palco di Phoenix con la moglie Cindy, ha voluto ringraziare la candidata alla vicepresidenza Sarah Palin.

05:28 Obama accetta la resa di McCain e lo invita a collaborare

Barack Obama ha accettato la resa dell' avversario nella campagna elettorale, John McCain, e lo ha invitato ad aiutarlo a guidare il Paese. Lo hanno reso noto fonti della campagna democratica a Chicago, riferendo la conversazione tra i due.

05:23 McCain si congratula con Obama

Il senatore McCain ha telefonato a Obama per congratularsi della vittoria. "Rispetto la abilità e perseveranza di Obama che ha ispirato speranza in così tanti americani", ha detto parlando davanti ai suoi sostennitori a Phoenix.

05:20 McCain: "Siamo arrivati alla fine di un lungo viaggio"

"Amici, siamo arrivati alla fine di un lungo viaggio. L'America ha si è espressa e lo ha fatto chiaramente": queste le prime parole di John McCain dopo l'annuncio della vittoria di Obama

05:11 Obama vince agevolmente, a lui anche il voto popolare

Il candidato democratico ha conquistato 297 grandi elettori superando agevolmente la soglia dei 270 voti elettorali necessari per diventare presidente, ma si è aggiudicato anche nettamente il voto popolare staccando John McCain di oltre due milioni di preferenze.

05:10 Tv nazionali confermano: Obama presidente

La Cnn, la Fox, la Nbc e l'Abc confermano Barack Obama presidente degli Stati Uniti alle 23 della Costa Est (le 05:00 in Italia) dopo la vittoria del senatore dell'Illinois in California.

05:08 Chicago in festa

Quando la Cnn ha annunciato che Obama ha superato i 270 voti elettorali necessari per vincere, le centinaia di migliaia di persone che si trovano nelle strade della città del senatore sono esplose in un boato di gioia.

05:07 Cnn: Obama vince la California

Il candidato democratico alla Casa Bianca, Barack Obama, ha vinto le elezioni presidenziali in California (55 voti), diventando matematicamente presidente degli Usa con 275 voti elettorali.

05:02 Obama vince la Florida, è presidente

A Barack Obama va lo stato della Florida. Cnn: "é presidente".

04:58 Senato, democratici non arrivano alla soglia del 60 voti

La speranza dei democratici di conquistare 60 seggi al Senato, assumendone il controllo, è svanita. Il partito di Barack Obama, che poteva contare su 51 voti, doveva strappare almeno nove seggi ai repubblicani per raggiungere l'importante traguardo.

Ma i risultati della notte elettorale, pur con alcuni successi, mostrano che i democratici potranno strappare nel migliore dei casi solo sei o sette seggi, senza raggiungere la magica quota 60.

04:56 Ap: Obama presidente

Secondo le proiezioni della Associated Press, la vittoria va al candidato democratico alla Casa Bianca Barack Obama anche nello stato della Virginia con i suoi 13 voti elettorali. Questo significa che Obama raggiunge 220 voti elettorali già computati: gli basterà la California, certamente democratica per avere 275 voti, 5 più di quelli necessari entrare alla Casa Bianca. Ma è probabile che la sua vittoria complessiva raggiunga margini ben maggiori.

04:52 Network: Virginia a Obama

Barack Obama vince anche la Virginia secondo i network americani, fra cui anche Cnn

04:48 Sarah Palin a breve saluterà i presenti a Phoenix

La candidata repubblicana alla vicepresidenza, Sarah Palin, dovrebbe salutare i presenti al Biltmore Hotel di Phoenix, in Arizona, intorno alle 5 ora italiana. Lo ha riferito un collaboratore della campagna del candidato repubblicano, John McCain, al blogger Marc Ambider di Atlantic.

04:47 Abc: South Dakota a Obama

Anche il South Dakota va a Obama per la Abc.

04:37 Future borsa positivi

I future sugli indici di borsa statunitensi hanno girato in positivo con la quasi vittoria di Barack Obama nelle presidenziali Usa. Il future sullo S&P 500 avanza di 0,80 punti, mentre quello sul Dow Jones guadagna 16 punti. Dando per scontati i voti in California, Oregon e nello Stato di Washington, Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti.

04:36 Cnn: Latinos votano in massa per Obama

Gli ispanici degli Stati Uniti hanno votato in massa per l'afro americano Barack Obama: lo dice un'analisi fornita dagli esperti della Cnn, secondo cui i "latinos" hanno votato per il candidato democratico alla Casa Bianca al 67% mentre solo il 30% ha votato per il repubblicano John McCain (quattro anni fa il 40% votò per george w. Bush): sono i dati a livello nazionale.

04:33 Cnn: Obama in vantaggio in Montana

Barack Obama è in vantaggio in Montana. Secondo Cnn, il senatore democratico avrebbe il 50% dei voti rispetto al 47% di McCain.

04:01 Cnn: Iowa e Utah a Obama

Cnn attribuisce l'Iowa e lo Utah a Obama

03:42 Abc: Texas a McCain

Il Texas a McCain, secondo Abc

03:41 Abc: New Mexico a Obama, Mississippi a McCain

Secondo Abc Obama si aggiudica anche il New Mexico. McCain vince il Mississippi.

03:32 Abc: Louisiana a McCain

McCain si aggiudica anche la Louisiana, secondo Abc

03:30 Network Usa: Nebraska a McCain

I media americani assegnano il Nebraska a McCain. Il Nebraska assegna 5 elettori ma, insieme al Maine, usa un sistema proporzionale.

03:28 Abc e Cnn: Ohio a Obama

Lo stato chiave dell'Ohio è attribuito ad Obama. Nessun repubblicano è mai arrivato alla Casa Bianca senza vincere l'Ohio.

03:19 Partenza positiva per le borse di Hong Kong e Shangai

Nel giorno nel quale sono attesi i risultati delle elezioni presidenziali negli Usa, la Borsa di Hong Kong ha aperto con un deciso rialzo del 4,93 per cento. Positiva anche la Borsa di Shanghai, la più importante della Repubblica Popolare cinese, che in apertura segna una crescita del +2,8 per cento.

03:05 Abc: a Obama Wisconsin, a McCain North Dakota

Secondo Abc News Obama si aggiudica il Wisconsin, McCain il North Dakota

03:03 Cnn: A Obama Rhode Island, Michigan, New York, Minnesota

Cnn attribuisce a Obama il Rhode Island, il Michigan, New York e il Minnesota.

03:00 Network: A McCain la Georgia

Secondo i network americani la Georgia va a McCain.

02:47 Exit poll: Obama preferito da donne, neri, ispanici

Gli exit poll preliminari delle elezioni presidenziali statunitensi indicano che Barack Obama è il preferito tra l'elettorato femminile (oltre la metà), nero (quasi la totalità dei votanti) ed ispanico (i due terzi). Obama gode inoltre del sostegno dei "nuovi" elettori, coloro che si sono recati alle urne per la prima volta nella loro vita.

Sempre in base ai primi exit poll, il candidato repubblicano McCain ha il sostegno della metà degli elettori bianchi e di oltre la metà degli elettori senior (anziani) così come della classe media.

02:34 Network: Alabama e Arkansas a McCain

McCain vince in Alabama e in Arkansas secondo i network americani.

02:28 Primissimi voti, in Georgia McCain in vantaggio

Con i primissimi voti scrutinati, la roccaforte repubblicana della Georgia sembra reggere all'assalto di Obama. Nello stato sudorientale, la Cnn dà il senatore John McCain al 63 per cento e l'avversario democratico al 36 per cento, ma si tratta di un conteggio basato su appena il 4 per cento delle schede. La Georgia è uno swing state particolarmente importante, con 15 voti elettorali.

02:23 Senato, rieletti John Kerry e Joe Biden

Riconfermati in senato due dei nomi di punta del partito democratico: il candidato alla vicepresidenza Joe Biden e l'ex candidato alla Casa Bianca John Kerry. Biden è stato riconfermato nel suo collegio nello stato del Delaware dove era dato ampiamente favorito contro la sfidante Christine O'Donnel, Kerry mantiene la sua roccaforte nel Massachussets dove viene rieletto per il suo quinto mandato al Senato.

02:19 Abc: Obama in testa in Ohio

In base ai dati di Abc News Obama è in netto vantaggio in Ohio, al 69%, McCain è al 30%.

02:11 Abc: Oklahoma a McCain

Secondo Abc News, l'Oklahoma va a McCain.

02:10 Abc: Pennsylvania, Massachusetts, New Hampshire a Obama

Secondo Abc News Obama sta vincendo in Pennsylvania, Massachusetts, New Hamsphire.

02:04 Cnn: A Obama Connecticut, Delaware, DoC, Maryland

Secondo Cnn, Obama si aggiudica anche il Connecticut, il Delaware, District of Columbia e Maryland.

02:02 Proezioni Cnn: Tennessee a McCaine

Il Tennessee è stato assegnato dalla Cnn in base alle proiezioni a McCaine.

02:02 Proiezioni Cnn, a Obama Illinois, New Jersey, Maine

Secondo le proiezioni di Cnn Obama vince in Illinois, New Jersey e Maine.

01:57 Proiezioni network: McCain vince in Sud Carolina

Secondo le proiezioni di alcuni network fra cui Fox News, Cnn e Msnbc McCain vince la Carolina del Sud

01:41 Cnn, primi dati: Nord Carolina, Obama 51%

In base ai primissimi dati elettorali, nella Carolina del Nord Obama è al 51%, McCain al 48%.

01:40 Cnn, nuovi dati: in Florida Obama a 57%

Con il due per cento dei voti scrutinati, Cnn riporta che in Florida Obama è in vantaggio con il 57% dei voti contro il 43% di McCain.

01:37 Chiusi i seggi in Ohio, West Virgina, Nord Carolina

Alle 19.30 si sono chiusi i seggi in altri tre stati: Carolina del Nord, Ohio e West Virginia. L'Ohio è un importante swing state, ed anche la Carolina del Nord è stata nelle ultime settimane teatro di un testa a testa.

01:35 Cnn: Indiana, rieletto governatore repubblicano

Il repubblicano Mitch Daniels è stato rieletto governatore dell'Indiana, secondo quanto riferito dall'emittente Cnn. Daniels, che quattro anni fa è stato il primo repubblicano ad essere eletto al governo dell'indiana dopo 16 anni, era dato ampiamente favorito nei sondaggi prima del voto.

01:33 Cnn, primissimi dati: in South Carolina McCain in vantaggio

I primi dati elettorali di Cnn in South Carolina danno John McCain al 64% contro il 35% raccolto da Barack Obama. Lo stato che assegna 8 grandi elettori aveva votato per George W. Bush sia nel 2000 che nel 2004.

01:26 Cnn, primissimi dati: in Florida vantaggio McCain

Sulla base dei primi dati elettorali in Florida McCain è in testa con il 54% delle preferenze, Obama è al 46%, riferisce Cnn.

01:19 Cnn, primissimi dati: in Virginia vantaggio McCain

Con appena l'1% dei dati scrutinati in Virginia, altro stato cruciale per l'elezione presidenziale, il repubblicano John McCain appare in testa con il 55% contro il 44% del democratico Barack Obama; lo riferisce la Cnn.

01:11 Stati chiave, affluenza senza precedenti

Il tasso di partecipazione alle elezioni presidenziali americane è "senza precedenti" in alcuni degli stati cosidetti incerti. Lo hanno fatto sapere alcuni responsabili delle operazioni di voto in tali stati.

01:11 Abc: Ai democratici seggio Senato in Virginia

In base alle proiezioni della Abc News i democratici si aggiudicano un seggio al Senato in Virginia, i repubblicani in South Carolina.

01:02 Proiezioni Abc: Kentucky a McCain, Vermont a Obama

In base agli exit poll le proiezioni di AbcNews danno la vittoria in Kentucky a McCain e in Vermont a Obama.

01:00 Proiezioni Cnn, testa a testa in Indiana

E' testa a testa in Indiana tra Obama e McCain. Lo stato tradizionalmente repubblicano che assegna 11 grandi elettori, è considerato dagli osservatori un 'battleground state', cioè uno Stato conteso, uno tra quelli in cui si giocherà l'elezione del prossimo presidente degli Stati Uniti. Dopo una partenza bruciante, Obama ha ridimensionato notevolmente il suo vantaggio che ora (con il 3% dei voti scrutinati) è di un solo punto. Obama è dato al 50%, mentre McCain al 49%.

00:45 Exit poll Abc: 13% votanti afroamericani

In base a un exit poll diffuso dall'Abc News la percentuale dei votanti afroamericani si è attestata attorno al 13%, di poco superiore a quella del 2004.

00:40 Proiezioni Cnn, New Hampshire a Obama

Le prime proiezioni Cnn in New Hampshire assegnano a Barack Obama il 67% contro il 33% di John McCain. Lo Stato, che assegna quattro grandi elettori, aveva votato per John Kerry nel 2000 e per George W. Bush nel 2004.

00:31 Primi dati elettorali dall'Indiana, Obama in testa

In base ai primissimi dati elettorali in arrivo dall'Indiana, Obama è in testa al 55% contro il 44% di McCain. Qui, nel 2004, Bush sconfisse Kerry con un margine di 20 punti. I Democratici non vincono in questo Stato dal 1964.

00:24 Primi dati dal Kentucky

Secondo i primi dati elettorali in arrivo dal Kentucky, il senatore McCain ha il 60 per cento dei voti, Obama ha il 38 per cento.

00:06 Chiusi i primi seggi in Indiana e Kentucky

I primi seggi elettorali per le presidenziali Usa hanno chiuso alla mezzanotte italiana: sono quelli nell'est dell'Indiana e del Kentucky (dove le operazioni di voto si concludono tra meno di un'ora).

00:03 DrudgeReport, exit poll: Obama in vantaggio in Pennsylvania

Basandosi sui primi exit poll il sito web Drudgereport dice che Obama vince alla grande. Per Drudgereport le interviste condotte all'uscita dei seggi indicano un vantaggio del 15 per cento in Pennsylvania, uno degli Stati chiave.

23:53 Cnn: Exit poll, 72% nuovi elettori è per Obama

L'alta affluenza potrebbe favorire Obama. Stando agli exit poll pubblicati da Cnn, il 72% dei nuovi elettori ha scelto di dare il suo voto al candidato democratico.

23:43 Drudge Report: Exit poll Senato, 58 seggi ai democratici

I democratici potrebbero arrivare a quota 58 senatori. Secondo un'indiscrezione rivelata dal sito Drudgereport, sulla base di primi exit poll in suo possesso, il partito democratico guadagnerebbe 7 seggi al Senato passando dagli attuali 51 seggi a 58, ma non riuscirebbe ad ottenere i 60 senatori necessari per avere una maggioranza "blindata" in Senato.

Dei 35 seggi in palio oggi 23 sono repubblicani e 12 democratici. Secondo l'indiscrezione i democratici manterrebbero dunque i propri senatori e ne strapperebbero 7 ai repubblicani.

23:36 Presidente Usa, stipendio da 400mila dollari l'anno

E' di 400mila dollari l'anno il compenso forfettario previsto per chi, tra Barack Obama e John McCain, sarà eletto nuovo inquilino della Casa Bianca. A questa cifra, corrisposta mensilmente per il servizio prestato durante il mandato, si aggiungono 50mila dollari di rimborso per le spese a cui il presidente dovrà far fronte nello svolgimento dei suoi doveri ufficiali. Il congresso ha la facoltà di decidere un aumento del compenso per il presidente successivo a quello in carica. Ma mancando un'approvazione in tal senso il neopresidente prenderà la stessa 'paga' del suo predecessore George W. Bush.

23:28 Di Caprio al ristorante intona coro pro-Obama

L'attore americano Leonardo Di Caprio ha intonato stasera in un noto ristorante della capitale un coretto pro Obama insieme ad altri commensali. Lo ha riferito un testimone. Di Caprio è a Roma per la presentazione del film 'Nessuna verita, diretto da Ridley Scott.

23:27 Exit poll "blindati" per evitare l'effetto 2004

Fino alle cinque del pomeriggio ora di Washington, le 23 in Italia, non c'è stata traccia di exit poll. E' una precauzione presa dal consorzio dei media americani che li ha commissionati. Solo un piccolo numero di addetti ai lavori, confinato in una stanza, soprannominata "la quarantena", avranno accesso ai primi dati, in genere imprecisissimi. La prudenza serve a evitare che si ripeta quello che è accaduto quattro anni fa, quando i dati sugli exit poll, diffusi già nel primo pomeriggio, ingannarono gli addetti ai lavori portandoli a pronosticare una facile vittoria per il democratico John Kerry, smentita dallo spoglio ufficiale dei seggi.

23:23 Cnn: Economia decisiva nella scelta degli elettori

Gli elettori americani hanno scelto il nuovo presidente pensando all'economia. Lo stimano i primi exit poll diffusi dalla Cnn. Il 62 per cento degli intervistati ha detto che l'economia è stato il primo fattore che ha pesato nel voto. L'Iraq era la priorità del 10 per cento, mentre il nove per cento ha indicato la guerra al terrorismo e il nove per cento la riforma della mutua.

23:14 Per l'Harry's Bar di Parigi ha vinto Obama

Per l'Harry's Bar di Parigi è Barack Obama il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Il candidato democratico ha ottenuto 272 voti e John McCain 170 nello 'straw vote', il voto virtuale nel celebre locale della capitale francese, a due passi dall'Opera.

Dal 1924 il voto virtuale per l'elezione del presidente Usa, all'Harry's Bar di Parigi, degli americani che vivono o sono di passaggio nella capitale francese, ha rispecchiato quasi sempre il risultato ufficiale delle urne. Nel 2004 però diede la vittoria a John Kerry.

23:09 New York, Tim Robbins "sparito" dalle liste elettorali

Ci ha messo parecchie ore a votare l'attore e regista Tim Robbins, che ha visto sparire il suo nome dalle liste elettorali: non c'era quando è arrivato al suo seggio nella 14esima strada di New York, dove peraltro aveva votato anche per le primarie. "Hanno rimosso il mio nome" ha detto ai giornalisti. "Gli scrutatori qui mi conoscono, voto da 15 anni". Ne è nata una lite tra Robbins e gli scrutatori, e solo dopo tre ore e diverse proteste, l'attore è riuscito a votare.

22:53 Paura sul jet di McCain all'atterraggio ad Albuquerque

Paura sull'aereo di John McCain nel corso dell'atterraggio a Albuquerque in New Mexico: il jet della sua campagna elettorale che stava scendendo a terra, ha ripreso bruscamente quota.

L'aereo ha fatto un giro prima di tentare un nuovo atterraggio che non ha avuto problemi. "C'era traffico sulla pistà, ha detto una assistente di volo.

22:52 Cindy vota vestita di bianco, Michelle in nero

Sono andate alle urne una completamente vestita di bianco e l'altra rigorasamente tutta in nero. Per una curiosa coincidenza sono apparse così le due aspiranti first lady americane, Cindy McCain e Michelle Obama, ai seggi elettorali accompagnando i mariti. Hanno entrambe optato per un abbigliamento casual e per un paio di pantaloni, così come hanno entrambe scelto di raccogliere i capelli dietro la nuca. Mise sportiva anche per il numero 2 del ticket repubblicano, Sarah Palin, che accompagnata dal marito Todd ha votato nella sua Wasilla in jeans e giubbotto anche lei con i capell raccolti.

22:29 Obama aspetta scrutinio giocando a basket in albergo

Chiuso nella palestra di un albergo della sua Chicago Barack Obama sta giocando a Basket, in attesa della chiusura delle urne. Il senatore dell'Illinois ha giocato a basket in tutti i momenti cruciali di questa campagna elettorale e per scaricare lo stress e oggi anche per scaramanzia. Anche perchè l'unica volta che non seguì il rito, l'8 gennaio in New Hampshire, perse nelle primarie contro Hillary Clinton.

22:24 Affluenza alle urne da record in Ohio e in Virginia

Affluenza alle urne da record in Ohio e in Virginia, due stati entrambi solidamente repubblicani che potrebbero essere decisivi nella sfida tra John McCain e Barack Obama. Le autorità di Columbus prevedono che circa l'80% degli elettori registrati si recherà ai seggi. Affluenza "fenomenale" anche in Virginia, che dal 1964 non vota per un candidato democratico alla Casa Bianca. Alle 10 di questa mattina, circa il 40% degli elettori registrati aveva già votato, hanno riferito le autorità elettorali dello stato, secondo cui in molti seggi, ancora prima dell'apertura, c'erano già centinaia di persone in fila.

22:07 Le elezioni fanno bene a Wall Street: Dow Jones +3,25%

Wall Street chiude in rialzo in attesa dell'esito delle presidenziali. Il Dow Jones avanza del 3,25% a 9.622,57 punti (+302,74 punti) punti, il Nasdaq sale del 3,12% a 1.780,12 punti, mentre lo S&P 500 segna un progresso del 4,04% rivedendo quota 1.000 punti, a 1.005,36 punti.

22:03 Gente in coda per avere un posto alla festa di Obama

I cancelli non apriranno fino alle 20:30 locali (le 03:30 di mercoledì in Italia), ma dalle prime ore del mattino la folla ha cominciato ad affluire a Chicago a Grant Park, un parco cittadino dove sono state organizzate le celebrazioni per una possibile vittoria di Barack Obama nelle elezioni presidenziali. Lo staff di Obama ha distribuito 65 mila biglietti gratuiti e le autorità locali hanno allestito un'ulteriore area vicina per chi non è tra i possessori dei tagliandi e vuol sbirciare da lontano Obama o quantomeno sentirlo parlare.

21:53 McCain, ancora un comizio in Colorado: "Sento che vinceremo"

Il candidato repubblicano John McCain ha invitato oggi gli elettori a ignorare i sondaggi e le previsioni degli esperti che lo vedono sconfitto. "Niente è inevitabile - ha esclamato in un discorso a Grand Junction, in Colorado, nell'hangar di un aeroporto - L'America è un premio troppo prezioso per non combattere per lei fino all'ultimo respiro". "Sento che la dinamica di queste elezioni è cambiata - ha aggiunto - Sento che vinceremo queste elezioni".

21:26 Repubblicani denunciano intimidazioni Pantere nere a seggio

Due componenti delle 'Pantere nere' avrebbero bloccato l'ingresso di un seggio di Philadelphia e uno di loro, armato di manganello, avrebbe intimidito gli elettori incitandoli a votare per Barack Obama. E' quanto hanno denunciato alcuni repubblicani presenti al seggio, i quali hanno chiesto l'intervento della polizia. Secondo l'inviato della 'Fox News' sul posto, uno dei membri del movimento estremista afroamericano era un osservatore elettorale.

21:15 Bush cerca di aiutare McCain e sceglie di non farsi vedere

Vista la sua attuale impopolarità, il presidente degli Stati Uniti uscente, George W. Bush, ha pensato bene di trascorre defilato la giornata elettorale di oggi, per non pesare con la sua ingombrante presenza sulla sfida tra il candidato democratico Barack Obama e il repubblicano John McCain. Bush resterà così alla Casa Bianca, dove cenerà e seguirà con la moglie Laura i risultati del voto. Un portavoce della presidenza, Scott Stanzel, ha confermato che Bush non comparirà in pubblico e non rilascerà dichiarazioni. Solo la sua portavoce, dana perino, rilascerà un commento quando si saprà il nome del vincitore.

20:46 Segretario Nato: "Partecipazione Usa a missioni non cambierà"

La partecipazione degli Stati Uniti alle missioni della Nato in Afghanistan e Kosovo non cambierà, chiunque sarà il nuovo Presidente americano. Ne è convinto il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer. "Indipendentemente da chi sarà il vincitore delle elezioni, non mi aspetto alcun cambiamento in merito alla politica degli Stati Uniti sull'Afghanistan e il Kosovo", ha dichiarato da Pristina.

20:27 Elettori con dita bagnate da pioggia mandano macchine in tilt

Code lunghissime sotto la pioggia in Virginia e Carolina del Nord, due degli stati che potranno essere cruciali questa notte, anche a causa dei primi problemi e malfunzionamento delle macchine elettorali. E sarebbe stata proprio la pioggia torrenziale a provocare i problemi in Virginia: gli elettori toccando con le mani bagnate di pioggia le schede elettorali non sono riusciti a farle passare poi sulle macchine a lettura ottica, ha spiegato Ryan Enright, portavoce della commissione elettorali. Tanto che gli elettori sono stati invitati ad asciugarsi le mani prima di entrare nella cabina elettorale.

20:24 Hillary vota per Obama e dice: "Spero di lavorare presto con lui"

Hillary Clinton ha votato nel suo seggio di Chappaqua, nello stato di New York, per l'ex rivale Barack Obama. Ha anche dichiarato di essere "ansiosa di poter lavorare presto con il Presidente Obama su tutte le questioni che riguardano il nostro Paese e il mondo".

20:23 Brown rispetta tradizione britannica: nessuna preferenza

Il premier britannico Gordon Brown ha detto di attendere di lavorare con il futuro presidente degli Stati Uniti, quale che sia il vincitore della giornata elettorale di oggi: il democratico Barack Obama o il repubblicano John McCain. Parlando nell'ultimo giorno della sua visita in tre Paesi del Golfo Persico, Brown ha rispettato la regola non scritta che vede i premier britannici non esprimere preferenze sui candidati alla presidenza americana. "Quello che so è che la presidenza americana sarà molto importante nel periodo cruciale che abbiamo davanti a noi ed io aspetto di lavorare con il prossimo presidente, qualunque sia", ha detto Brown alla rete tv Al Arabiya.

19:59 McCain fa causa per ritardi in votazioni New Hampshire

Lo staff del candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain ha fatto causa in New Hampshire contestando l'accesso al voto e in Virginia, che ha una forte concentrazione di basi militari: la campagna di McCain ha chiesto a un tribunale federale una proroga di dieci giorni della scadenza del voto per i militari all'estero.

19:30 Fidel Castro benedice Obama: "E' più intelligente"

Fidel Castro, pur affermando di essere neutrale rispetto alle elezioni statunitensi, è intervenuto con un articolo sulla stampa cubana per definire Obama "più intelligente" del "vecchio e bellicoso" John McCain.

19:27 Puntata di Obama in Indiana per ultimo appello al voto

Lasciata Chicago, dove ha votato accompagnato dalla moglie Michelle e dalle due figlie, Barack Obama è volato in Indiana, per l'ultimo appello agli elettori in uno Stato tradizionalmente repubblicano. "Qui in Indiana sarà una sfida serrata", ha detto il candidato democratico parlando a Indianapolis . Dopo l'ultimo appuntamento in Indiana, il senatore dell'Illinois tornerà a Chicago per attendere i risultati.

19:12 Palin: "Sogno, spero e credo che mi sveglierò vicepresidente"

Sarah Palin ostenta "ottimismo e fiducia" fuori dai seggi di Wasilla, dove ha votato. "Io spero, prego e credo che potrò svegliarmi come vice presidente eletta", ha detto la governatrice dell'Alaska, parlando ai giornalisti, con al fianco il marito Todd. "So che si tratta di un evento storico, qualunque sia il ticket che vincerà", ha aggiunto la Palin, che si è detta contenta di essere tornata nella città di cui è stata anche sindaco al termine della lunga campagna elettorale.

19:06 Zapatero: "Spero che voto Usa ridia fiducia ad economia"

L'elezione del nuovo presidente degli Stati uniti dovrebbe essere "un fattore di fiducia per l'economia e per un ordine internazionale più governabile". E' l'auspicio espresso oggi dal premier spagnolo José Luis Zapatero, che durante una conferenza stampa in occasione della visita del premier ungherese Ferenc Gyurcsany ha indicato che "chiunque sia il vincitore, il governo spagnolo lavorerà con un approccio positivo".

18:58 Ex stratega di Bush Karl Rove prevede vittoria netta di Obama

Si arrende lo stratega delle due campagne elettorali di George W. Bush: secondo Karl Rove, Obama vincerà le presidenziali Usa con 338 grandi elettori (la quota necessaria per l'elezione è di 270) contro i 220 del candidato repubblicano. Il sito di Rove prevede che il candidato democratico alla Casa Bianca si assicurerà la Virginia, l'Ohio, il Colorado e il Nevada, stati tradizionalmente repubblicani, e la sua vittoria sarà schiacciante. McCain limiterà i danni in Indiana, Missouri, North Carolina e Arizona ma nelle roccaforti repubblicane in bilico il suo vantaggio sarà lieve. il sito dello stratega prevede addirittura una vittoria di 10 punti di Obama in Pensylvania.

18:24 Al voto per la Casa Bianca anche astronauti Stazione spaziale

Per le presidenziali Usa 2008 si è votato anche dallo spazio. I due astronauti Greg Chamitoff e Michael Fincke hanno esercitato il loro diritto di elettori inviando il loro voto sulla Terra mentre erano in orbita a 354 chilometri dalla superficie terrestre, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Un responsabile dell'ufficio elettorale di Houston, in Texas, ha inviato le schede elettorali digitali ai due astronauti, che le hanno reinviate sulla Terra debitamente compilate.

18:22 Olmert: "Grazie a Bush, ma chiunque vinca sarà amico di Israele"

Il premier uscente israeliano Ehud Olmert ha avuto oggi calde espressioni di elogio per il sostegno dato a Israele dal presidente George W. Bush e si è detto certo che anche il prossimo inquilino alla Casa Bianca, sia esso il repubblicano John McCain o il democratico Barack Obama, resterà un forte amico di Israele.

18:12 Cardinal Bertone auspica che Usa lavorino per pace

L'auspicio che "tutti lavorino per la pace nel mondo" è stato espresso dal segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, in riferimento alle elezioni americane. "Il nostro auspicio - ha detto - è che tutti lavorino per la pace, per la solidarietà, la giustizia sociale e l'uguaglianza e che gli Stati Uniti, come grande paese, leader nel mondo, continuino a svolgere la loro missione".

17:35 Palin vota in Alaska

"Domani spero, prego e credo di svegliarmi vice-presidente eletto degli Stati Uniti", ha detto oggi la numero due repubblicana Sarah Palin dopo avere votato oggi, in jeans e giubbotto col cappuccio, in un seggio elettorale nella cittadina di Wasilla, in Alaska.

17:31 Anche McCain ha votato

Il candidato repubblicano John McCain ha votato a Phoenix, in Arizona, accompagnato dalla moglie Cindy.

17:31 Allarme code, rischio ritardi

Crescono sempre di più, le code davanti ai seggi elettorali di molti Stati. E così cresce l'allarme su eventuali ritardi.

17:02 Bush invisibile, non appare in pubblico

Il presidente George W. Bush è rimasto alla Casa Bianca oggi, in attesa del risultato del voto, continuando a evitare di comparire in pubblico.

16:59 Nudisti della Florida chiedono di votare senza vestiti

Nel giorno in cui l'America sceglie il suo nuovo presidente, c'è anche chi chiede di presentarsi al seggio nudo. E' quanto ha fatto una comunità di nudisti in Florida, che ha chiesto alle autorità elettorali se sia possibile costituire un apposito seggio. nella sua richiesta la comunità Caliente Resorts, nella Pasco County, domanda se ci sia qualcosa in contrario ad aprire un seggio, o almeno una sezione di un seggio, in cui "i vestiti sono un optional". La legge dello Stato non prevede in modo esplicito nulla in contrario. Ma il responsabile locale alle elezioni si è opposto, sottolineando che non è prevista l'apertura di nuovi seggi.

16:45 In Virginia macchina elettorale in tilt

Va in tilt la macchina elettorale americana in Virginia. Nel seggio di Galax North le macchine del voto, attivate alle 6 di mattina, si sono rotte quasi subito costringendo gli elettori a ritornare al voto sulla scheda di carta. Inoltre solo tre seggi nello Stato su 2349 totali hanno aperto nei tempi previsti, per tutti gli altri è stato un susseguirsi di imprevisti tecnici e di macchine andate in panne per via di "errori umani" come riportato da alcuni giornali locali.

16:27 Sondaggio Tipp, Obama in vantaggio di sette punti

Barack Obama, è avanti di oltre 7 punti, rispetto al suo avversario repubblicano John McCain: lo sostiene un sondaggio appena pubblicato dall'Investor's Business Daily insieme con l'istituto Tipp.

15:55 Obama invia sms ai sostenitori: "Ho votato"

"Ho votato". Dalla campagna d Barack Obama è giunto oggi questo messaggio, indirizzato ai telefonini di molti sostenitori. "I voted", c'è scritto sul messaggino, con un logo ovale con la immagine di una scheda e della bandiera americana.

15:48 Bill Clinton: "Il sogno americano è ancora vivo"

"Il sogno americano è ancora vivo, ed è in buona salute": è questo il senso del voto di oggi secondo Bill Clinton. L'ex presidente si è fermato a parlare con i giornalisti dopo aver votato con la moglie Hillary a Chappaqua: "Domani ci sveglieremo con enormi opportunità ma anche enormi responsabilità, a causa della sfida posta dalla difficile situazione economica".

15:32 I coniugi Clinton votano a Chappaqua

Hillary e Bill Clinton hanno votato oggi vicino casa, in un seggio di Chappaqua, alle porte di New York. La ex First Lady rivale di Barack Obama alle primarie e il marito ex presidente hanno votato verso le 9,15 ora locale.

15:26 Valido il voto per posta della nonna di Obama

Il voto della nonna del candidato democratico Barack Obama è valido, nonostante si morta poche ore prima dall'apertura ufficiale dei seggi. ''Una volta che un voto per corrispondenza è stato conteggiato, diventa valido'', ha spiegato la portavoce della campagna democratica Linda Douglass.

15:18 Voto elettronico, problemi anche in New Jersey e Ohio

In alcuni seggi del New Jersey si è dovuto ricorrere alle schede cartacee a causa di guasti alle macchine per il voto elettronico. Un altro tipo di disguido - come il blocco della carta su cui vengono registrati i voti - si è verificato in alcuni seggi dell'Ohio.

15:10 Biden ha votato in Delaware

Il numero due democratico Joe Biden ha votato con la moglie Jill e la madre Catherine in un seggio di Wilmington nel Delaware. Biden fa oggi campagna in Virginia prima di andare a Chicago per aspettare i risultati del voto.

14:53 Obama ha votato

Barack Obama e la moglie Michelle hanno votato alle 7:40 locali, sette ore più tardi in Italia, in una scuola elementare di Chicago. Gli Obama erano accompagnati al seggio vicino alla loro casa di Hyde Park dalle figlie Sasha e Malia. Il candidato democratico è poi partito per l'Indiana per l'ultimo appuntamento della campagna elettorale.

14:13 Fidel Castro: "Obama più intelligente e colto"

Il candidato democratico Barack Obama è "più intelligente, colto ed equanime del suo avversario repubblicano" John McCain. Lo ha detto oggi l'ex presidente cubano Fidel Castro. In un articolo di giornale, Castro ha scritto che "la preoccupazione per i problemi pesanti del mondo non occupa veramente un posto importante nella mente di Obama e ancora di meno in quella" di McCain.

14:06 Obama: "Sarà divertente vedere come andrà a finire"

"Sarà divertente vedere come andrà a finire": così Barack Obama ai giornalisti sull'aereo che ieri notte lo ha riportato a Chicago. Il candidato democratico alla Casa Bianca non ha risposto alle domande dei reporter ma si è limitato a ringraziarli per "aver condiviso questo processo con noi".

14:05 McCain: "E' stata un'esperienza incredibile"

John McCain guarda al passato: "E' stata una delle più incredibili esperienze che una persona può avere", ha detto il candidato repubblicano in una intervista oggi alla Abc. McCain si è detto sicuro della vittoria e ha detto di non avere dubbi su come ha condotto la sua campagna elettorale.

14:03 Primi intoppi in Virginia, Richmond torna alla carta

Primi intoppi ai seggi in Virginia, Stato cruciale dell'Election Day: a Richmond, la capitale, oltre 700 macchine elettorali si sono rotte fermando in alcuni seggi le operazioni di voto e costringendo al ritorno alla scheda su carta. La Virginia è uno dei barometri del voto di oggi. I seggi chiudono alle 19 locali, l'una di notte in Italia.

13:41 Palin scagionata dall'accusa di abuso di potere

La governatrice dell'Alaska Sarah Palin è stata scagionata dall'accusa di aver abusato del suo potere licenziando il capo della polizia Walt Monegan. A decidere in questo senso è stata la Commissione per il personale dell'Alaska, con un rapporto pubblicato poco prima che la candidata repubblicana alla vicepresidenza tornasse a casa per partecipare alle elezioni di oggi.

 

13:26 Los Angeles Times, 30% ha votato in anticipo

Un numero altissimo di elettori americani ha scelto di votare in anticipo, ricorrendo alla possibilità offerta in 32 stati di esprimere il voto per posta o personalmente prima del 4 novembre. Stando alle stime degli esperti citati oggi dal Los Angeles Times, ha già votato il 30 per cento circa di quello che sarà il numero complessivo dei votanti.

13:18 Hamas: "Nuovo presidente impari da errori di Bush"

Hamas spera che chiunque sia eletto nelle odierne elezioni presidenziali negli Stati Uniti "dimostri di aver appreso gli errori di George Bush e che si astenga dal compiere altre catastrofi". Lo ha detto all'Ansa Fawzi Barhum, un dirigente di quel movimento a Gaza. In particolare, il nuovo presidente degli Usa dovrebbe rendersi conto, ha precisato Barhum, che "la democrazia non può essere imposta con la forza".

13:17 Studio: 3% elettori rischia di sbagliare candidato

Non sono solo gli stati in bilico che potranno fare la differenza. C'è infatti la possibilità che i votanti commettano degli errori di voto nell'usare le macchine elettorali, finendo per scegliere il candidato opposto a quello voluto, quindi McCain al posto di Obama o viceversa. Un'evenienza che, secondo uno studio dell'unoversità del Maryland, può capitare circa nel 3% dei casi.

12:53 Ultimo sondaggio Cnn, Obama sempre in vantaggio

Chiaro vantaggio per Barack Obama all'apertura delle operazioni di voto nei primi stati americani nonostante il leggero recupero di McCain. Il candidato repubblicano ha leggermente recuperato terreno ma ugualmente Obama tiene un vantaggio di 7 punti al 51% contro il 44% dell'avversario. E' quanto emerge dall'ultimo super sondaggio di Cnn, elaborato sulla base dei 10 più recenti sondaggi nazionali.

12:50 La giornata di Obama e quella di McCain

Barack Obama vota In Illinois, poi gioca a basket - una tradizione ogni volta che si è votato nelle primarie - e ha un ultimo appuntamento con gli elettori in Indiana prima di tornare a Chicago per la festa elettorale del Grant Park. Giornata di campagna in extremis per John McCain che vota in Arizona poi fa comizi in Colorado e New Mexico prima di rientrare al Biltmore Hotel di Phoenix per aspettare in risultati.

12:40 Virginia, lunghe file ai seggi

Lunghe file ai seggi per l'America che vota per cambiare la storia dopo 22 mesi di campagna elettorale: a Norfolk in Virginia, gli elettori si sono messi pazientemente in fila sotto la pioggia fin dalle 4,30 del mattino, a seggi ancora chiusi. In Virginia, uno degli Stati barometro del risultato, i seggi chiudono alle 19, l'una di notte in Italia.

12:32 Morte della nonna, valanga di messaggi di condoglianze

Una folta schiera di americani commossi ha iniziato a inviare messaggi a Barack Obama per la morte della nonna su un'apposito registro delle condoglianze aperto sul sito del Chicago Tribune. Tutti mandano le loro preghiere per Obama e la sua famiglia, e molti parlano dell'importanza che hanno avuto le nonne nella loro vita. Ma è anche diffuso il rimpianto al pensiero che Madelyn Dunham non abbia potuto arrivare al giorno del voto e in tanti le mandano il loro ringraziamento per come ha allevato il nipote.

12:13 Aperti in seggi in diversi Stati

I seggi si sono aperti alle 6 del mattino, mezzogiorno in Italia, in Connecticut, Indiana, New York, parte del Maine, New Jersey, in Rhode Island e Kentucky.

12:01 In Kenya già si festeggia

Il Kenya sta già festeggiando, ma anche in molti pregano, affollando le chiese: nessuno dubita della vittoria nelle presidenziali americane del quasi concittadino Barack Obama, il cui padre nacque qui, in un piccolissimo villaggio del nord ovest.

11:46 Karl Rove getta la spugna: "Vincerà Obama"

Fino all'ultimo ha sperato in una rimonta di John McCain, ricordando agli elettori che "in sondaggi spesso si sbagliano, come è successo nel 2000 e nel 2008", ma arrivati all'election day Karl Rove getta la spugna e riconosce che tutto indica un'inevitabile vittoria di di Barack Obama. Sul sito dell'architetto delle vittorie di George Bush l'ultima proiezione prospetta una vittoria a valanga per il democratico con 338 voti elettorali, contro i 200 di McCain.

11:29 Cina si augura "relazioni stabili" col prossimo presidente

Il governo cinese "guarda con attenzione" alle imminenti elezioni elettorali americane, ma non si sbilancia sui possibili risultati. "Speriamo che a prescindere da quale partito governerà gli Stati Uniti, la cooperazione sino-americana continui a procedere in maniera stabile e sana", ha commentato oggi il portavoce del Ministero degli esteri cinese Qin Gang.

11:19 Ma c'è stato anche il voto di mezzanotte...

Nel primo appuntamento con le urne, i residenti di due minuscole cittadine del New Hampshire hanno simbolicamente dato il via alle consultazioni: votando a mezzanotte esatta (peculiarita' ormai storica per i 75 abitanti) gli elettori di Dixville Notch hanno votato 15-6 a favore di Barack Obama che continua a primeggiare nei sondaggi nazionali. Un voto, questo, che assume una valenza tutta particolare perché la piccola città ha sempre votato il partito repubblicano dal 1968. Anche Hart's Location ha espresso il suo voto a mezzanotte: 42 residenti), 17 voti a Obama e 10 a McCain.

11:17 Cominciato l'election day, aperti i seggi nel Vermont

Negli Usa è cominciato l'election day. Alle 5 del mattina, le 11 in Italia, i seggi si sono aperti nello Stato nord-orientale del Vermont.

11:15 Obama-McCain, il giorno del giudizio

Barackck Obama e John McCain sono finalmente alla prova delle urne: dopo la più combattuta campagna elettorale della storia, gli americani scelgono oggi il nuovo inquilino della Casa Bianca. E' attesa un'affluenza record: 130 milioni di cittadini, che sceglieranno il successore di George W. Bush. I sondaggi danno saldamente in testa il candidato democratico.

 

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2008-12-01

Obama e il nuovo inizio: lotta al terrorismo e sfide globali

Per l'America "è tempo di un nuovo inizio per affrontare le sfide globali del mondo", prima fra tutte quella al terrorismo. E il nuovo inizio il presidente eletto, Barack Obama, lo presenta a Chicago, con la sua squadra. E con un discorso a tutto campo, nel quale ribadisce il ruolo chiave degli Stati Uniti nella politica e nell'economia mondiale.

Le sfide internazionali che si presentano all'America sono pari a quelle dell'economia ha detto Obama. E in primo piano c'è la sicurezza: la politica di sicurezza nazionale è "bipartisan" ha dichiarato. "Davanti alla sicurezza della nazione e del nostro popolo non siamo né democratici né repubblicani: siamo americani. Da qui l'intento di rafforzare "la nostra capacità di sconfiggere i nostri nemici e portare aiuto ai nostri amici. Rinnoveremo le nostre alleanze e rafforzeremo le nostre partnership. Dimostreremo ancora una volta al mondo intero che l'America è capace di difendere senza esitazione il suo popolo".

Parlando della squadra e del team di sicurezza nazionale il presidente ha ribadito che le persone che ha scelto condividono il suo "pragmatismo sull'uso dei poteri" e il suo obiettivo di "un ruolo dell'America come leader nel mondo". Una di queste è Susan Rice come ambasciatrice degli Usa all'Onu. "Susan porterà il messaggio che il nostro impegno per azioni multilaterali - ha detto Obama - deve essere accompagnato da un impegno per la riforma. Abbiamo bisogno di un'Onu che sia più efficace come luogo di azione collettiva, contro il terrorismo e la proliferazione, sul cambiamento climatico e contro il genocidio, sulla povertà e contro le malattie". Obama ha confermato che la Rice, come era accaduto in altre amministrazioni americane, avrà una posizione di livello ministeriale e farà parte del gabinetto del presidente. Susan Rice, parlando nella conferenza stampa a Chicago, ha confermato che l'impegno principale dell'amministrazione Obama nei confronti dell'Onu sarà quello di "rafforzare le capacità dell'organizzazione e perseguirne una riforma". La Rice ha ricordato che gli Stati Uniti "sono stati una parte essenziale nella creazione dell'Onu" e intendono ora aumentare il loro impegno nell'organizzazione. "Nessuno dei nostri obiettivi può essere raggiunto dall' America da sola", ha detto la Rice, promettendo maggiore collaborazione internazionale rispetto agli anni scorsi.

Sempre sulle Nazioni Unite inoltre il presidente statunitense commenta che sono "un forum indispensabile, e imperfetto", e hanno un ruolo decisivo in un mondo in cui "sfide globali richiedono istituzioni globali che funzionino".

Obama ha infine ribadito il suo cordoglio e la sua vicinanza all'India colpita dagli attacchi terroristici di Mumbai. Il terrorismo - ha detto - è una minaccia globale che richiede una risposta globale, "il nostro destino è condiviso e correlato con il destino del mondo", e l'India "è più forte dei terroristi che la vogliono piegare".

L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America": ha sottolineato anche Hillary Clinton, nominata come prossimo segretario di Stato. La Clinton, parlando a Chicago a fianco di Obama, ha promesso che l'America "tornerà di nuovo" a collaborare con il resto del mondo nell'affrontare le crisi planetarie.

01 Dec 2008

 

 

 

2008-11-22

Obama: rischio deflazione, un piano per 2,5 milioni di posti di lavoro entro 2011

Il presidente eletto degli Usa Barack Obama promette la creazione di 2 milioni e mezzo di posti di lavoro entro il gennaio 2011. Obama ha incaricato a questo scopo i suoi consiglieri economici di stilare un piano i cui dettagli, ha detto nel messaggio radiofonico settimanale, saranno resi noti nelle prossime settimane. Il piano, di durata biennale, "stimolerà la creazione di lavoro in America e getterà le fondamenta - ha spiegato Obama - per una economia forte e in crescita".

Nel proprio secondo messaggio del sabato alla Nazione, diffuso anche in un video formato YouTube sul sito della transizione (www.change.gov), Obama ha descritto le difficoltà economiche del Paese, sottolineando che alla perdite dei posti di lavoro e al crollo del mercato immobiliare si aggiunge ora anche "il rischio di cadere in una spirale deflazionistica che potrebbe aumentare ulteriormente il nostro massiccio debito". "Non ci sono soluzioni rapide o facili a questa crisi, che è andata creandosi nel corso di molti anni - ha detto Obama, secondo il testo anticipato ai media - ed è probabile che peggiorerà prima di migliorare". Ma il presidente eletto ha promesso che dal 20 gennaio, il giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, scatteranno immediate contromisure.

"Ho dato disposizione al mio team economico - ha affermato - di mettere a punto un piano di ripresa economica che significherà 2,5 milioni di posti di lavoro in più entro il gennaio 2011: un piano ampio abbastanza da far fronte alle sfide che affrontiamo e che intendo firmare appena insediato". Obama ha detto che i dettagli emergeranno nelle prossime settimane, ma che si tratterà "di uno sforzo nazionale di due anni" per l'occupazioni e la crescita economica, basato, tra l' altro, su opere pubbliche e su iniziative nel campo della ricerca e dello sviluppo di fonti d'energia alternative. Il presidente eletto ha sottolineato che si tratta di un piano di portata epocale che richiederà un appoggio a Washington anche da parte dei repubblicani all'opposizione.

Il messaggio settimanale di Obama precede un probabile annuncio pubblico da parte del presidente eletto, alla riapertura dei mercati lunedì, nel quale secondo fonti del suo staff dovrebbe indicare ulteriori linee di politica economica e annunciare almeno due nomine: quella di Timothy Geithner, presidente della Fed di New York, a ministro del Tesoro e di Bill Richardson, governatore del New Mexico, a ministro del Commercio.

22 Nov 2008

 

 

 

2008-11-08

Obama si rimbocca le maniche: "È la nostra crisi più grave"

"Non sarà facile uscire dal fosso"

barack obama, usa

Affronterà "di petto" la crisi economica. Perché è quella la prima emergenza degli Stati Uniti, e non solo. Barack Obama parla alla nazione, nella sua prima conferenza stampa da presidente. E non racconta favole. Il suo è uno spietato discorso sulla "la crisi economica più grave della nostra vita" nel corso del quale non esita a dire che "non sarà facile né rapido per il Paese uscire dal fosso".

Per lui, comunque, si comincia dalla classe media: obiettivo stimolare i consumi, "un piano di incentivi che vada in soccorso" lo chiama. Ma non dimentica chi un lavoro nemmeno ce l’ha. Per questo ha spiegato che "un ulteriore prolungamento dei sussidi di disoccupazione è una priorità", anche considerando che la percentuale di chi è senza lavoro non è mai stata così alta negli ultimi 14 anni.

Quanto alla politica estera Obama si limita a dire che "risponderò appropriatamente alla lettera che ho ricevuto dal presidente iraniano Akhmadinejad: oggi – aggiunge – dico solo quanto ho detto durante la campagna: un eventuale programma di sviluppo nucleare è inaccettabile".

Intanto, il neo presidente continua il suo lavoro di formazione della nuova squadra. I nomi avrebbero dovuto uscire già venerdì, ma per ora è tutto rimandato. Tra le cariche più importanti da decidere c’è quella del futuro segretario al Tesoro. Tra i papabili ci sono l'ex presidente della Fed, Paul Volcker, l'ex ministro del Tesoro di Bill Clinton, Larry Summers, e Timothy Geithner, presidente della Fed di New York. Unica certezza per ora è il nome del nuovo Capo di gabinetto alla Casa Bianca: Rahm Emanuel ha accettato l’incarico. Emanuel, veterano dell'amministrazione del presidente Bill Clinton, ha fama di essere stratega politico di larghe vedute ed è stato presidente della commissione elettorale democratica quando, due anni fa, i democratici hanno riconquistato il controllo del Congresso per la prima volta in oltre un decennio. Figlio di un'ebrea americana e di un israeliano, immigrato negli Stati Uniti, Emanuel, 38 anni, secondo il quotidiano "Haaretz", ha compiuto un breve periodo di servizio militare in Israele nel 1997, e nel 1991, nei mesi che hanno preceduto il conflitto nel Golfo, ha prestato servizio come volontario in un'officina dell' esercito israeliano per la riparazione di carri armati. Il quotidiano israeliano "Maariv" gli ha dedicato un titolo eloquente: "Il nostro uomo alla Casa Bianca".

Pubblicato il: 07.11.08

Modificato il: 08.11.08 alle ore 9.01

 

 

 

2008-11-07

"Il cambiamento è iniziato" Le difficili sfide di Barack

Maddalena Loy

George W. Bush se ne va, foto Ap

Gli Stati Uniti celebrano l'elezione di Barack Obama, ma i cittadini americani dovranno aspettare ben 77 giorni - fino al 20 di gennaio - prima che il neo presidente si insedi alla Casa Bianca. Il senatore dell'Illinois non vuole tuttavia ripetere l'errore di Bill Clinton, che nel 1992 nominò il suo staff soltanto a pochi giorni dall'insediamento. Così, considerata anche la particolare contingenza economica globale, una squadra governativa dovrebbe essere nominata entro la prossima settimana. Obama, secondo il Washington Post, ha intenzione di agire "senza precipitazione, ma velocemente". L'obiettivo del neo presidente sarebbe di evitare che – come ha scritto il New York Times - George W. Bush non faccia ulteriori danni nelle ultime settimane del suo mandato.

Nell'editoriale intitolato "Così poco tempo, così tanti danni", l'autorevole quotidiano newyorkese ha elencato una serie di cambiamenti a "regole e regolamenti" in settori come le libertà civili, l'ambiente e l'aborto, le cui conseguenze si potrebbero far sentire per mesi: dalle nuove linee guida dell'Fbi tese a limitare ulteriormente la privacy dei cittadini, a norme più morbide su inquinamento e protezione delle specie in pericolo. Infine, l'aborto: secondo il giornale, "subito dopo il voto, il segretario alla Sanità Michael Leavitt dovrebbe diramare nuovi regolamenti tesi a limitare ulteriormente l'accesso delle donne all'aborto, ai contraccettivi e alle informazioni sulla cure per la riproduzione".

In tutto questo, chiosa il New York Times, ci sono tuttavia delle buone notizie: "Mentre Bush lascerà l'incarico il 20 gennaio, ha solo tempo fino al 20 novembre per cambiamenti "economicamente significativi" e fino al 20 dicembre per farne di altri: tutto quello che ci sarà dopo potrà facilmente essere ritirato dal neoeletto presidente. Una volta insediato a Washington, Obama dovrà immediatamente affrontare i temi caldi di attualità. Ecco in sintesi, punto per punto, quale sarà l'agenda del presidente a breve-media scadenza.

Crisi economica Passata l'euforia dell'elezione, Barack dovrà affrontare la recessione che si sta abbattendo sull'economia americana e mondiale, a fronte di una reazione dei mercati, all'indomani del voto, piuttosto sobria. Il Dipartimento del Lavoro nel mese di ottobre ha registrato 157.000 nuovi disoccupati. George W. Bush ospiterà, il prossimo 15 novembre, il summit dei leader mondiali a Washington incentrato sulla crisi. Ma Obama ha già consultato telefonicamente Henri Paulson, Segretario del Tesoro uscente, per ribadire le proprie misure anticrisi alla vigilia del vertice: moratoria di 90 giorni sul sequestro di beni immobiliari ipotecati presso alcune banche, riduzione d'imposta di 3mila dollari per le imprese ad ogni nuovo impiego e riduzione d'imposta per facilitare gli investimenti nelle piccole imprese.

Nomine Il futuro Segretario del Tesoro, che sarà nominato – sempre secondo il New York Times - entro il Giorno del Ringraziamento che cade il 27 novembre, erediterà una delle poltrone più calde di Washington: Obama sta pensando a Lawrence H. Summers, che ha già ricoperto l'incarico e al presidente della Federal Reserve Bank di New York, e a Timothy F. Geithner. Meno probabile la nomina dell'ex presidente della Federal Reserve (sotto Carter e Reagan) Paul Volcker, classe 1927. Quanto agli altri incarichi governativi, a capo dello staff della Casa Bianca Obama dovrebbe nominare il suo vecchio amico e alleato di Chicago Rahm Emmanuel, mentre il coordinamento del governo di transizione dovrebbe essere affidato a un ex esponente dell'amministrazione Clinton, l'ex responsabile dello Staff della Casa Bianca John D.Podesta.

Quanto alla lista dei ministri, all'Istruzione si fa il nome del Cancelliere delle Scuole di New York, Joel I. Klein, mentre alla Sicurezza Nazionale potrebbe arrivare l'ex generale dei marine in pensione Jim Jones. Jim Cooper potrebbe occuparsi del Bilancio. Alla Giustizia si parla di Heric H. Holder Ir. (ex uomo di Clinton ma anche amico personale di Obama) o della governatrice dell'Arizona, Janet Napolitano.

Iraq, Iran e Pakistan Il neo presidente dovrà prendere in tempi rapidi importanti decisioni che riguardano la sicurezza nazionale, dalla guerra in Iraq – dove gli Usa hanno impegnato 150mila militari - al programma nucleare iraniano, passando per l'instabilità in Pakistan che contagia l'intera regione. Il programma di Obama prevede il ritiro dall'Iraq in 16 mesi, ma i vertici militari - Mike Mullen e David Petraeus – hanno pubblicamente dichiarato di opporsi ad un'agenda prestabilita. Il Pentagono ha tuttavia reso noto di voler fare il possibile per assicurare alla nuova amministrazione un efficace passaggio di consegne.

Afghanistan Obama ha dichiarato di voler rafforzare il contingente americano in Afghanistan, ma i vertici militari hanno fatto sapere che ciò sarà possibile soltanto tagliando le truppe in Iraq. Fonti vicine al Pentagono prevedono l'invio di circa 4mila uomini all'inizio del 2009. Il governo afghano ha manifestato un rinnovato interesse nella riconciliazione con i Talebani: l'amministrazione Obama dovrà decidere fino a che punto supportarla in questa direzione.

Cina e agenda di Doha L' amministrazione Obama stringerà, con ogni probabilità, la morsa sulla Cina, aprendo la porta a nuove imposizioni sui prodotti cinesi. Non è tuttavia previsto il lancio di nuovi negoziati – almeno nel primo anno di mandato – né pressioni particolari per accelerare la conclusione dei lunghi negoziati di Doha.

Embargo a Cuba Quali misure adotterà la nuova amministrazione Usa rispetto all'embargo a Cuba? Obama ha promesso di "facilitare" le sanzioni "se Cuba muoverà passi significativi verso la democrazia, a partire dalla liberazione dei prigionieri politici". Ma non ha dichiarato di voler porre fine all'embargo, che è in essere da ben dieci mandati presidenziali, sia repubblicani che democratici. E l'Havana per il momento sta alla finestra.

Pubblicato il: 05.11.08

Modificato il: 06.11.08 alle ore 8.36

 

 

 

2008-11-06

"Il cambiamento è iniziato" Le difficili sfide di Barack

Maddalena Loy

George W. Bush se ne va, foto Ap

Gli Stati Uniti celebrano l'elezione di Barack Obama, ma i cittadini americani dovranno aspettare ben 77 giorni - fino al 20 di gennaio - prima che il neo presidente si insedi alla Casa Bianca. Il senatore dell'Illinois non vuole tuttavia ripetere l'errore di Bill Clinton, che nel 1992 nominò il suo staff soltanto a pochi giorni dall'insediamento. Così, considerata anche la particolare contingenza economica globale, una squadra governativa dovrebbe essere nominata entro la prossima settimana. Obama, secondo il Washington Post, ha intenzione di agire "senza precipitazione, ma velocemente". L'obiettivo del neo presidente sarebbe di evitare che – come ha scritto il New York Times - George W. Bush non faccia ulteriori danni nelle ultime settimane del suo mandato.

Nell'editoriale intitolato "Così poco tempo, così tanti danni", l'autorevole quotidiano newyorkese ha elencato una serie di cambiamenti a "regole e regolamenti" in settori come le libertà civili, l'ambiente e l'aborto, le cui conseguenze si potrebbero far sentire per mesi: dalle nuove linee guida dell'Fbi tese a limitare ulteriormente la privacy dei cittadini, a norme più morbide su inquinamento e protezione delle specie in pericolo. Infine, l'aborto: secondo il giornale, "subito dopo il voto, il segretario alla Sanità Michael Leavitt dovrebbe diramare nuovi regolamenti tesi a limitare ulteriormente l'accesso delle donne all'aborto, ai contraccettivi e alle informazioni sulla cure per la riproduzione".

In tutto questo, chiosa il New York Times, ci sono tuttavia delle buone notizie: "Mentre Bush lascerà l'incarico il 20 gennaio, ha solo tempo fino al 20 novembre per cambiamenti "economicamente significativi" e fino al 20 dicembre per farne di altri: tutto quello che ci sarà dopo potrà facilmente essere ritirato dal neoeletto presidente. Una volta insediato a Washington, Obama dovrà immediatamente affrontare i temi caldi di attualità. Ecco in sintesi, punto per punto, quale sarà l'agenda del presidente a breve-media scadenza.

Crisi economica Passata l'euforia dell'elezione, Barack dovrà affrontare la recessione che si sta abbattendo sull'economia americana e mondiale, a fronte di una reazione dei mercati, all'indomani del voto, piuttosto sobria. Il Dipartimento del Lavoro nel mese di ottobre ha registrato 157.000 nuovi disoccupati. George W. Bush ospiterà, il prossimo 15 novembre, il summit dei leader mondiali a Washington incentrato sulla crisi. Ma Obama ha già consultato telefonicamente Henri Paulson, Segretario del Tesoro uscente, per ribadire le proprie misure anticrisi alla vigilia del vertice: moratoria di 90 giorni sul sequestro di beni immobiliari ipotecati presso alcune banche, riduzione d'imposta di 3mila dollari per le imprese ad ogni nuovo impiego e riduzione d'imposta per facilitare gli investimenti nelle piccole imprese.

Nomine Il futuro Segretario del Tesoro, che sarà nominato – sempre secondo il New York Times - entro il Giorno del Ringraziamento che cade il 27 novembre, erediterà una delle poltrone più calde di Washington: Obama sta pensando a Lawrence H. Summers, che ha già ricoperto l'incarico e al presidente della Federal Reserve Bank di New York, e a Timothy F. Geithner. Meno probabile la nomina dell'ex presidente della Federal Reserve (sotto Carter e Reagan) Paul Volcker, classe 1927. Quanto agli altri incarichi governativi, a capo dello staff della Casa Bianca Obama dovrebbe nominare il suo vecchio amico e alleato di Chicago Rahm Emmanuel, mentre il coordinamento del governo di transizione dovrebbe essere affidato a un ex esponente dell'amministrazione Clinton, l'ex responsabile dello Staff della Casa Bianca John D.Podesta.

Quanto alla lista dei ministri, all'Istruzione si fa il nome del Cancelliere delle Scuole di New York, Joel I. Klein, mentre alla Sicurezza Nazionale potrebbe arrivare l'ex generale dei marine in pensione Jim Jones. Jim Cooper potrebbe occuparsi del Bilancio. Alla Giustizia si parla di Heric H. Holder Ir. (ex uomo di Clinton ma anche amico personale di Obama) o della governatrice dell'Arizona, Janet Napolitano.

Iraq, Iran e Pakistan Il neo presidente dovrà prendere in tempi rapidi importanti decisioni che riguardano la sicurezza nazionale, dalla guerra in Iraq – dove gli Usa hanno impegnato 150mila militari - al programma nucleare iraniano, passando per l'instabilità in Pakistan che contagia l'intera regione. Il programma di Obama prevede il ritiro dall'Iraq in 16 mesi, ma i vertici militari - Mike Mullen e David Petraeus – hanno pubblicamente dichiarato di opporsi ad un'agenda prestabilita. Il Pentagono ha tuttavia reso noto di voler fare il possibile per assicurare alla nuova amministrazione un efficace passaggio di consegne.

Afghanistan Obama ha dichiarato di voler rafforzare il contingente americano in Afghanistan, ma i vertici militari hanno fatto sapere che ciò sarà possibile soltanto tagliando le truppe in Iraq. Fonti vicine al Pentagono prevedono l'invio di circa 4mila uomini all'inizio del 2009. Il governo afghano ha manifestato un rinnovato interesse nella riconciliazione con i Talebani: l'amministrazione Obama dovrà decidere fino a che punto supportarla in questa direzione.

Cina e agenda di Doha L' amministrazione Obama stringerà, con ogni probabilità, la morsa sulla Cina, aprendo la porta a nuove imposizioni sui prodotti cinesi. Non è tuttavia previsto il lancio di nuovi negoziati – almeno nel primo anno di mandato – né pressioni particolari per accelerare la conclusione dei lunghi negoziati di Doha.

Embargo a Cuba Quali misure adotterà la nuova amministrazione Usa rispetto all'embargo a Cuba? Obama ha promesso di "facilitare" le sanzioni "se Cuba muoverà passi significativi verso la democrazia, a partire dalla liberazione dei prigionieri politici". Ma non ha dichiarato di voler porre fine all'embargo, che è in essere da ben dieci mandati presidenziali, sia repubblicani che democratici. E l'Havana per il momento sta alla finestra.

Pubblicato il: 05.11.08

Modificato il: 06.11.08 alle ore 8.36

 

 

 

Obama, via al cambiamento: nuova squadra di governo

George W. Bush se ne va, foto Ap

Comincia a prendere forma la squadra di Governo del nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, eletto martedì con ampia maggioranza di voti elettorali e consenso popolare. Il suo più stretto collaboratore, il capo di Gabinetto, sarà il deputato dell'Illinois Rahm Emanuel, amico e alleato di vecchia data.

Secondo quanto riportato dall'emittente televisiva Nbc, che cita fonti vicine uno dei collaboratori di Obama, Emanuel ha accettato l'offerta di Obama, che ha così voluto mandare un segnale sul fatto che è pronto ad assumersi le proprie responsabilità di presidente lavorando immediatamente alla composizione della squadra che dovrà aiutarlo a guidare il Paese.

L'incarico dato a Emanuel, che prenderà il posto di Joshua Bolten, è di estrema importanza per la Casa Bianca. Il capo di Gabinetto, volendo usare una metafora, è come fosse l'amministratore delegato del Governo, una delle figure più influenti e stretto collaboratore del presidente, di cui ne cura l'agenda quotidiana. Oltre a decidere chi è autorizzato a incontrare il presidente, ha il compito di fare da supervisore alle attività dello staff della Casa Bianca.

Emanuel, veterano dell'amministrazione del presidente Bill Clinton, ha fama di essere stratega politico di larghe vedute ed è stato presidente della commissione elettorale democratica quando, due anni fa, i democratici hanno riconquistato il controllo del Congresso per la prima volta in oltre un decennio.

Il team di collaboratori che aiuterà Obama nel periodo di transizione - il presidente giurerà il prossimo 20 gennaio e solo allora si insedierà alla Casa Bianca - sarà guidato dal John Podesta, capo di Gabinetto durante la presidenza Clinton. Ne faranno parte anche la governatrice dell'Arizona Janet Napolitano, che potrebbe avere un incarico anche nell'amministrazione Obama, Pete Rouse, capo dello staff di Obama in Senato, e Valerie Jarrett, amica del nuovo presidente e consulente della sua campagna elettorale.

La squadra di consulenti comprenderà anche Federico Pena, ex segretario all'Energia e ai Trasporti sotto Clinton, e il segretario al Commercio dell'ex presidente William Daley.

Pubblicato il: 06.11.08

Modificato il: 06.11.08 alle ore 12.51

 

 

 

"Il cambiamento è iniziato" Le difficili sfide di Barack

Maddalena Loy

George W. Bush se ne va, foto Ap

Gli Stati Uniti celebrano l'elezione di Barack Obama, ma i cittadini americani dovranno aspettare ben 77 giorni - fino al 20 di gennaio - prima che il neo presidente si insedi alla Casa Bianca. Il senatore dell'Illinois non vuole tuttavia ripetere l'errore di Bill Clinton, che nel 1992 nominò il suo staff soltanto a pochi giorni dall'insediamento. Così, considerata anche la particolare contingenza economica globale, una squadra governativa dovrebbe essere nominata entro la prossima settimana. Obama, secondo il Washington Post, ha intenzione di agire "senza precipitazione, ma velocemente". L'obiettivo del neo presidente sarebbe di evitare che – come ha scritto il New York Times - George W. Bush non faccia ulteriori danni nelle ultime settimane del suo mandato.

Nell'editoriale intitolato "Così poco tempo, così tanti danni", l'autorevole quotidiano newyorkese ha elencato una serie di cambiamenti a "regole e regolamenti" in settori come le libertà civili, l'ambiente e l'aborto, le cui conseguenze si potrebbero far sentire per mesi: dalle nuove linee guida dell'Fbi tese a limitare ulteriormente la privacy dei cittadini, a norme più morbide su inquinamento e protezione delle specie in pericolo. Infine, l'aborto: secondo il giornale, "subito dopo il voto, il segretario alla Sanità Michael Leavitt dovrebbe diramare nuovi regolamenti tesi a limitare ulteriormente l'accesso delle donne all'aborto, ai contraccettivi e alle informazioni sulla cure per la riproduzione".

In tutto questo, chiosa il New York Times, ci sono tuttavia delle buone notizie: "Mentre Bush lascerà l'incarico il 20 gennaio, ha solo tempo fino al 20 novembre per cambiamenti "economicamente significativi" e fino al 20 dicembre per farne di altri: tutto quello che ci sarà dopo potrà facilmente essere ritirato dal neoeletto presidente. Una volta insediato a Washington, Obama dovrà immediatamente affrontare i temi caldi di attualità. Ecco in sintesi, punto per punto, quale sarà l'agenda del presidente a breve-media scadenza.

Crisi economica Passata l'euforia dell'elezione, Barack dovrà affrontare la recessione che si sta abbattendo sull'economia americana e mondiale, a fronte di una reazione dei mercati, all'indomani del voto, piuttosto sobria. Il Dipartimento del Lavoro nel mese di ottobre ha registrato 157.000 nuovi disoccupati. George W. Bush ospiterà, il prossimo 15 novembre, il summit dei leader mondiali a Washington incentrato sulla crisi. Ma Obama ha già consultato telefonicamente Henri Paulson, Segretario del Tesoro uscente, per ribadire le proprie misure anticrisi alla vigilia del vertice: moratoria di 90 giorni sul sequestro di beni immobiliari ipotecati presso alcune banche, riduzione d'imposta di 3mila dollari per le imprese ad ogni nuovo impiego e riduzione d'imposta per facilitare gli investimenti nelle piccole imprese.

Nomine Il futuro Segretario del Tesoro, che sarà nominato – sempre secondo il New York Times - entro il Giorno del Ringraziamento che cade il 27 novembre, erediterà una delle poltrone più calde di Washington: Obama sta pensando a Lawrence H. Summers, che ha già ricoperto l'incarico e al presidente della Federal Reserve Bank di New York, e a Timothy F. Geithner. Meno probabile la nomina dell'ex presidente della Federal Reserve (sotto Carter e Reagan) Paul Volcker, classe 1927. Quanto agli altri incarichi governativi, a capo dello staff della Casa Bianca Obama dovrebbe nominare il suo vecchio amico e alleato di Chicago Rahm Emmanuel, mentre il coordinamento del governo di transizione dovrebbe essere affidato a un ex esponente dell'amministrazione Clinton, l'ex responsabile dello Staff della Casa Bianca John D.Podesta.

Quanto alla lista dei ministri, all'Istruzione si fa il nome del Cancelliere delle Scuole di New York, Joel I. Klein, mentre alla Sicurezza Nazionale potrebbe arrivare l'ex generale dei marine in pensione Jim Jones. Jim Cooper potrebbe occuparsi del Bilancio. Alla Giustizia si parla di Heric H. Holder Ir. (ex uomo di Clinton ma anche amico personale di Obama) o della governatrice dell'Arizona, Janet Napolitano.

Iraq, Iran e Pakistan Il neo presidente dovrà prendere in tempi rapidi importanti decisioni che riguardano la sicurezza nazionale, dalla guerra in Iraq – dove gli Usa hanno impegnato 150mila militari - al programma nucleare iraniano, passando per l'instabilità in Pakistan che contagia l'intera regione. Il programma di Obama prevede il ritiro dall'Iraq in 16 mesi, ma i vertici militari - Mike Mullen e David Petraeus – hanno pubblicamente dichiarato di opporsi ad un'agenda prestabilita. Il Pentagono ha tuttavia reso noto di voler fare il possibile per assicurare alla nuova amministrazione un efficace passaggio di consegne.

Afghanistan Obama ha dichiarato di voler rafforzare il contingente americano in Afghanistan, ma i vertici militari hanno fatto sapere che ciò sarà possibile soltanto tagliando le truppe in Iraq. Fonti vicine al Pentagono prevedono l'invio di circa 4mila uomini all'inizio del 2009. Il governo afghano ha manifestato un rinnovato interesse nella riconciliazione con i Talebani: l'amministrazione Obama dovrà decidere fino a che punto supportarla in questa direzione.

Cina e agenda di Doha L' amministrazione Obama stringerà, con ogni probabilità, la morsa sulla Cina, aprendo la porta a nuove imposizioni sui prodotti cinesi. Non è tuttavia previsto il lancio di nuovi negoziati – almeno nel primo anno di mandato – né pressioni particolari per accelerare la conclusione dei lunghi negoziati di Doha.

Embargo a Cuba Quali misure adotterà la nuova amministrazione Usa rispetto all'embargo a Cuba? Obama ha promesso di "facilitare" le sanzioni "se Cuba muoverà passi significativi verso la democrazia, a partire dalla liberazione dei prigionieri politici". Ma non ha dichiarato di voler porre fine all'embargo, che è in essere da ben dieci mandati presidenziali, sia repubblicani che democratici. E l'Havana per il momento sta alla finestra.

Pubblicato il: 05.11.08

Modificato il: 06.11.08 alle ore 8.36

 

 

 

Effetto Obama su Senato, Congresso e governatori: Democratici mai così forti

Massimo Franchi

Obama con i giornalisti a Capitol Hill, foto Ap

La più ampia maggioranza parlamentare dai tempi della morte di Kennedy. L'elezione di Barack Obama porta con sé un terremoto politico dalle proporzioni devastanti per i Repubblicani. Obama parla di governo condiviso, ma potrebbe benissimo governare da solo senza paura dell'opposizione repubblicana, impedendo loro di poter fare ostruzionismo (filibustering, come lo chiamano gli anglosassoni).

I Democratici conquistano 5 seggi in più al Senato e portano la loro maggioranza a 56 contro 41 (due senatori ex democratici sono diventati indipendenti, Joe Liberman, ex candidato vicepresidente di Al Gore ha fatto addirittura campagna per McCain). Solo Jimmy Carter e Lyndon Johnson raggiunsero la quota di 60 senatori. In più i seggi sono conquistati in Stati tradizionalmente repubblicani come il Colorado, il New Mexico, Virginia, North Carolina e New Hampshire.

Tra i senatori confermati anche il neo vicepresidente Joe Biden che ha vinto facilmente nel suo Delaware, stato da cui viene eletto fin dal lontano 1972. Anche l'ex candidato presidenziale John Kerry è stato riconfermato senatore del Massachussetts con ben il 66% dei voti.

I risultati di due duelli di spicco al Senato non sono attesi immediatamente. Il primo, in Minnesota, vede il comico Al Franken, un democratico, leggermente in testa rispetto al repubblicano Norm Coleman, noto soprattutto per essere stato uno dei critici più feroci dell'Onu. Ambedue sono intorno al 42%. Il secondo duello si svolge in Alaska e vede il senatore uscente Ted Stevens, il più longevo al Senato, leggermente in testa davanti al sindaco di Anchorage, Mark Begich, un democratico. Il risultato ottenuto da Stevens, appena condannato per corruzione, ha stupito gli osservatori. Circa un abitante dell'Alaska su due è pronto a rimandare al Senato un politico che ha subito una condanna, anche se l'entità della pena sarà nota solo nelle prossime settimane.

Alla Camera dei rappresentanti va ancora meglio: strappati 20 seggi ai Repubblicani rafforzando la maggioranza (252 contro 173) ora schiacciante.

Anche nell'elezioni dei governatori degli Stati i democratici hanno sfruttato l'effetto Obama hanno vinto 7 degli Stati che andavano al voto portando il conteggio sul 29-21. A dir la verità l'unico stato che ha cambiato "colore" è il Missouri strappato ai repubblicani da un democratico dal nome molto particolare: Jay Nixon, vincitore con il 58% dei voti.

Infine, tra gli altri temi, in California i fautori del referendum per proibire le nozze omosessuali, autorizzate nello Stato, sono in testa, 52 contro 48%, ma lo spoglio non è ancora terminato. Se, come è possibile, vinceranno i promotori del referendum, per le circa 18mila coppie dello stesso sesso che si sono sposate in questi ultimi quattro mesi e mezzo, inizierà un lungo periodo di incertezza.

Pubblicato il: 05.11.08

Modificato il: 05.11.08 alle ore 18.19

 

 

2008-11-05

 

I dati: Obama 338, McCain 160

Poco dopo le otto di mattina in Italia, il presidente eletto degli Usa, Barack Obama, ha ottenuto 338 voti elettorali, il candidato repubblicano, John McCain, 160 voti.

I voti di Obama vengono da Vermont (3), Virginia (13), Ohio (20) Connecticut (7), Delaware (3), Distretto di Columbia (3), Illinois (21), Maine (4), Maryland (10), Massachusetts (12), New Hampshire (4),New Jersey (15), Pennsylvania (21), Michigan (17), Minnesota (10), New Mexico (5), New York (31), Rhode Island (4), Wisconsin (10), Iowa (7), Nevada (5), California (55), Oregon (7), Stato di Washington (11), Florida (27), Hawaii (4).

I voti di McCain vengono da Georgia (15) Kentucky (8), South Carolina (8), West Virginia (5), Alabama (9), Mississippi (6), Tennessee (11), Oklahoma (7), Kansas (6), Lousiana (9), South Dakota (3), Arkansas (6), North Dakota (3), Texas (34) Wyoming (3), Utah (5), Idaho (4), Nebraska (5), Arizona (10), Alaska (3).

Per essere eletto alla Casa Bianca occorrevano 270 voti elettorali.

Pubblicato il: 05.11.08

Modificato il: 05.11.08 alle ore 8.25

 

 

 

 

L'America ha un Presidente nero Barack Obama realizza il sogno

"Nulla in questo paese è impossibile"

Da Chicago, Roberto Rezzo

obama, elezioni usa

In America e' un altro giorno: Barack Obama e' il 44mo presidente degli Stati Uniti. Il primo afro americano pronto a varcare la soglia dello Studio Ovale al 1600 di Pennsylvania Avenue.

Sono le dieci in punto, ora di Chicago, quando la Cnn proietta la vittoria di Barack Obama alle presidenziali del 2008. Non appena la notizia appare in sovrimpressione sugli schermi Jumbotronic disseminati nell'area di Grant Park, un boato si leva dalla folla in attesa dei risultati. Non ci sono ancora dati ufficiali: sulla carta l'area verde dovrebbe contenere più o meno 100mila persone, ma sono le stesse forze dell'ordine a stimare una partecipazione attorno al milione di persone. Tutta la zona Downtown si e' trasformata in una gigantesca festa di piazza. E nonostante le misure di sicurezza, le transenne, i camion della nettezza urbana usati a mo' di sbarramento, l'atteggiamento della polizia per una volta non è ostile. Chicago è la città di Obama.

Due ore dopo, Obama sale sul palco. Accompagnato dalla moglie e dalle due bambine. "Se qualcuno ancora aveva dei dubbi sul fatto che l'America sia la terra delle infinite possibilità - esordisce - questa notte ha avuto una risposta". Ha un'espressione stanca ma felice. Come quella di chi ha appena superato l'esame della sua vita. E sente l'adrenalina venirgli meno. "Hanno votato ricchi e poveri. Democratici e repubblicani. Etero e gay. Bianchi, neri, gialli. Disabili e non disabili. Persone che hanno votato per la prima volta nella loro vita, convinte che questa volta le loro voci saranno ascoltate. L'America ha lanciato un messaggio al mondo: non siamo la somma di tante diversità. La somma di Stati bianchi e blu. Siamo gli Stati Uniti d'America".

Non è stato necessario aspettare la fine degli scrutini per rendersi conto che il repubblicano John McCain l'ha spuntata solo in una manciata di Stati meridionali: Alabama, Georgia, Mississippi, Missouri. Oltre all'Arizona e al Nebraska. Quando gli exit poll attribuiscono a Obama la vittoria in Florida, in Virginia e in Pennsylvania, e' chiaro che i giochi sono chiusi. McCain ringrazia i sostenitori dalla sala delle feste di un golf club a Phoenix in Arizona e si prende la colpa della sconfitta. E' molto di piu': e' la vera fine dell'amministrazione Bush e dell'egemonia neocon sulla politica americana. Sarah Palin, governatore dell'Arkansas, che sino all'ultimo ha pregato di entrare alla Casa Bianca come vice presidente, non riesce a nascondere un'espressione di rabbia e dolore.

"Vi ascolterò sempre - promette Obama in mondovisione - Soprattutto quando non saremo d'accordo. Quello che è cominciato 21 mesi fa non finisce stanotte. La nostra sfida comincia adesso". Un leader storico della black politic, il reverendo Jessie Jackson, piange. E sono lacrime di gioia. E finalmente dagli altoparlanti arriva la musica: Bruce Springsteen.

Intanto, mentre procede lo spoglio delle schede, appare chiaro che i democratici consolidano la maggioranza alla Camera.

Pubblicato il: 05.11.08

Modificato il: 05.11.08 alle ore 9.21

 

 

Le reazioni del mondo: da Napolitano a Sarkozy

Il democratico Barack Obama ha vinto la storica sfida contro il repubblicano John McCain dopo due anni di campagna elettorale, diventando il primo presidente nero degli Stati Uniti. E subito sono giunte le reazioni del resto del mondo. "Per noi italiani che ci sentiamo intimamente legati sul piano storico e politico, culturale e umano, al popolo americano e agli Stati Uniti d'America, questo è un grande giorno - è il messaggio che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano -: traiamo dalla sua vittoria e dallo spirito di unità che l'accompagna nuovi motivi di speranza e di fiducia per la causa della libertà, della pace, di un più sicuro e giusto ordine mondiale". "Le giungano le più calorose felicitazioni mie personali e del popolo italiano - scrive Napolitano ad Obama - siamo profondamente impressionati della ineguagliabile prova di forza e di vitalità che la democrazia americana ci ha dato, grazie a una partecipazione senza precedenti alla campagna elettorale e al voto, e grazie alla larghissima adesione a un programma ricco di idealità e di impegni di rinnovamento".

"Con il mondo in tumulto e nel dubbio, il popolo americano, fedele ai valori che hanno sempre definito l'identità americana, ha espresso con forza la sua fiducia nel progresso e nel futuro", ha detto il presidente francese Nicolas Sarkozy. "In un momento in cui dobbiamo fronteggiare difficili sfide insieme, le vostre elezioni hanno suscitato enorme speranza in Francia, in Europa e altrove. La Francia e l'Europa ... troveranno nuova energia per lavorare insieme all'America per preservare la pace e la prosperità nel mondo".

"Spero di incontrare presto il presidente eletto per poter continuare a rafforzare il legame speciale che esiste tra il Canada e gli Stati Uniti", ha detto il primo ministro canadese Stephen Harper. "Nelle settimane e nei mesi che verranno funzionari e diplomatici canadesi lavoreranno a stretto contatto con membri del team di transizione del presidente eletto Obama. I ministri del nostro governo vogliono costruire forti relazioni di lavoro con le controparti nella nuova amministrazione di Obama".

"Il governo neozelandese desidera caldamente lavorare con la nuova amministrazione di Obama", ha detto il primo ministro neozelandese Helen Clark. "Il senatore Obama assumerà l'incarico in un momento critico. Ci sono molte difficili sfide che la comunità internazionale deve fronteggiare, inclusa la crisi finanziaria globale e il riscaldamento globale. Noi vogliamo lavorare a stretto contatto con il presidente eletto Obama e la sua squadra su queste sfide".

"Il presidente (Asif Ali) Zardari ha espresso la speranza che le relazioni Pakistan-Usa si intensifichino – ha fatto sapere una nota dell’a ambasciata del Pakistan a Washington - sotto la nuova leadership americana che ha ricevuto un mandato popolare nelle elezioni di martedì".

Pubblicato il: 05.11.08

Modificato il: 05.11.08 alle ore 8.51

 

il SOLE 24 ORE

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2008-12-01

Obama: con Hillary torna il multilateralismo

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1 dicembre 2008

Il presidente eletto degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato le persone che formeranno la sua squadra di governo, responsabile della sicurezza nazionale. Nel corso di una conferenza stampa a Chicago, Obama ha nominato ufficialmente alla guida della diplomazia americana la ex first lady Hillary Clinton, con la quale ha ingaggiato un serrato duello durante le primarie del Partito democratico. "Io e la senatrice Clinton condividiamo la stessa visione sulla politica estera e diplomatica americana", ha dichiarato il presidente eletto. "Sarà un segretario di Stato straordinario, la migliore scelta possibile".

Se la moglie dell'ex presidente Bill Clinton sarà il nuovo segretario di Stato, come segretario alla Difesa Obama ha confermato Robert Gates, ex direttore della Cia e veterano della Guerra fredda, al quale affiderà il compito di "concludere la guerra in Iraq trasferendo con successo il controllo agli iracheni". A proposito delle Forze Armate, Obama ha detto che gli Stati Uniti dovranno continuare a "mantenere l'esercito più forte del pianeta".

Il consigliere per la Sicurezza nazionale sarà invece il generale James Jones, ex comandante della Nato, apprezzato soprattutto per le sue doti politiche che lo portarono a ricoprire un incarico anche nell'Amministrazione Clinton, in qualità di assistente militare dell'allora Segretario alla Difesa, William Cohen.

Sul fronte interno, la Homeland Security, la "sicurezza interna" (immigrazione e antiterrorismo) va ad una fedele alleata di Clinton, il governatore dell'Arizona Janet Napolitano: non a caso esperta nelle questioni legate all'immigrazione clandestina e non a caso alla guida di uno stato di frontiera da ben sei anni. Nuovo "Attorney general", ovvero Ministro della Giustizia, sarà invece Eric Holder, il primo afroamericano a ricoprire l'incarico e con alle spalle una lunga esperienza di procuratore federale: era già stato Vicesegretario di Janet Reno nell'Amministrazione Clinton.

Infine, l'ultima nomina diplomatica: a sostituire Zalmay Khalilzad in qualità di ambasciatore presso le Nazioni Unite sarà Susan Rice, (44enne afroamericana senza alcun rapporto di parentela con Condoleezza), fra i principali consiglieri di politica estera di Obama nel corso della campagna elettorale. Una nomina dichiaratamente all'insegna di una politica assai più multilaterale che nell'era Bush.

Obama ha minimizzato la possibilità che all'interno del suo team per al sicurezza nazionale possano verificarsi rivalità, e ha ricordato che sarà lui a dare un'indirizzo unitario alla politica estera americana. "Credo nelle forti personalità e nelle opinioni forti - ha detto - ma il responsabile per la visione d'insieme di questa squadra sarò io". Obama ha aggiunto che nel mettere assieme questa squadra non è andato a verificare "le affiliazioni politiche", un modo per dire che le sue sono state scelte bipartisan. Il suo modello, ha aggiunto, è l'ex presidente Harry Truman: "Credo nelle personalità forti. Ma la responsabilità sarà mia".

Con questo team composto da personalità di grande esperienza, Obama intende imprimere un profondo cambiamento di rotta rispetto alla linea seguita negli ultimi otto anni dall'amministrazione Bush. Come scrive oggi il New York Times, Obama vuole in particolare rafforzare il corpo diplomatico degli Stati Uniti e il personale delle agenzie umanitarie (come ad esempio l'USAID), per promuovere importanti progetti di sviluppo a livello globale, al fine di prevenire nuovi conflitti e favorire la ricostruzione degli "Stati falliti".

Tuttavia, ancora non è chiaro se questi progetti saranno finanziati con soldi sottratti ai fondi destinati al Pentagono, visto che Obama si è anche impegnato ad aumentare il numero di soldati dispiegati in Afghanistan. Se la nuova amministrazione riuscirà a imprimere questo cambiamento di rotta, "sarà il più grande esperimento di politica estera della presidenza Obama", afferma uno dei suoi consiglieri.

 

 

2008-11-22

Obama: "Il mio piano economico creerà 2,5 milioni di posti di lavoro"

22 novembre 2008

VIDEO / Il discorso settimanale di Obama

Obama sceglie Geithner per il dopo-Paulson

Hillary accetta gli Esteri

Spiato un cellulare di Barack

Barack Obama, presidente eletto degli Stati Uniti, ha promesso agli americani la creazione di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro entro il gennaio 2011, per effetto di un piano di ripresa dell'economia al quale si metterà al lavoro il team economico di cui faranno parte alcuni ministri che si appresta ad annunciare. Nel proprio secondo messaggio del sabato alla Nazione, diffuso anche in un video formato YouTube sul sito della transizione (www.change.gov), Obama ha descritto le difficoltà economiche del Paese, sottolineando che alla perdite dei posti di lavoro e al crollo del mercato immobiliare si aggiunge ora anche "il rischio di cadere in una spirale deflazionistica che potrebbe aumentare ulteriormente il nostro massiccio debito". "Non ci sono soluzioni rapide o facili a questa crisi, che è andata creandosi nel corso di molti anni - ha detto Obama, secondo il testo anticipato ai media - ed è probabile che peggiorerà prima di migliorare".

Ma il presidente eletto ha promesso che dal 20 gennaio, il giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, scatteranno immediate contromisure. "Ho dato disposizione al mio team economico - ha affermato - di mettere a punto un piano di ripresa economica che significherà 2,5 milioni di posti di lavoro in più entro il gennaio 2011: un piano ampio abbastanza da far fronte alle sfide che affrontiamo e che intendo firmare appena insediato".Obama ha detto che i dettagli emergeranno nelle prossime settimane, ma che si tratterà "di uno sforzo nazionale di due anni" per l'occupazioni e la crescita economica, basato, tra l' altro, su opere pubbliche e su iniziative nel campo della ricerca e dello sviluppo di fonti d'energia alternative. Il presidente eletto ha sottolineato che si tratta di un piano di portata epocale che richiederà un appoggio a Washington anche da parte dei repubblicani all'opposizione. Il messaggio settimanale di Obama precede un probabile annuncio pubblico da parte del presidente eletto, alla riapertura dei mercati lunedì, nel quale secondo fonti del suo staff dovrebbe indicare ulteriori linee di politica economica e annunciare almeno due nomine: quella di Timothy Geithner, presidente della Fed di New York, a ministro del Tesoro e di Bill Richardson, governatore del New Mexico, a ministro del Commercio.

 

Obama sceglie Geithner per il dopo-Paulson

di Mario Platero e Luca Veronese

22 Novembre 2008

Hillary accetta gli Esteri

Spiato un cellulare di Barack

Barack Obama ha scelto: sarà Timothy Geithner il successore di Henry Paulson al Tesoro. Il presidente della Federal Reserve di New York dovrà gestire la crisi finanziaria ed economica "più grave della nostra vita", come l'ha definita lo stesso Obama. Dovrà intervenire tra finanza e industria, trovare soluzioni che soddisfino le banche, gli investitori, le istituzioni internazionali, oltre che i cittadini che pagano le tasse, hanno perso il lavoro e hanno un mutuo da pagare.

Geithner è stato preferito a Lawrence Summers, segretario al Tesoro di Bill Clinton. Al professore di Harvard dovrebbe comunque toccare un ruolo di primo piano come consigliere economico di Obama alla Casa Bianca. Un incarico che, secondo fonti vicine al presidente eletto, potrebbe addirittura spianargli la strada verso la guida della Federal Reserve al posto di Ben Bernanke, il cui mandato scade nel gennaio 2010.

Geithner, 47 anni, dal 2003 alla Federal Reserve di New York, la più influente tra le dodici sedi regionali della banca centrale americana, è un grande tecnocrate della politica e della finanza americana che negli anni ha accresciuto la sua esperienza – sempre nelle istituzioni pubbliche – fino a ritagliarsi un ruolo di grande negoziatore in tempi di crisi: al Governo o alla Banca centrale, nei Paesi in via di sviluppo o a Wall Street - nei salvataggi di Bear Stearns e nelle ultime ore di Lehman Brothers - la sua capacità e la rete di contatti che ha saputo costruirsi sono state spesso decisive.

Nato a New York, ha studiato al Dartmouth College, nel New Hampshire, e alla Johns Hopkins University di Baltimora concentrandosi sulla politica internazionale. Ha passato parte della sua vita tra Africa, India, Thailandia, Cina e Giappone, seguendo il padre Peter, dipendente dell'Agenzia americana per lo sviluppo internazionale e poi della Ford Foundation come esperto di Asia. Agli inizi Geithner ha lavorato per la Kissinger Associates, a Washington: "Si muoveva con molta discrezione, senza la minima invadenza; con diplomazia, senza mai sopraffare l'interlocutore", ha ricordato di recente Henry Kissinger. Nel 1988 è passato al Tesoro, salendo tutte le posizioni fino a diventare sottosegretario del Tesoro americano per gli affari internazionali, e mantenendo l'incarico sia con Robert Rubin che con Lawrence Summers nell'amministrazione di Bill Clinton. Ha chiuso negoziati di rilievo con il Giappone e alla Wto. Dal dicembre del 2001, e per i due anni seguenti, è stato invece impegnato con il Fondo monetario internazionale.

Alla Federal Reserve è stato chiamato da Pete Peterson, cofondatore di Blackstone. Da subito è entrato nella cerchia dei protetti di Gerald Corrigan, allora capo della Fed di New York, poi passato a Goldman Sachs. Tra i suoi maestri ci sono, di sicuro, gli ex presidenti della Fed, Alan Greenspan e Paul Volcker; ma anche lo stesso segretario attuale del Tesoro Henry Paulson. Tra i suoi sponsor c'è anche John Thain, amministratore delegato di Merrill Lynch, già alla guida del New York Stock Exchange.

Nel passaggio di Bear Stearns a Jp Morgan, nel marzo scorso, l'intervento di Geithner è stato decisivo: solo il prestito da 29 miliardi di dollari, garantito dalla Fed di New York ha reso possibile l'operazione di salvataggio. "Un finanziamento del tutto straordinario, senza precedenti e che non si ripeterà mai più in futuro", come commentava allora Bernanke. Prima della grande bufera di fine settembre, prima dei piani di aiuti e dei proclami di intervento pubblico, Geithner si era fatto carico di 30 miliardi di dollari di derivati, in gran parte obbligazioni legate a mutui subprime, guadagnandosi non poche critiche per aver forzato, come prima di lui nessuno aveva mai fatto, le regole sulle competenze e le funzioni di sostegno che spettano all'istituto centrale. Nella lunga notte che ha portato al tracollo di Lehman Brothers è stato Geithner a battersi fino all'ultimo per salvare il salvabile, per cercare l'ennesima mediazione chiamando a raccolta i big di Wall Street: e forse proprio in quella trattativa, nonostante il fallimento della storica banca d'affari, si è guadagnato la stima e il rispetto di Barack Obama. Nel suo curriculum c'è anche l'attenzione all'economia mondiale globalizzata: sua la negoziazione per un pacchetto di aiuti da 100 miliardi di dollari per aiutare Brasile, Corea del Sud e Thailandia.

 

 

 

 

Sarà Hillary Clinton il ministro degli Esteri di Obama. La senatrice ha deciso di accettare la carica di segretario di Stato e di rinunciare al seggio in Congresso. Dopo giorni di indiscrezioni sulla sua nomina, ieri è arrivata la conferma del suo staff, anche se manca ancora l'annuncio ufficiale.

Decisivo per lo sblocco delle trattative l'impegno del marito Bill a rendere trasparenti i finanziamenti che riceve per le sue attività filantropiche e di business. Lo staff di Obama ha passato al setaccio tutti i fondi, per evitare accuse di conflitti di interesse tra il ruolo di Hillary e il business del marito.

Barack e Hillary, i due avversari delle primarie, si ritrovano dunque fianco a fianco nella gestione della politica estera americana. Una coppia che dovrà mostrarsi unita di fronte alle numerose sfide che attendono Obama dopo gli anni bui di Bush. Dall'Iraq all'Afghanistan, dal conflitto tra israeliani e palestinesi ai rapporti con Cuba, l'America cercherà di voltare pagina.

Le posizioni dei due ex rivali sui grandi temi di politica estera non sempre coincidono. La Clinton vuole un ritiro rapido dall'Iraq, mentre Obama ha parlato di disimpegno graduale in 16 mesi. Sull'Iran la senatrice di New York ha sempre sostenuto una linea intransigente, mentre il presidente eletto si è detto disponibile a negoziati con Teheran, anche se negli ultimi tempi ha irrigidito la sua posizione. Su un punto chiave sono d'accordo: l'era dell'unilateralismo è finita con Bush, l'America deve tornare a dialogare con il mondo.

Hillary, 61 anni, dovrà dunque ricostruire l'immagine dell'America: è certamente una donna d'azione, come l'attuale segretario di Stato Condoleezza Rice, ma accettando questo ruolo ha scelto di sottomettersi alle esigenze di un gioco di squadra che comporterà mediazioni con le posizioni del Consiglio per la sicurezza nazionale e soprattutto con quelle del vicepresidente Joe Biden, un leader di maggiore anzianità ed esperienza della Clinton al Senato dove era capo della Commissione Esteri. Biden avrebbe preferito al dipartimento di Stato il suo amico John Kerry.

Ieri intanto è stato il giorno di altre nomine, più o meno ufficiali. Nella squadra di Obama entrerà anche, come segretario al Commercio, il governatore del New Mexico, l'ispanico Bill Richardson. Già ministro dell'Energia con Bill Clinton, è stato uno dei primi candidati alle primarie democratiche a farsi da parte, per poi schierarsi con Obama. Patrick Gaspard, ex responsabile del potente sindacato dei lavoratori della sanità e responsabile politico della campagna di Obama, sarà il direttore degli affari politici. Mentre Jackie Norris, che ha fatto campagna per Obama in Iowa, sarà il capo dello staff della First Lady Michelle. (di G.Me.)

 

 

 

2008-11-07

Obama: "Contro la crisi aiuti alla classe media e all'auto"

7 novembre 2008

REUTERS/Carlos Barria (UNITED STATES)

Nel suo primo incontro con la stampa, il neo eletto futuro presidente Usa Barack Obama ha affrontato principalmente i problemi che sta vivendo attualmente l'economia statunitense -e non solo-, ma ha anche accennato alla politica estera e si è concesso una battuta sulla vita personale della propria famiglia, in procinto di recarsi, a partire dal 20 gennaio del prossimo anno, alla Casa Bianca.

Sostegno all'economia

"Un ulteriore prolungamento dei sussidi di disoccupazione è una priorità" per uscire dalla "peggiore crisi della storia degli Stati Uniti". Parlando da Chicago, Obama ha spiegato che "occorre mettere a punto un piano di incentivi che vada in soccorso della classe media" e che dovrebbe essere approvato prima o dopo il suo insediamento alla Casa Bianca.

"Non sarà facile o veloce uscire dal baratro economico in cui si trova il Paese", ha sottolineato Obama, spiegando che "bisognerà evitare un più ampio impatto della crisi sulle imprese" e che "una crisi globale richiede una risposta globale".

"Dieci milioni di famiglie stanno combattendo ogni giorno per pagare le bollette e riuscire a mantenere le loro abitazioni", ha aggiunto Obama. "Le loro storie sono un promemoria urgente del fatto che stiamo affrontando la più grande sfida economica della nostra vita. Dobbiamo agire rapidamente per vincerla".

Il neo presidente, che ha iniziato la conferenza stampa con una ventina di minuti di ritardo, ha sottolineato che "non sarà facile per noi uscire dal buco in cui siamo caduti. Ma l'America è un paese forte e pieno di risorse. So che avremo successo se metteremo da parte partigianerie e rivalità politiche a lavoreremo insieme come una nazione".

Una delle priorità economiche sarà quella di sostenere l'industria dell'auto, definita dal futuro presidente "l'ossatura del settore manifatturiero statunitense", che dovrà produrre "vetture efficienti dal punto di vista del consumo di carburante, ma che siano costruite qui in America".

Politica estera

Obama si è anche soffermato sul tema dello sviluppo nucleare iraniano: "È inaccettabile" che l'Iran sviluppi armi nucleari, aggiungendo che "bisogna condurre uno sforzo internazionale per impedire che ciò avvenga". Obama ha sottolineato anche che il sostegno iraniano alle organizzazioni terroristiche "deve cessare". Obama ha poi confermato di aver ricevuto una lettera da parte del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad dopo la sua vittoria elettorale. "La leggerò e risponderò in modo appropriato" ha detto.

Una risposta rapidissima Obama da dato a una domanda dei giornalisti circa la formazione del suo staff di governo: le nomine, ha spiegato, verranno fatte in "fretta"; ma sarà una fretta "ponderata", e dunque le renderà note "nelle prossime settimane".

Il futuro presidente non si è nemmeno risparmiato una battuta: alla domanda di un giornalista circa quale cane scegliere per le figlie, in seguito a una promessa fatta tempo addietro, ha risposto sorridendo che "questa è la notizia più importante e che ha fatto il giro del mondo". Obama, continuando in tono divertito, ha elencato i due problemi da risolvere: "Malia è allergica", e comunque "vorremmo adottare un cucciolo da un canile". Ma, ovviamente "gran parte dei cani dei canili sono bastardini, come me", ha continuato: "cerchiamo quindi un compromesso".

 

 

 

 

 

2008-11-06

La lezione di Barack Obama ai leader europei

di Sara Bianchi

6 novembre 2008

Nemmeno John Fitzgerald Kennedy aveva fatto tanto. Con il 64,1% di affluenza il presidente eletto degli usa ha battuto JFK, che con Nixon nel 1960, trascinò al voto il 63,8% degli americani. Per trovare una partecipazione elettorale più numerosa bisogna tornare indietro di un secolo, al 1908 (65,7%).

Sono soprattutto giovani uomini e donne, ispanici, afroamericani, molti dei quali non avevano mai votato prima, le persone che Barack Obama nella sfida con John McCain è stato capace di portare alle urne.

Ascolti record anche per le dirette televisive, seguite da 71 milioni di spettatori: solo il super bowl ha fatto meglio (97 milioni).

La macchina organizzativa di Obama difficilmente avrebbe potuto produrre risultati migliori. Il suo staff, guidato da David Axelrod, ha pianificato e condotto una campagna comunicativa di grande efficacia, che ha ribaltato alcuni cardini della comunicazione politica.

Ribaltando la comunicazione Obama ha fatto sentire i cittadini al suo livello

"Il fronte è stato capovolto", dice Marco Marturano, spin doctor di molti politici italiani, di Bill Clinton (nella campagna del 1996) e di Hillary (nel 2000 per il Senato). "Non c'era un candidato che si vendeva ai cittadini, c'era un uomo che faceva sentire i cittadini i veri candidati". Il Presidente eletto "non ha mai voluto vendere la sua straordinarietà, ma la sua normalità".

La sua sfida straordinaria: è riuscito ad essere normale

"È stato il più bravo a saper usare l'idea della sfida impossibile", sottolinea Marturano, sfida prima di tutto "con quello che lui rappresenta". Raccontando se stesso ha raccontato la persona qualunque. "Ha saputo rappresentare quello che in tutto il mondo in questo momento la gente chiederebbe alla politica: un po' di normalità".

 

La capacità di coinvolgere, a tutti i livelli. Prima di tutto attraverso la rete "pensata, come un mezzo di connessione con le persone più che come un mezzo per dare informazione e raccontare il candidato". La rete, dice Marturano "è stata utilizzata come strumento per far diventare gli elettori i veri protagonisti della campagna. Ed è anche diventata il più straordinario mezzo di finanziamento che mai un politico abbia saputo utilizzare".

Il senso delle tappe simbolche della campagna: "Ci uniscono gli stessi ideali"

Barack Obama ha annunciato la sua candidatura da Springfeld, dove Abraham Lincoln pronunciò il discorso contro la schiavitù; per parlare all'Europa ha scelto Berlino, da dove John Fitzgerald Kennedy nel '63 intervenne contro la costruzione del muro; per il discorso della notte elettorale ha voluto Grant Park a Chicago, teatro nel 1968 degli scontri alla convention democratica tra i pacifisti, che manifestavano contro la guerra in Vietnam, e la polizia, mandata dal sindaco democratico Richard Daley; scontri che segnarono una rottura tra il movimento giovanile e le istituzioni. Pochi mesi dopo il repubblicano Nixon sarebbe entrato alla Casa Bianca.

Al Gore fece una cosa simile nel 2000, quando decise di tenere la convention a Los Angeles, stessa città scelta 40 anni prima da John Fitzgerald Kennedy. Ma, sottolinea Marturano "allora l'ex vicepresidente Usa si identificava con JFK e il messaggio che mandava ai suoi elettori era: sono come lui". Mentre Obama anche in questo, ha detto "sono talmente come voi che per me i grandi leader della storia democratica americana, come per voi, sono un caposaldo, un elemento affettivo". "Obama aveva anche bisogno, attraverso queste fasi, di far passare alcuni contenuti valoriali cardini del suo messaggio identitario".

 

 

Obama testimone del dialogo globale

di Carlo Bastasin

Con l'elezione di un presidente democratico, il fantasma del protezionismo torna a essere evocato e a spaventare chi osserva la prima vera crisi dell'economia globale. Ma Barack Obama non potrà restituire agli Stati Uniti, come aspira, il ruolo di modello dei valori nel mondo e promuovere allo stesso tempo un programma protezionista. Tra questi due obiettivi c'è una contraddizione insanabile. E perfino in politica, la realtà si incarica di separare ciò che la propaganda elettorale troppo furtivamente unisce.

Le gravi emergenze dell'economia peseranno sulla presidenza di Obama e l'Amministrazione dovrà presto preoccuparsi del consenso nel Paese; ciò nonostante le logiche politiche isolazioniste, oltre a danneggiare la leadership americana globale, sono destinate a fallire come è successo con la presidenza Bush. L'unilateralismo americano si basava su una piramide che da anni non esiste più: al vertice un potere militare incontrastato, più sotto un'economia in cui Washington grazie al dollaro aveva l'arbitrio dell'irresponsabilità monetaria. Alla base, il potente irradiamento culturale di una società dinamica e aperta.

Ora il potere militare si è dimostrato insufficiente nelle ultime guerre fallimentari. L'economia americana ha sofferto proprio a causa dell'irresponsabilità monetaria che ha permesso l'esplosione dei debiti sia pubblici sia privati. L'interdipendenza globale è cresciuta in molti campi – dal rapporto con l'ambiente al terrorismo, dagli scambi finanziari alla proliferazione nucleare, dalle malattie al commercio – in forme di potere diffuso ormai estranee ai controlli esclusivi degli Stati. Infine alla base della piramide la rivoluzione tecnologica dell'informazione vanifica le barriere culturali dei poteri nazionali.

Il presidente Obama non è il profeta di questo mondo non più piramidale, ma ne è pur sempre il testimone. La sua figura, come è stato narrato, incarna la diversità di chi è antagonista alle gerarchie storiche. La sua favolosa orbita personale è la metafora delle speranze di chi sente strette le logiche delle identità - come diceva Wittgenstein, non c'è nulla di più inutile che discutere di ciò che è uguale a se stesso – e incarna con la sua fisionomia meticcia l'archetipo di due terzi di un'umanità divenuta mobile, rappresentando il credibile testimone del dialogo globale.

Obama ne pare consapevole. A suo dire Bush diede a un attacco non convenzionale come quello dell'11 settembre, una risposta convenzionale come la guerra tra Stati ("Foreign Affairs", luglio 2007). Contro l'unilateralismo del predecessore il neo presidente richiama la lezione di Roosevelt e Kennedy che proposero istituzioni e coalizioni per la pace. La sua credibilità personale già oggi non ha pari nel mondo extra-americano. È dunque nelle condizioni per dare voce al dialogo globale il cui linguaggio non può che essere quello della cooperazione economica.

Come si può conciliare questa vocazione globale con la retorica protezionista? Durante la campagna Obama ha insistito per includere standard ambientali e di sicurezza del lavoro negli accordi commerciali, ha chiesto dazi all'import dalla Cina per compensare la sottovalutazione dello yuan e ha proposto maggiori controlli sui fondi sovrani. Nelle sue dichiarazioni ricorre l'obiettivo di difendere i posti di lavoro americani. Le tesi dei suoi scritti sono più liberali di quelle della media del partito democratico, influenzato da sindacati desiderosi di rivincite, ma in tempi di depressione economica la crisi di Wall Street offre un palcoscenico ideale per una revisione anti-capitalista.

Non c'è d'altronde bisogno di vendette per giustificare le istanze di equità nell'economia globale. Paul Krugman ha vinto un Nobel osservando che il consenso tradizionale per la teoria dei vantaggi comparati corrisponde a commerci tra Paesi con strutture economiche simili, ma quando le differenze di reddito sono ampie come nel caso dei nuovi Paesi emergenti, il commercio finisce per produrre grandi vincitori, ma anche una moltitudine di grandi perdenti. L'import americano da Paesi del terzo mondo è cresciuto dal 2,5% del Pil nel '90 al 6% di oggi, ma se allora i Paesi partner (le tigri asiatiche) avevano una differenza di livello di salari con gli Usa di uno a quattro, oggi con la Cina le differenze sono 8 volte più grandi.

Politiche protezioniste, per esempio dazi americani sul commercio, finirebbero però per isolare gli Stati Uniti dagli scambi multilaterali all'interno dei quali – come ha dichiarato Paul Samuelson a Mario Platero sul Sole 24 Ore del 4 novembre – la crescita dei Paesi emergenti non è più arrestabile.

Ciò non significa che Obama sia disarmato. Introdurre logiche di equità nel commercio mondiale sarebbe coerente con la difesa di valori in cui gli Stati Uniti si sono spesso riconosciuti, ma perché l'equità non sia una maschera dell'egoismo è necessario che venga concordata con i partner nelle istituzioni della cooperazione economica mondiale, rinunciando ai negoziati bilaterali tanto amati dalle burocrazie, a cui garantiscono un ruolo decisivo, e molto adatti a nascondere il protezionismo dentro i regolamenti applicativi dei principi formali.

La strada del negoziato multilaterale è indispensabile per la politica globale a cui Obama è atteso: esiste un legame per esempio tra tutela dell'ambiente, nuove politiche energetiche, rilancio delle economie, ricerche nucleari e cooperazione contro la proliferazione delle armi. Un legame che richiede un'architettura politica molto complessa, ma in cui obiettivi interni e cooperazione globale sono indispensabili l'uno all'altro.

Quanto alla protezione dei posti di lavoro americani vi sono strade più efficaci delle discriminazioni doganali, a cominciare dalla cooperazione fiscale internazionale, fino a sistemi di welfare che rendano sopportabili i disagi dei lavoratori colpiti dalle trasformazioni economiche globali e facilitino quindi il dinamismo delle economie. Un disegno sociale che ricorda quello europeo, ma che può beneficiare della libertà di iniziativa, del dinamismo sociale e della qualità dell'istruzione americana. Infine la cooperazione monetaria con la Cina ricostruirebbe un rapporto tra il maggiore creditore e il maggiore debitore del mondo che, come fa notare l'economista Mario Noera, era una delle basi sulle quali fu costruito l'accordo di Bretton Woods. Anche in campo monetario, la rinuncia all'unilateralismo offrirebbe i vantaggi di una migliore disciplina alla società americana. Gli interessi americani e quelli globali sembrano ancora poter convergere.

C'è dunque una straordinaria opportunità dietro la comparsa sul palcoscenico della politica del primo credibile testimone dell'era della globalizzazione. Agli europei spetta il compito storico di aiutarlo a uscire dalla banale alternativa tra dare una soluzione globale alla crisi americana o dare una soluzione americana alla crisi globale e costruire invece un progetto ambizioso di governance globale.

 

 

Obama subito al lavoro. Il portavoce sarà Robert Gibbs

6 novembre 2008

Il neoeletto presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è messo subito al lavoro per riunire la propria squadra di Governo. Sarà Robert Gibbs, tra i consiglieri più vicini a Barack Obama nel corso della sua campagna elettorale, il portavoce del nuovo presidente alla Casa Bianca. Lo rivela il sito "The Politico", che cita una fonte democratica, secondo cui Gibbs, già responsabile dell'ufficio comunicazione di Obama al Senato, è considerato l'artefice dell'ascesa mediatica del senatore sulla scena nazionale.

Originario di Auburn, in Alabama, 37 anni, in questi mesi Gibbs a luglio promosso all'incarico di 'senior stategist' delle comunicazioni - si è occupato di tenere le fila dei rapporti con i giornalisti sull'Air Obama, l'aereo della campagna presidenziale.

Intanto, lo stesso sito conferma che Rahm Emanuel ha intenzione di accettare l'offerta di Obama di diventare il capo dello staff alla Casa Bianca. Il presidente eletto vuole il 49enne deputato dell'Illinois perché lo considera, come pochi altri, fra i più grandi conoscitori della macchina politica a Washington.

Ci sono tanti ex clintoniani ed anche alcuni repubblicani tra i candidati a entrare nel 'dream team' di Barack Obama alla Casa Bianca e nella sua futura amministrazione. Di seguito l'elenco dei 'papabili'.

TESORO: i nomi che circolano con maggiore insistenza, riferisce il 'Washington Post', sono quelli di Larry Summers, giá segretario al Tesoro con Clinton e poi presidente dell'Universitá Harvard, molto attivo negli ultimi mesi a definire il messaggio economico di Obama. C'è poi Timothy Geithner, presidente della Federal Reserve di New York. Ex funzionario del Tesoro, ha accumulato grande esperienza con le grandi banche. Ma scegliere lui significherebbe dover trovare qualcun altro per sostituirlo nel suo attuale incarico, in un momento considerato delicato e cruciale.

Tra gli altri nomi, quello di Paul Volcker, ex presidente della Fed, che però, considerato che ha più di 80 anni, con maggiori probabilitá verrà chiamato a svolgere un ruolo di spicco ma meno formale, come consulente. Ancora Laura Tyson, presidente del Council of Economic Advisers di Bill Clinton e docente universitaria a Berkeley sarebbe in corsa per l'incarico ma non è considerata una delle favorite. Potrebbe eperò finire a svolgere un altro ruolo, ad esempio quello di capo del National Economic Council alla Casa Bianca.

SEGRETARIO DI STATO: in corsa ci sono l'ex candidato alla presidenza, John Kerry, l'ex ambasciatore all'Onu Richard Holbrooke. E poi i repubblicani Chuck Hagel, senatore del Nebraska, grande critico della gestione della guerra in Iraq, e Richard Lugar, dell'Indiana, leader della minoranza alla commissione Esteri del Senato.

 

CAPO DELLO STAFF: Rahm Emanuel starebbe vagliando l'offerta fattagli da Obama per l'incarico. Secondo la maggior parte degli esperti, il 49enne deputato di Chicago è orientato ad accettare.

Tra le donne in lizza per avere un incarico nella futura amministrazione c'è poi Caroline Kennedy, la figlia di Jfk, che ha avuto un ruolo di primo piano nel sostenere la campagna di Obama. Si fa il suo nome, scrive il "Times", come possibile ambasciatore all'Onu o a Londra.

DIPARTIMENTO PER L'ENERGIA: Ed Rendell, governatore democratico della Pennsylvania, è stato citato da più fonti come possibile candidato alla carica di segretario. La lista degli altri possibili candidati include il generale a riposo David Jones, che ha lavorto molto con la Camera di Commercio per promuovere piani nel settore dell'energia. Anche Fred Smith, Ceo della FedEx, repubblicano, è in corsa per l'incarico.

SICUREZZA NAZIONALE: Il nome che circola con più insistenza per la poltrona di Consigliere per la sicurezza nazionale, scrive il 'Times' precisando che si tratta però solo di voci, è quello di Samantha Power, una delle più autorevoli esponenti della squadra di politica estera di Obama. Americano-irlandese, ha lasciato il lavoro che aveva per lavorare gratuitamente per Obama. Per il quotidiano eccellerebbe in un incarico sull'Africa. Un'altra possibile candidata all'incarico è Susan Rice, consigliere di politica estera di Obama, che ha già fatto parte del National Security Council ed ha lavorato per i Clinton.

DIFESA:Robert Gates passerebbe da un'amministrazione repubblicana ad una democratica. D'altra parte il suo mandato ha coinciso con il periodo più fortunato della missione americana in Iraq e difficilmente Obama vorrebbe privarsi della sua esperienza.

 

 

 

 

 

 

 

 

La vera sfida di Obama, regolare i mercati senza strozzarli

di Mario Margiocco

6 novembre 2008

(Afp)

Per un leader della comunità nera di Chicago emerso dalla politica etnica facendo propria la ricca - e non ignobile - tradizione del populismo americano, il nuovo presidente degli Stati Uniti avrà un compito singolare: riscrivere le regole di Wall Street, e salvare i mercati, senza strangolarli come senz'altro qualcuno dei deputati del nuovo Congresso democartico gli chiederà di fare.

Paradossalmente, Barack Obama deve molto a Wall Street. La sua candidatura ha fatto un balzo e si è affermata, dopo un'estate di un'incredibile testa a testa con John McCain in una stagione che avrebbe dovuto essere fin dall'inizio tutta democratica, solo tra il 17 e il 24 settembre. Tra il fallimento di Lehman Brothers cioè più la nazionalizzazione di Aig (14-17 settembre) e l'avvio del piano di salvataggio da 700 miliardi (Tarp), con la riunione alla Casa Bianca e il tentativo di McCain di porsi, inutilmente, come mediatore tra l'esecutivo e i repubblicani ribelli del Congresso.

Per capire come si muoverà Obama, c'è una bussola: farà l'opposto di quanto teorizzato e praticato da Alan Greenspan, che ebbe grande fiducia nei nuovi strumenti finanziari, nell'autocontrollo da parte delle banche d'investimenti che li maneggiavano più di chiunque altro, nella capacità del mercato di mantenere l'equilibrio tra dare e avere. Quindi, pesante supervisione dei nuovi strumenti finanziari, regole di garanzia ferree, controlli diretti della mano pubblica che sostituiscono qualsiasi forma di autocontrollo, regole rigide per i capital ratio, le riserve e tutte le forme di garanzia. Per il Presidente Obama "c'è tutto sul tavolo - dice William Donovan, partner di uno studio legale di Washington ed ex dirigente della National association of federal credit unions -. Riesame della struttura federale di regolamentazione dei servizi finanziari, consolidamento dei tipi di statuto, regole pià rigida sulla liquidità e il capitale, riforma della bancarotta e del regime delle carte di credito".

Non sono tempi facili per chi arriva alla Casa Bianca, con forti necessità di spesa, un ruolo del dollaro che potrebbe riservare sorprese negative sul medio periodo, e l'urgenza di salvare Wall Street dopo una campagna elettorale tutta puntata alla promessa di salvare Main Street. I due salvataggi sono collegati, certamente. Ma potrebbe non essere facile spiegarlo a una parte dell'elettorato che vuole vedere punizioni esemplari, e sovvenzioni robuste per Main Street.

Negli ultimi tre mesi dell'anno la raccolta di capitali da parte del Tesoro potrebbe raggiungere la cifra record di 550 miliardi di dollari, necessari per finanziare parte del massiccio piano di salvataggio finanziario.E nel primo trimestre 2009 dovrebbero aggiungersi, secondo gli esperti, alri 368 miliardi.

Secondo il Committee for a responsible budget, un centro bipartisan, il totale delle somme impegnate da Washington, Federal reserve e Tesoro, per il salvataggio del sistema finanziario e dell'economia, a partire dai 168 miliardi del piano di stimolo lanciato nei primi mesi del 2008, raggiunge la ragguardevole cifra di 2,6 mila miliardi. Il costo finale dovrebbe essere comunque sensibilmente inferiore, perché la cifra comprende anche prestiti emessi dalla Federal reserve a favore delle banche e che dovrebbero essere ripagati.

Per ora è impossibile dire quale Obama affronterà il dossier finanziario, il più urgente e spinoso. Se Obama il populista, l'amico del sindacato che ha appoggiato senza riserve la sua candidatura e che si aspetta norme meno rigide sulla propria presenza nei posti di lavoro. O Obama l'efficiente e abile manager di una campagna elettorale tra le meglio condotte degli ultimi decenni. I mercati vanno regolati, anche severamente, non strozzati. Non c'è dubbio che la voglia di punirli severamente verrà con forza dal Congresso. Solo a quel punto si scoprirà il vero Obama.

 

 

Rilanciare l'economia senza punire il mercato

di Alberto Alesina

Giovedí 06 Novembre 2008

Poco più di mezzo secolo fa i neri d'America dovevano sedersi sul retro degli autobus e negli Stati del Sud di fatto non potevano votare. Oggi gli Stati Uniti hanno eletto un presidente afroamericano. È una straordinaria testimonianza di come questo Paese si trasformi, riesca a correggere i propri errori e a riemergere dai suoi periodi più bui. Almeno simbolicamente questa capacità di reazione è di buon auspicio per il difficile momento che sta attraversando l'economia.

La crisi finanziaria e la recessione imminente riveleranno subito "quale" Obama è stato eletto. In campagna elettorale il senatore dell'Illinois ha fatto sfoggio di abilità retorica ma è rimasto molto vago sui contenuti. Ha parlato di cambiamento senza spiegare bene in che direzione. Ci sono due possibili Obama. Il primo è quello con un "voting record" al Senato che lo pone all'estrema sinistra del partito democratico; che parlava di protezionismo e di revisione degli accordi di libero commercio nel continente; che voleva aumentare subito (e di molto) le tasse sui ceti medio-alti; che con una buona dose di populismo voleva tassare gli "speculatori" petroliferi e penalizzare i capital gains, con un atteggiamento punitivo verso Wall Street; che voleva sussidiare industrie in declino. Se questo è l'Obama che è stato eletto, allora la recessione Usa, e di riflesso quella europea, sarà più grave e più lunga del previsto.

L'altro Obama è quello centrista, pronto a rinviare aumenti di imposte sui "ricchi" a quando l'economia reale se lo potrà permettere, cioè a recessione finita, e che parlava di protezionismo solo per vincere in quegli Stati, come Pennsylvania e Ohio, pieni di industrie in difficoltà, strategia che infatti ha funzionato. Un presidente che sceglierà probabilmente come segretario al Tesoro un economista moderato e intelligente come Lawrence Summers, già ministro nell'amministrazione Clinton.

Un presidente che metterà in pratica il suo mandato di redistribuzione del reddito in modo non grossolano e che non penalizzi troppo la crescita, perché senza quest'ultima c'è poco da redistribuire. Un leader che non cada nella trappola di un atteggiamento punitivo contro Wall Street per le colpe che ha avuto nella crisi finanziaria, precipitandosi a regolare tutto in modo da bloccare il funzionamento dei mercati finanziari che tanto hanno contribuito alla crescita dell'America. Se questo è l'Obama che ha vinto, allora l'economia Usa può tirare un sospiro di sollievo, così come quella europea.

Cosa vorrà fare l'Amministrazione è particolarmente importante perché il partito democratico ha un solidissima maggioranza al Congresso. Anche se al Senato i democratici non avranno un numero di seggi tale da proteggersi contro l'ostruzionismo della minoranza, in ogni caso il presidente avrà vita facile nel far approvare la sua agenda. In questo senso un Governo un po' più bilanciato, con i repubblicani più forti al Senato e alla Camera, sarebbe stato preferibile. Il forte ribasso di Wall Street il giorno dopo le elezioni potrebbe segnalare proprio questo: la vittoria di Obama era attesa e già incorporata nelle aspettative, ora la Borsa è preoccupata per la disfatta repubblicana. Certo la crisi, di cui l'amministrazione è Bush solo in minima parte responsabile direttamente, non li ha favoriti. I sondaggi si sono aperti a forbice a favore dei democratici dal momento più acuto della crisi in poi, dal fallimento di Lehman Brothers e l'intervento su Aig.

Del resto la storia insegna che un'economia in recessione significa la sconfitta del partito del presidente in carica. Ma in questo caso c'è forse di più. Si è rotta quell'alleanza su cui si basava il blocco repubblicano: la destra religiosa, una parte degli operai conservatori su argomenti sociali e sui diritti civili, e gran parte dei ceti medio-alti. I "colletti blu" hanno votato in blocco per Obama, ad esempio nello Stato cruciale della Pennsylvania, sfatando il mito del loro "razzismo". Una parte dei liberisti del Nord-Est, tradizionalmente repubblicani, delusi dalle politiche di Bush hanno dato una mano ad Obama, sperando di aver eletto la sua versione centrista e pro-mercato. Se questi flussi elettorali avranno conseguenze di lungo periodo o siano solo il risultato della recessione di oggi è troppo presto per capirlo, dipenderà molto da cosa farà il nuovo presidente. Un Obama centrista potrebbe davvero cementare un blocco democratico difficile da scalfire nel prossimo decennio, o forse più.

 

 

L'abc del piano di Barack Obama

di Elysa Fazzino

L'America cambierà. Ma come? Un punto di partenza sono le promesse fatte agli elettori degli Stati Uniti. Dall'economia alla previdenza sociale, dall'energia alla difesa, ecco l'Abc del piano di Barack Obama e Joe Biden, presentato sul sito ufficiale www.barackobama.com. Il contenuto tema per tema.

Casa. Obama promette di aiutare i piccoli proprietari che si sono indebitati per la casa, "vere vittime" della crisi dei mutui subprime. Prevede l'introduzione di un credito universale del 10% per i mutui, in modo da dare uno sgravio fiscale alle famiglie di reddito medio che fanno fatica a pagare le rate del mutuo. Con il "Stop Fraud Act" intende combattere le frodi e i prestiti predatori, con sanzioni più severe per i professionisti colpevoli di frode. La legge assisterà le famiglie perché possano evitare i pignoramenti. La nuova amministrazione inoltre promuoverà norme per una maggiore trasparenza sui mutui.

Commercio. Obama farà pressione sul Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, perché garantisca l'applicazione degli accordi commerciali e impedisca i sussidi agli esportatori stranieri e le barriere non tariffarie alle esportazioni Usa. Vuole emendare il Nafta, l'accordo di libero scambio con Canada e Messico. Sostiene incentivi fiscali per le aziende che mantengono o aumentano posti di lavoro negli Stati Uniti. Intende eliminare le deduzioni fiscali per le società che trasferiscono il lavoro all'estero.

Difesa. Ricostruire le Forze Armate per adeguarle ai compiti del XXI secolo: l'impegno del prossimo comandante in capo è di completare lo sforzo avviato per avere 65.000 soldati e 27.000 marines in più. Obama si impegna a investire in missioni come la contro-insurrezione (rinsaldando per esempio forze speciali, operazioni di intelligence, insegnamento delle lingue straniere). Promette di rimettere in sesto la Guardia Nazionale e le Riserve, fornendo l'equipaggiamento necessario per intervenire nelle emergenze in patria e all'estero. Inoltre, intende coinvolgere gli alleati per fare in modo che facciano la loro parte per la sicurezza comune.

Diritti civili. Combattere la discriminazione sul lavoro: Obama punta a ribaltare la sentenza della Corte Suprema che limita la possibilità per le donne e le minoranze razziali di contestare la discriminazione retributiva. Farà approvare il Fair Pay Act per garantire uguale paga per uguale lavoro e l'Employment Non-Discrimination Act per proibire discriminazioni basate sul sesso. Un altro obiettivo è quello di rafforzare l'applicazione dei diritti civili e porre fine alla politicizzazione del dipartimento della Giustizia avvenuta durante l'amministrazione Bush. La nuova amministrazione vuole espandere la legislazione federale contro gli "hate crimes", i crimini basati sull'odio.

Disabili. Opportunità di istruzione, anche universitaria, fine delle discriminazioni sul lavoro, sostegno alla vita in comunità: l'attenzione ai disabili segnala la maggiore enfasi sui problemi sociali dell'amministrazione democratica.

Economia. L'America si aspetta dalla nuova presidenza una via d'uscita dalla crisi finanziaria. Per rilanciare l'economia, Obama vuole dare alle famiglie americane uno sgravio immediato di 1.000 dollari sulla bolletta energetica, una sorta di anticipazione dello sgravio fiscale permanente di 1.000 dollari l'anno per le famiglie della classe media. Promette anche 50 miliardi di dollari per rimettere in moto la crescita, 25 miliardi per evitare tagli statali e locali a spese sociali come sanità, istruzione, alloggi e aumenti delle tasse di proprietà e altre tariffe, altri 25 miliardi per impedire tagli a spese come la manutenzione di ponti e strade e la riparazione di scuole. Il tutto permetterebbe di salvare oltre 1 milione di posti di lavoro che rischiano di essere soppressi. In programma un pacchetto per affrontare l'emergenza mutui, con misure per debellare le frodi e garantire più serietà nel settore, più un credito universale per il mutuo. Prevista anche l'eliminazione delle tasse sui capital gain per piccole imprese e "start-up" per incoraggiare l'innovazione e la creazione di posti di lavoro. Inoltre, Obama si batterà per una politica commerciale equa e buoni standard lavoristici e ambientali in tutto il mondo.

Energia. Cinque milioni di posti di lavoro "verdi" ("green collar") e più efficienza energetica. Il nuovo piano per l'energia ruota intorno all'emancipazione dal petrolio e alla lotta all'effetto serra. Prevede di dare subito un aiuto d'emergenza alle famiglie (100 dollari di sgravio sulla bolletta energetica). Poi promette investimenti strategici per 150 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni per catalizzare gli sforzi dei privati per un'energia pulita e creare cinque milioni di posti di lavoro. Tra gli obiettivi c'è di risparmiare tanto petrolio da potere eliminare nel giro di dieci anni le importazioni petrolifere dal Medio Oriente e dal Venezuela. Il piano punta a mettere in circolazione 1 milione di auto ibride entro il 2015, garantire che il 10% dell'elettricità venga da energie rinnovabili entro il 2012, il 25% entro il 2025, ridurre dell'80% entro il 2050 le emissioni che provocano l'effetto serra. Le compagnie potranno fare prospezioni in cerca di petrolio e gas ma in base alle licenze esistenti: se non le utilizzano, le perderanno. In programma anche lo sviluppo di centrali a carbone "pulito". Per quanto riguarda l'energia nucleare, l'accento è posto sulla sicurezza degli impianti e lo smaltimento delle scorie.

Etica. Obama promette di creare una banca dati Internet centralizzata per maggiore trasparenza su lobby e finanziamenti elettorali. Un'agenzia indipendente dovrà vigilare sulle indagini per violazioni etiche dei parlamentari. Nell'amministrazione Obama-Biden nessuna persona di nomina politica potrà occuparsi di regole e appalti relativi a un'azienda dove ha lavorato negli ultimi due anni.

Famiglia. Oltre a uno sgravio fiscale di 1.000 dollari all'anno, Obama prevede altre misure per rafforzare la famiglia: togliere alcune penalizzazioni sulle famiglie sposate, dare un giro di vite agli uomini che evitano di versare gli assegni per i figli, trovare servizi a sostegno dei padri e delle loro famiglie, prevenire la violenza domestica. Per un migliore equilibrio tra famiglia e lavoro, promette di raddoppiare i programmi del doposcuola, espandere i permessi per motivi di famiglia e salute, dare alle famiglie a basso reddito un credito fiscale per le spese di assistenza dei bambini, incoraggiare orari di lavoro flessibili.

Finanza pubblica. Con Bush il debito federale è aumentato di oltre il 50%: Obama intende riportare la disciplina fiscale, rivedere il bilancio federale "riga per riga" ed eliminare i programmi che non funzionano o non sono necessari. Assicura che ribalterà la maggior parte dei tagli fiscali per i ricchi introdotti da Bush, proteggendo però i tagli per i poveri e per il ceto medio. Inoltre, eliminerà deduzioni e scappatoie a favore di interessi particolari, come quelli dell'industria petrolifera.

Immigrazione. Le frontiere vanno protette: più personale, infrastrutture e tecnologia lungo i confini e nei porti. Il sistema di immigrazione va migliorato, togliendo le inefficienze burocratiche e aumentando il numero di immigrati legittimi per mantenere unite le famiglie e soddisfare la domanda di lavoro. Obama promette di togliere gli incentivi agli ingressi clandestini, punendo i datori di lavoro che impiegano immigrati senza documenti. La nuova amministrazione appoggia un sistema che richieda agli immigrati senza documenti di pagare una multa, imparare l'inglese e mettersi in coda per diventare cittadini Usa.

Industria manifatturiera. È prevista la creazione di un fondo, che si chiamerà Advanced Manufacturing Fund, per investire nelle più avanzate strategie manifatturiere e creare posti di lavoro. Saranno raddoppiati i finanziamenti per il programma Manufacturing Extension Partneship, che promuove l'efficienza, l'applicazione delle nuove tecnologie e la crescita dell'industria manifatturiera. Il piano di investimenti nell'energia pulita – 150 miliardi di dollari in dieci anni, 5 milioni di posti di lavoro – punterà a sviluppare la nuova generazione di biocarburanti, accelerare la commercializzazione di auto ibride ricaricabili, promuovere l'energia rinnovabile, investire in centrali a carbone a basse emissioni inquinanti, avviare la transizione a una nuova rete elettrica digitale. Si investirà nella forza lavoro qualificata, sono previsti più fondi per i programmi federali di formazione dei lavoratori che saranno estesi alle tecnologie verdi.

Infrastrutture. Gli Stati Uniti dovranno ricostruire le infrastrutture nazionali di trasporto: strade e autostrade, ponti, porti, sistemi di trasporto aereo e ferroviario. Il programma democratico prevede la creazione di una nuova banca per investire nelle infrastrutture, la National Infrastructure Reinvestment Bank. L'istituto riceverà 60 miliardi di dollari in dieci anni. I progetti dovrebbero creare, direttamente e indirettamente, fino a due milioni di posti di lavoro e stimolare nuove attività economiche per circa 35 miliardi di dollari all'anno.

Iraq e politica estera. Immediatamente, appena entrato in carica, Obama darà al segretario della Difesa e ai comandanti militari una nuova missione:porre fine alla guerra con successo. Il ritiro delle truppe sarà "responsabile e graduale": il programma afferma che secondo gli esperti militari è possibile ritirare le truppe in modo sicuro nel giro di 16 mesi. La nuova amministrazione farà pressione sui leader iracheni affinché si assumano la responsabilità del loro futuro e spendano gli introiti del petrolio per la ricostruzione del proprio Paese. Obama intende lanciare un'offensiva diplomatica per aumentare la stabilità dell'Iraq e della regione. Affronterà anche la crisi dei profughi. Obama promette di isolare Al Qaida, che ha approfittato della guerra in Iraq per risorgere e riorganizzarsi in Afghanistan. La forte presenza militare in Iraq ritarda la capacità degli Stati Uniti di portare a termine la lotta in Afghanistan. Con l'Iran, Obama sostiene la via della diplomazia, con aperture al dialogo. Ma se Teheran non cambierà il proprio comportamento aumenterà la pressione economica e l'isolamento politico. Obama appoggia una forte partnership tra Usa e Israele, che resta il più stretto alleato degli Stati Uniti nel Medio Oriente. Una priorità diplomatica sarà quella di fare progressi per porre fine al conflitto israelo-palestinese e raggiungere il traguardo di due Stati che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza. In programma anche una Nato più forte attraverso un maggiore contributo degli alleati: Obama solleciterà i Paesi membri a fornire truppe per le operazioni di sicurezza collettiva e a investire di più in operazioni di ricostruzione e stabilizzazione. Impegno anche per l'Africa: fermare il genocidio nel Darfur e porre fine al conflitto in Congo. In agenda anche il rafforzamento del trattato di non proliferazione nucleare.

Istruzione. Obama intende riformare il programma "No child left behind" (nessuno studente deve restare indietro), voluto da Bush, che ha introdotto test standardizzati. Secondo Obama, l'obiettivo era giusto, ma la mancanza di finanziamenti e l'applicazione inadeguata l'hanno fatto fallire. La riforma prevede prima di tutto nuovi finanziamenti; poi il miglioramento del metodo di valutazione degli studenti. Il piano di Obama comprende anche investimenti per l'educazione dei bambini fino a cinque anni d'età. Un traguardo importante è rendere l'università accessibile a tutti: per pagare le alte tasse universitarie, è prevista la creazione di un credito fiscale di 4000 dollari per gli studenti, in cambio dello svolgimento di servizi di pubblica utilità. La somma coprirà i due terzi della retta di una media università pubblica e renderà completamente gratuiti, per la maggior parte degli studenti, i cosiddetti "community college".

Pensioni e previdenza. Fortemente contraria alla privatizzazione della previdenza sociale, la futura amministrazione Obama-Biden cercherà di affrontare la riforma del sistema in modo bipartisan. Obiettivo: garantire la solvibilità e la sopravvivenza della previdenza sociale anche nel lungo termine. Non è previsto l'innalzamento dell'età pensionabile, ma un contributo extra (dal 2 al 4%) a chi guadagna più di 250mila dollari l'anno. Per proteggere le pensioni e i risparmi pensionistici dei lavoratori, saranno riformate le leggi fallimentari, in modo da evitare che i tribunali pretendano più sacrifici dai lavoratori che dai manager e da aumentare l'importo di salari e benefici non pagati che può essere reclamato . Ci dovrà essere informazione trasparente sugli investimenti dei fondi pensione aziendali. Saranno creati piani pensionistici legati al posto di lavoro, in cui il lavoratore sarà iscritto automaticamente dal datore di lavoro (con la possibilità di chiamarsi fuori). Per gli anziani, che sono coperti dal programma di assistenza pubblica Medicare, il governo federale negozierà per ridurre i prezzi dei farmaci.

Sanità. Il piano Obama-Biden prevede un'assistenza sanitaria accessibile a tutti gli americani. Le grandi aziende che non offrono l'assicurazione sanitaria ai lavoratori o non danno un contributo significativo, dovranno versare una percentuale della retribuzione per la copertura dei loro dipendenti. I costi dell'assicurazione medica saranno ridotti in modo da permettere a una famiglia media di risparmiare 2.500 dollari all'anno, investendo nella prevenzione e in un nuovo sistema informatico per controllare la spesa e ridurre gli sprechi. La sanità pubblica sarà rafforzata con la copertura di servizi di prevenzione, compresi screening anti-cancro, e potenziando la capacità di pronto intervento in caso di attacchi terroristici e disastri naturali.

Tasse. Le famiglie del ceto medio avranno tagli fiscali: uno sgravio di 1000 dollari all'anno e aliquote del 20% inferiori a quelle dell'era Reagan. Nessuna famiglia con reddito inferiore a 250mila dollari all'anno avrà aumenti di tasse. Le famiglie che guadagnano più di 250mila dollari avranno aliquote fiscali uguali o più basse di quelle negli anni Novanta. Obama chiederà alle famiglie più ricche (il 2%) di restituire una parte degli sgravi ottenuti negli ultimi otto anni. Complessivamente, il piano comporta un taglio netto delle tasse, poiché gli sgravi per il ceto medio sono superiori ai maggiori introiti ottenuti dalle famiglie con redditi oltre i 250mila dollari. Gli introiti fiscali saranno al di sotto dei livelli prevalenti nel periodo di Ronald Reagan, cioè meno del 18,2% del Pil.

Tecnologia. Proteggere l'apertura di Internet: Obama sostiene la neutralità della rete per un libero scambio di idee. Promette di portare la banda larga della prossima generazione in ogni comunità in America, anche con incentivi fiscali. Punta a migliorare la competitività degli Usa con investimenti nella scienza e nuovi sussidi di ricerca ai più brillanti ricercatori all'inizio della carriera. Il piano prevede di raddoppiare i fondi federali per la ricerca di base e rendere permanente il credito fiscale per la Ricerca e lo Sviluppo, in modo che le aziende ci possano contare quando decidono di investire in R&S negli Stati Uniti in un arco pluriennale.

 

 

 

 

La vera rivoluzione? È il ritorno al buon senso

di Gianni Riotta

Caro direttore,

"Schierandosi con chi lavora sodo, rispetta la legge, si preoccupa della famiglia e ama la patria, Reagan offriva agli americani un senso comune che i progressisti hanno perduto. E più i suoi critici diventavano petulanti, più si trasformavano in comparse nella commedia che Reagan scriveva per loro, trasformandoli in sbandati, dediti alle tasse e al deficit, ostili all'America, snob politicamente corretti".

Chi ha scritto queste righe sprezzanti? Il presidente George W. Bush? Il senatore dell'Arizona John McCain, candidato sconfitto dei repubblicani nella notte di martedì? Il guru neoconservatore Bill Kristol? Se avete indicato uno dei tre autori sbagliate: la violenta denuncia dei democratici americani è opera del quarantaquattresimo presidente eletto degli Stati Uniti, successore di Washington e Jefferson, primo afroamericano alla Casa Bianca, Barack Obama, dal suo manifesto "L'audacia della speranza".

Non è la sola sorpresa che attende chi voglia davvero analizzare il credo politico di Barack, dopo l'entusiasmo della vittoria. Obama è persuaso che i democratici abbiano vinto le presidenziali solo tre volte dal 1968 (Carter 1976 e Clinton 1992 e 1996) non vittime della superiore macchina elettorale repubblicana, ma per aver smarrito il senso comune: "I progressisti non sanno dire al ceto medio: ci battiamo per voi...la retorica dei democratici preferisce diritti e privilegi a doveri e responsabilità".

La corsa di Obama, che entusiasma il mondo, non nasce da un torto da riparare o dalla passione militante per questa o quella crociata. Parte dal raziocinante comprendere che "gli americani amano l'ordine, e hanno bisogno di non sentirsi in balia di forze senza volto, ma padroni del proprio destino, personale e collettivo, per ritrovare le virtù tradizionali, rimboccarsi le mani e faticare, patriottismo, responsabilità personale, ottimismo, fede".

Ripeto: "Le virtù tradizionali". Ecco l'identità di Barack Obama e chiunque, uomo della strada o leader mondiale, smarrisse questo principio non potrà né comprendere, né negoziare con il nuovo presidente. È "il radicalismo della rivoluzione americana", studiato dallo storico Gordon Wood, a intrecciare le virtù antiche nell'amore e nel rispetto del common man, la gente semplice.

Ronald Reagan era stato un democratico e fino agli ultimi giorni della sua vita amava ripetere: "Non ho mica lasciato io il partito, è stato il partito a lasciarmi". Con un atto di generosità politica costato carissimo, nei primi anni 60 il Partito democratico siglò in legge i diritti civili propugnati dal reverendo King. Nel farlo il presidente Johnson, un formidabile animale politico, concluse: "E con questo abbiamo regalato ai repubblicani il Sud per una generazione". Verissimo: Nixon, Reagan, Bush padre e figlio vinsero anche grazie al lock, il catenaccio che il sud metteva sulle speranze democratiche.

Già Bill Clinton aveva provato a lavorare contro le élite che affollano i campus americani, sognando la prosa di Derrida e disprezzando il ceto medio americano, considerato, sulla falsariga dei filosofi alla Baudrillard, filisteo. Obama, che i campus della Ivy League li ha frequentati ed è stato il primo nero a dirigere la Law Review di Harvard, ha conosciuto il dolore dei neri ma anche il risentimento dei bianchi poveri, che così a lungo ha penalizzato i democratici. È il mondo che canta il rapper bianco Eminem, i trailer, le case roulotte, i villaggi disprezzati come white trash, spazzatura bianca che traduce l'esclusione in razzismo spicciolo, amore per le armi, un tatuaggio della vecchia bandiera Confederata sul bicipite, l'odio per i diversi.

Barack Obama ha compreso che solo parlando a tutti gli americani avrebbe potuto aprire il "catenaccio elettorale" e fugare i pregiudizi, contro le minoranze e la burocrazia democratica. C'è riuscito, provano i sondaggi, grazie alla crisi finanziaria e al crollo delle Borse, che negli Usa significa disoccupazione, sfratti, rischio pensione e crollo dei consumi familiari. Perché la crisi ha unito l'entusiasmo dei giovani idealisti per Obama, la crociata dei campus, i milioni di volontari sdegnati dall'inane amministrazione Bush il ceto medio spaventato, i ricchi che sanno guardare oltre il proprio portfolio e la working class in affanno. Nelle ultime ore, perfino tra gli elettori che nei sondaggi rispondono "no" alla domanda "credete davvero che bianchi e neri siano uguali?", Obama era in vantaggio, portando i suoi collaboratori a passarsi email scherzose "Razzisti per Obama".

Dagli anni della guerra culturale conservatori-progressisti, da una parte i commentatori di destra alla Rush Limbaugh, dall'altra i mandarini alla Michael Moore e Noam Chomsky, furiosamente combattuta nella blogosfera tossica di internet, Obama ha capito che il segno era stato passato. Né i repubblicani sono servi dei mulini di Satana di Wall Street, né i democratici neosovietici dell'economia centrale. Accusarsi a vicenda di simili eccessi aliena l'opinione pubblica che non smette solo di credere a questo o quel partito, ma diventa cinica sull'intero processo democratico. Credendo di sconfiggere i propri avversari, si distrugge la stessa dialettica politica.

 

 

 

Michelle Obama: il suo sorriso oscura Carlà

di Stefano Biolchini

5 novembre 2008

Michelle Obama, moglie del neo presidente degli Stati Uniti

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"I have a dream": il sogno di Obama nelle immagini più belle

"Alla mia migliore amica, la roccia della famiglia, l'amore della mia vita". Puntuale è arrivata la dedica per questa vittoria, attestazione sincera nel momento più importante della sua carriera politica. Così Barack Obama ha ringraziato Michelle, sua moglie. La 44enne Michelle La Vaughan, nata Robinson. Figlia di un impiegato dell'acquedotto di Chicago e di una segretaria, dal 1992 signora Obama. Due le figlie: Sacha 7 anni e Malia, 10. Due anche le lauree: in Sociologia a Princeton e in Legge ad Harvard. Ha già dichiarato che alla Casa Bianca andrà con una priorità, la famiglia. Barack è avvertito, la politica viene al secondo posto. Di che stupirsi dunque se lo stesso marito la ha definita "la roccia" . Dichiarazioni a parte, (imbarazzante quella in cui in piena campagna elettorale dichiarò "di sentirsi per la prima volta orgogliosa di essere americana"), Michelle è come dire, un "tipino tosto", e con le idee chiare, niente a che vedere con la cara, ma casereccia, Laura Bush. Compagna di scuola di Santita Jackson, figlia di Jesse Jackson, è da sempre assertrice dei diritti civili e del "riscatto nero" (i maligni la descrivono fin troppo attiva in tal senso). Di certo con il trasloco alla Casa Bianca non si darà al ricamo. Pur diversa da Hillary Clinton, è anche lei avvocato di successo oltre ché dirigente (pagata meglio del marito) di uno dei principali ospedali di Chicago. Gli americani li ha conquistati con il suo stile diretto e con vestiti da 125 dollari comprati nei grandi magazzini Wal-Mart. Stretta in tubini neri e rossi, o dall'improbabile turchese, sa essere elegante nella sua essenzialità. Alta più di un metro e ottanta, non ha certo la grazia della "divina Jacqueline". La stessa statura non l'aiuta nel portamento, a tratti sbilanciato. Neppure il prognatismo accentuato, il mento un po' all'infuori, sembra giovarle. Eppure nelle foto di novella sposa, come in quella di moglie sul palco al fianco dell'adorato marito, appare slanciata, bella pur nei difetti, e soprattutto sincera, concreta. Un'americana un po' qualunque (e un po' no), ma dal sorriso assolutamente convincente. Gli americani li ha conquistati forse così, avvolgendoli con il suo sguardo onesto. Per Vanity Fair batte in eleganza anche Carla Bruni. E questo forse è troppo. Ma la première dame di Francia è avvertita: ad una con un sorriso così vero si perdona di tutto. Lei non canta e non ha l'allure di Carlà. Ma ad imitare Jacqueline, lei, Michelle, non ci pensa neppure. Il suo stile assomiglia di più a quello della cognata Ethel (Kennedy), moglie di Bob, a cui si aggiunge il piglio di Eleanor (Roosevelt), con in più la solida preparazione legale di Hillary (Clinton). Mamma severa con le figlie, moglie a tutto tondo, sul palco come in tv sa essere sé stessa: e questo è il segreto del suo successo. Ora l'attende la prova della Casa Bianca, con tutte le sue insidie.

stefano.biolchini@ilsole24ore.com

 

 

2008-11-05

Barack Obama: "L'ora del cambiamento

è arrivata"

5 novembre 2008

Barack Obama con la moglie Michelle e le figlie Malia e Sasha (Reuters)

In America "nulla è impossibile" e chi ancora non è convinto, non ha che da guardare al nuovo presidente eletto degli Stati Uniti.

Barack Obama ha debuttato così a Chicago, con un discorso della vittoria impregnato di "sogno americano" e riferimenti alle divisioni che hanno segnato la storia degli Usa, e annunciando che il cambiamento "è arrivato". 'Yes we can', lo slogan che per quasi due anni ha accompagnato la sua campagna elettorale, è diventato anche l'inno con cui Obama ha celebrato quella che ha definito, rivolto alle decine di migliaia di sostenitori, "la vostra vittoria".

"Siamo e saremo gli Stati Uniti d'America - ha detto Obama, citando Abramo Lincoln per respingere l'idea di un Paese diviso - e abbiamo dimostrato al mondo intero che non siamo semplicemente una collezione di individui di tutti i tipi".

Una folla multirazziale ed entusiasta ha accolto Obama, sventolando bandiere a stelle e strisce, in un grande parco di Chicago, assediato all'esterno da un'altra folla che non è potuta entrare nello spazio da 70.000 posti preparato per l'evento. Accolto sulle note di 'Sweet Home Chicago", Obama ha debuttato ringraziando la città che lo ha adottato dagli anni Ottanta e si è poi lanciato in un primo discorso da presidente eletto che ha ricalcato i temi della sua campagna elettorale: la necessità di portare "il cambiamento" in America, la promessa di rispondere alla speranza di chi si sente abbandonato o ai margini della società, l'avvertimento "ai nostri nemici nel mondo" che l'America è forte, unita e pronta a rispondere a qualsiasi minaccia.

L'onore delle armi è andato a John McCain e Sarah Palin, che Obama ha ringraziato e a cui ha chiesto, in una conversazione telefonica con il senatore dell'Arizona, di aiutarlo a guidare il Paese.

Il vice Joe Biden, la moglie Michelle e le due famiglie hanno raggiunto alla fine Obama sul palco e il presidente eletto ha chiuso ricordando alle figlie Sasha e Malia che si sono "meritate il cucciolo" che aveva promesso loro all'inizio di un'estenuante campagna che ha coinvolto tutta la famiglia per quasi due anni.

 

 

 

 

La cronaca della vittoria di Obama

Barack Obama com la moglie Michelle (Reuters)

In Giappone una città già festeggia il candidato democratico

di Stefano Carrer

ANALISI / Il voto senza retorica

di Mario Margiocco

Obama avanti verso il traguardo ( di Mario Platero)

Radio24 / La notte del presidente

Wall Street non scommette sul presidente

La corsa dei governatori .Duelli in undici Stati

7. 17 - All'appello mancano ancora cinque stati - North Carolina, Indiana, Missouri, Montana e Alaska - ma i numeri che decretano la vittoria del senatore dell'Illinois Barack Obama, eletto 44esimo presidente degli Stati Uniti, raccontano un successo netto e un sostegno pieno da parte del Paese. Per Obama, stando ai conti dell'emittente televisiva Cnn, hanno votato oltre 53 milioni di persone, contro gli oltre 49 milioni di McCain.

Per la precisione, per il nuovo presidente sono stati conteggiati 53.516.786 voti, contro i 49.300.666 di McCain. Obama ha finora 338 Grandi Elettori (ne servivano 270 per vincere) più del doppio rispetto ai 156 dello sconfitto senatore dell'Arizona John McCain. Tradotto in percentuale, equivale al 52% delle preferenze per il nuovo presidente contro il 47% del repubblicano.

6.21 I democratici aumentano il controllo sul Congresso: sale a quota 56 seggi la maggioranza democratica nel Senato mentre alla Camera l'asinello vede confermato l'ampio vantaggio conquistato a novembre del 2006. In particolare alla Camera alta i democratici si fermano a un passo da raggiungere quota 60 che blinda il Senato e impedisce all'opposizione qualsiasi forma di ostruzionismo. I democratici hanno conquistato 17 dei 35 seggi in palio oggi, contro i 12 repubblicani. Tra questi il partito di Barack Obama ha strappato ai repubblicani sei seggi: New Hampshire, Virginia, West Virginia, New Mexico, North Carolina e Colorado. Nel voto di oggi erano in gioco 35 seggi del Senato di cui 23 repubblicani e 12 democratici. Alla Camera, mentre lo spoglio ancotra continua, il Partito democratico ha allargato di quattro seggi la precedente maggioranza di 235 parlamentari.

5.53 Il neo eletto presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha molto apprezzato le congratulazioni ricevute telefonicamente da John McCain e ha reso omaggio al suo contributo non solo durante la campagna elettorale ma durante tutta la sua vita. Lo hanno riferito funzionari dello staff di Obama, dopo l'intervento del senatore dell'Arizona che definto "storica questa elezione" e ha assicurato al nuovo presidente tutto il suo appoggio.

5.30 Il presidente uscente George W. Bush e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno telefonato a Barack Obama per congratularsi della vittoria.

5.25 Sale a quota 55 seggi la maggioranza democratica nel Senato degli Stati Uniti. Sette seggi sono ancora da assegnare mentre i democratici sperano ancora di arrivare a quota 60 senatori, con cui raggiungerebbero la maggioranza qualificata che consente di bloccare l'ostruzionismo dell'opposizione in aula.

5.22 John McCain ha riconosciuto la sconfitta. "Poco fa ho telefonato al senatore Obama e mi sono congratulato con lui per la vittoria" ha detto alla folla di suoi sostenitori a Phoenix. "Siamo alla fine di un lungo viaggio" ha aggiunto, "il popolo americano ha parlato e ha parlato chiaramente. Rispetto la abilità e perseveranza di Obama che ha ispirato speranza in così tanti americani".

5,05Obama è il 44esimo presidente degli Stati Uniti. Il candidato democratico si è aggiudicato anche gli stati di California, Florida, Oregon, Washington e le Hawaii.

4.51 Secondo Fox il senatore democratico Barak Obama avrebbe vinto in Virginia, ottenendo così altri 13 voti elettorali.

4.48 Il candidato repubblicano alla Casa Bianca, John McCain, si aggiudica il South Dakota e i suoi 3 voti elettorali. Lo riporta la tv Msnbc.

4.27 Gli ispanici degli Stati Uniti hanno votato in massa per l'afro americano Barack Obama: lo dice la Cnn, secondo cui i "latinos" hanno votato per il candidato democratico alla Casa Bianca al 67% mentre solo il 30% ha votato per il repubblicano John McCain (quattro anni fa il 40% votò per George W. Bush).

4.20 Il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain vince in Mississippi, guadagnando 6 voti elettorali.

IL PUNTO (di Mario Margiocco)

Alle quattro del mattino ora italiana, Barack Obama ha moltissime probabilità di essere il nuovo presidente degli Stati Uniti e solo un miracolo, la possibilità di riconfermare tutti gli Stati ancora aperti e che andarono nel 2004 a George W. Bush, può consentire a John McCain di sperare. Per due ore è parso che il conteggio dei voti e le relative proiezioni - di queste ancora si tratta in molti casi - ripresentassero una situazione simile a quella del 2000 e del 2004, con un sostanziale equilibrio di voti popolari, un margine di voti elettorali a vantaggio di Barack Obama, e un ripetersi della mappa geografica di vittorie delle due tornate precedenti, senza cambiamenti notevoli.

Poi dopo le tre, ora italiana, l'Ohio è stato aggiunto al campo democratico e questo ha reso molto probabile una vittoria di Obama. Al momento i voti elettorali sono 207 a 129. A Obama quindi mancano pochi voti per raggiungere il quorum di 270, tenendo conto che vincerà certamente i tre Stati della costa del Pacifico e le Hawaii. Comunque la gara non è chiusa. Ma le probabilità che gli Stati Uniti abbiano il primo presidente afrro americano è a un soffio. Ancora troppo combattuti i risultati di Florida e Virginia, due Stati su cui entrambi i candidati hanno investito molto, e ricchi di voti elettorali.

4.08 Secondo i principali media americani,il candidato repubblicano alla Casa Bianca, John McCain, si aggiudica lo Utah e i suoi 5 voti elettorali mentre il candidato democratico alla Casa Bianca Barack Obama ha vinto in Iowa (7 voti).

3,50 L'Ohio, vinto da Obama, rappresenta un banco di prova decisivo per i candidati alla presidenza. Nelle elezioni americane, infatti, dal 1944, nessun candidato, con l'eccezione di John F. Kennedy, è stato eletto alla Casa Bianca senza aver conquistato l'Ohio.

3,45 Barack Obama sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti se vincerà come previsto i grandi Stati della Costa ovest: California, Washington e Oregon. Tenendo conto degli Stati che ha già vinto, e dando per scontato che non ci saranno sorprese sulla costa occidentale, Obama avrebbe in cassaforte 272 Grandi Elettori, più dei 270 che servono per la vittoria.

3,20 Per la Nbc in Arizona, lo stato che ha eletto senatore McCain, è testa a testa tra Barack Obama e John McCain: un dato che suona di cattivo auspicio per il senatore repubblicano che rappresenta dal 1986 lo Stato del Sud Ovest degli Usa.

3,05 I seggi si chiudono in altri quindici Stati. Barack Obama prevale a New York, Minnesota, Michigan, Winconsin e Rhode Island. Secondo la Fox, Obama avrebbe vinto anche in New Mexico e in Ohio, due degli stati più incerti. In Texas si rafforza il vantaggio di McCain, che prevale anche in North Dakota, Wyoming e Arkansas.

 

2.53 Le prime proiezioni Cnn in New Hampshire assegnano a Barack Obama il 67% contro il 33% di John Mccain. Lo Stato, che assegna quattro grandi elettori, aveva votato per John Kerry nel 2000 e per George W. Bush nel 2004.

2.36 I democratici marciano verso la conquista della maggioranza in Senato. Secondo le proiezioni e gli exit polls, il partito dell'asinello ha una maggioranza di 52 senatori a 48. In tre stati i democratici hanno spodestato il senatore repubblicano: New Hampshire, North Carolina eVirginia.

2.32In Ohio Obama sarebbe avanti al 65% mentre McCain al 34%. La Cnn dà Obama in leggero vantaggio nel Texas. Il Texas, che esprime ben 34 grandi elettori, è la roccaforte dei Bush. Obama attualmente è dato da Cnn in vantaggio con il 52% mentre McCain è fermo al 48%.

2.29 Il candidato democratico Barack Obama ha raccolti finora 77 voti elettorali (Vermont, Maine, Massachusets, Illinois, Delaware, Maryland, Washington DC, New Jersey). Il candidato repubblicano John McCain ne ha 34 (Kentucky, West Virginia, South Carolina, Oklahoma, Tennessee).

2.07 New Jersey, Illinois, Pennsylvania, Maine e Maryland, Massachusetts e il Distretto di Columbia (Dc), quello della capitale Washington, sono andati al candidato democratico Barack Obama secondo la Cnn

2.04 Il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain ha vinto in West Virginia. Nello Stato erano in palio 5 Grandi Elettori. A McCain sarebbero andati anche Oklahoma e Tennessee

1.52Barack Obama continua domina la corsa in Florida, uno degli stati considerati chiave nella battaglia per la Casa Bianca. Secondo le proiezioni della Cnn, che tengono conto del 4% delle schede scrutinate, il candidato democratico avrebbe il 55% dei voti, contro il 45% di John McCain.

1,33 Le prime proiezioni Cnn in South Carolina danno John McCain al 64%contro il 35% raccolto da Barack Obama. Lo stato che assegna 8 grandi elettori aveva votato per George W. Bush sia nel 2000 che nel 2004. CONTINUA ..."

 

1,25 Le prime proiezioni Cnn in Georgia assegnano lo stato a John McCain con il 63% dei voti contro il 33% di Barack Obama. Lo stato, che assegna 15 grandi elettori, aveva votato per George W. Bush sia nel 2000 che nel 2004.

1,22 Gli exit poll di Cnn danno McCain in vantaggio in Florida. La Florida esprime 27 grandi elettori. Il candidato repubblicano è al 54% mentre quello democratico è al 46%.

1,17 Con appena l'1% dei dati scrutinati inVirginia, altro Stato cruciale per l'elezione presidenziale, il repubblicano John McCain appare in testa con il 55% contro il 44%del democratico Barack Obama; lo riferisce la Cnn.

1,09 I democratici hanno vinto il seggio del Senato in palio in Virginia, secondo gli exit poll della Cnn. Mark Warner, ex governatore dello stato, diventerebbe così il secondo senatore democratico dello stato.

1,05 Per la Cnn Barack Obama ha vinto nello Stato del Vermont, che conta 3 grandi elettori. La vittoria di Obama era largamente prevista nel piccolo stato del nord est.

1,02 Il repubblicano John McCain conquista il Kentucky. Le prime proiezioni della

Cnn sulla base del 10% dei seggi scrutinati gli assegnano lo stato con il 52% dei voti contro il 47% di Barack Obama. Lo stato che assegna 8 grandi elettori aveva votato per George W.

Bush sia nel 2000 che nel 2004.

00,54 È testa a testa in Indiana tra Obama e McCain. Dopo una partenza bruciante, Obama ha ridimensionato notevolmente il suo vantaggio che ora (con il 3% dei voti scrutinati) è di un solo punto. Obama è dato al 50%, mentre McCain al 49%.

00,39 Le prime proiezioni Cnn in New Hampshire assegnano a Barack Obama il 67% contro il 33% di John Mccain. Lo Stato, che assegna quattro grandi elettori, aveva votato per John Kerry nel 2000 e per George W. Bush nel 2004.

00,35 Drudgereport, il sito Internet di Matt Drudge, voce della destra americana, ha cominciato a fare i propri pronostici.Barack Obama sarebbe in vantaggio di 15 punti in Pennsylvania su John McCain. La situazione sarebbe ancora estremamente in bilico, troppo presto quindi per fare pronostici in Florida, Indiana e Ohio, tre stati cruciali dove sono in palio rispettivamente 27, 11 e 20Grandi Elettori. L' Arizona, che porta 10 voti elettorali, andrebbe al candidato repubblicano John McCain.

00,31 Secondo i primi risultati del voto in Indiana diffusi dalla Cnn, Barack Obama sarebbe in testa con il 55,44% dei voti, contro il 44,56% di John McCain.

00,29 I primi dati ufficiali delle presidenziali americane sono già arrivati e riguardano il Kentucky. In gran parte dello Stato i seggi sono chiusi dalla mezzanotte e sulla base dei primi risultati il repubblicano JohnMcCain avrebbe la vittoria in tasca. Il margine è ampio, 66% per il repubblicano, 33% per il democratico Barack Obama.

0,10 Barack Obama sta andando bene anche secondo gli esperti che stanno analizzando gli exit poll per conto della Fox, tv tradizionalmente vicina al partito Repubblicano.

Il 57% degli interpellati all'uscita dei seggi hanno detto che Obama è in sintonia con gente come loro, contro il 40% per cento che si sente in sintonia con McCain. Un 51% è convinto che il governo dovrebbe far di più per risolvere i problemi della gente.

0,04 I primi seggi elettorali per le presidenziali Usa hanno chiuso alla mezzanotte italiana: sono quelli nell'est dell'Indiana e del Kentucky (dove le operazioni di voto si concludono tra meno di un'ora). Secondo le prime proiezioni di voto diffuse dalla Cnn, in Kentucky il repubblicano John McCain guida la corsa con il 61% delle preferenze, contro il 37% assegnato a Barack Obama.

23,59 - L'affluenza record registrata in Virginia e Missouri ha fugato gli iniziali timori che guasti e malfunzionamenti delle macchine per il voto potessero diventare i veri protagonisti dell'Election Day. Gli ingranaggi dell'enorme macchina elettorale statunitense hanno fatto "cilecca" in diversi Stati chiave della sfida Obama-McCain, dalla Florida al Missouri, dall'Ohio alla Virginia. Tuttavia il sistema ha retto, e gli elettori lo hanno dimostrato accorrendo in massa ai seggi.

"Un'affluenza incredibile", hanno riferito le autorità elettorali dello Stato, sottolineando che il 40 per cento degli elettori aveva già espresso le sue preferenze alle dieci del mattino. In Virginia, tradizionale roccaforte repubblicana (elegge 13 Grandi elettori), i democratici non vincono un'elezione presidenziale dal 1964. Tuttavia la massiccia campagna elettorale di Obama in questo Stato ha decretato, nei sondaggi più recenti, un suo netto vantaggio su McCain.

Invasi da un fiume di elettori anche i seggi di un altro Stato-chiave, il Missouri (che elegge 11 Grandi elettori), dove Bush ha vinto su Kerry nel 2004, e McCain è risultato in vantaggio nei sondaggi più recenti.

21,44 - Code, guasti e contrattempi hanno inceppato la macchina elettorale in molti Stati. I ritardi potrebbero causare lo slittamento nell'orario di chiusura di molti seggi. Imprevisti tecnici, macchine per il voto in panne ma anche ritardi nell'apertura dei seggi hanno causato lunghe code in Pennsylvania, Ohio, Florida, Virginia, New Jersey, Missouri.

Raffiche di segnalazioni di reclami da almeno otto Stati alla "hotline" della Cnn. In poche ore le chiamate hanno superato quota 64.000: il 30 per cento ha riguardato problemi di accesso ai seggi (aperture in ritardo, chiusure anticipate e non giustificate, sedi spostate, lunghe code) e di guasti alle macchine elettorali; il 26 per cento ha denunciato problemi nella registrazione: schede non pervenute, inesattezze nei registri.

21,20 - Sono 153,1 milioni gli elettori che si sono registrati per votare oggi per il nuovo presidente degli Stati Uniti, pari al 73,5% degli aventi diritto, la cifra più alta dal 1920. Lo ha reso noto l'American University, mentre esperti citati dal "New York Times" sostengono che a recarsi alle urne potrebbero essere 130 milioni di americani. Nel 2004 furono in 123,5 milioni a recarsi alle urne per la sfida tra George W. Bush e John Kerry, la cifra più alta nella storia della democrazia degli Stati Uniti.

21,19 - Il suo rivale Barack Obama pensa al futuro e ai giornalisti del suo aereo confida che "sarà divertente vedere come va a finire". Non così John McCain: oggi, nell'Election Day da cui sperava di ricevere il passaporto per la Casa Bianca, l'ex veterano del Vietnam ha guardato al passato: "È stata una delle più incredibili esperienze che una persona può avere", ha detto andando con la memoria alle montagne russe di una campagna elettorale che lo ha tenuto più volte col fiato sospeso e per lunghi mesi on the road.

21,15 - Hillary Clinton ha votato nel suo seggio di Chappaqua, nello stato di New York, per l'ex rivale Barack Obama. Ha anche dichiarato di essere "ansiosa di poter lavorare presto con il Presidente Obama su tutte le questioni che riguardano il nostro Paese e il mondo". Il Paese ha bisogno di "un presidente serio in un momento buio. Clinton ha detto di essersi sentita "privilegiata e onorata". "L'essere arrivata tanto vicina a essere una candidata è una cosa di cui sarò sempre orgogliosa", ha aggiunto senza nascondere di "sperare di fare parte di quelli che auspico saranno due anni grandiosi per l'America".

18,50 - Si arrende lo stratega delle due campagne elettorali di George W.Bush: secondo Karl Rove, Obama vincerà le presidenziali Usa con 338 grandi elettori (la quota necessaria per l'elezione è di 270) contro i 220 del candidato repubblicano. Il sito di Rove prevede che il candidato democratico alla Casa Bianca si assicurerà la Virginia, l'Ohio, il Colorado e il Nevada, stati tradizionalmente repubblicani, e la sua vittoria sarà schiacciante. McCain limiterà i danni in Indiana, Missouri, North Carolina e Arizona ma nelle roccaforti repubblicane in bilico il suo vantaggio sarà lieve. il sito dello stratega prevede addirittura una vittoria di 10 punti di Obama in Pensylvania.

17,33 - La numero due del ticket repubblicano Sarah Palin ha votato nella città natale di Wasilla, Alaska, dichiarando ai giornalisti di sperare di svegliarsi domani come vice presidente degli Stati Uniti.

17.21 - Il candidato repubblicano John McCain ha votato a Phoenix, in Arizona, accompagnato dalla moglie, Cindy.

16,45 - Va in "tilt" la macchina elettorale americana in Virginia, uno degli stati più popolosi in Usa. Nel seggio di Galax North le macchine del voto, attivate alle 6 di mattina, si sono rotte quasi subito costringendo gli elettori a ritornare al voto sulla scheda di carta.

Ore 16.30 - Seggi elettorali affollati, file e tanto frenetico entusiasmo: è il clima che si respira in questa storica giornata di elezioni americane. Le previsioni parlano di affluenza record, e le lunghe file di persone che attendono davanti alla propria stazione elettorale in attesa dell'apertura dei seggi in Virginia, Maryland e New York sono la prima dimostrazione della grande partecipazione all'Election Day.

Ore 15.23 - Il voto della nonna del candidato democratico Barack Obama è valido, nonostante sia deceduta poche ore prima dall'apertura ufficiale dei seggi. "Una volta che un voto per corrispondenza è stato conteggiato, questo è valido", ha spiegato la portavoce della campagna democratica, Linda Douglass. Madelyn Dunham è morta all'età di 86 anni ieri alleHawaii, dopo una lunga battaglia contro il cancro.

Ore 14.45 - Il senatore Barack Obama candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti ha votato nel suo seggio a Chicago.

Ore 14 - Tredici Stati Usa hanno già aperto i seggi per l' "election day", nel giorno in cui si calcola che 130 milioni di statunitensi sceglieranno il nuovo inquilino della Casa Bianca: Barack Obama o John McCain. La località di Dixville Notch, nel New Hampshire, è stata la prima a votare, poco dopo la mezzanotte ora locale e i suoi 21 elettori iscritti alle liste hanno votato con un saldo di 15 voti per Obama e 6 per McCain. Alle 11 (ora italiana) hanno aperto i seggi in Vermont, Massachussetts e poco dopo nel Maine, nel resto del New Hampshire, a Rhode Island, New York, Connecticut, New Jersey, Delaware e Pennsylvania. Alle 12.30 hanno aperto i centri in Ohio, West Virginia e North Carolina in una giornata con temperature di quasi 10 gradi e piogge dalla Carolina del Sud e Connecticut. Le previsioni meteorologiche danno pioggia anche in Minnessota e Iowa, piogge e neve nelle regioni settetrionali delle Montagne Rocciose e sulla costa del Pacifico.

Il voto, che prevede anche il rinnovo di un terzo del Senato e la totalità dei 435 membri della Camera del Rappresentanti, si concluderà tra l'01:00 ora italiana e le 7 di mercoledì mattina, a seconda degli Stati. Gli esperti prevedono che degli oltre 200 milioni di statunitensi in età di voto, andranno alle urne più di 130 milioni, una cifra record. L'entusiasmo suscitato dalle candidature di Obama e McCain, che nei 9 primi mesi dell'anno hanno raccolto rispettivamente 600 milioni e 300 milioni di dollari, ha già attratto cifre straordinarie di votanti negli Stati che consentono il voto anticipato: più di 23 milioni.

I primi Stati a chiudere i seggi saranno, all'01:00 di mercoledì ora italiana, Indiana, Kentucky, Georgia, South Carolina, Vermont, Virginia e nel New Hampshire. L'ultimo blocco, tanto per l'apertura che per la chiusura del seggi, include North Dakota, California, Idaho, Washington (lo Stato) e le Hawai, dove la chiusura è prevista alle 06:00 di mercoledì. L'ultimo Stato tra tutti sarà l'Alaska, dove le votazioni si concluderanno alle 07:00 di mercoledì mattina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'America volta pagina

Barack Obama è presidente

dal nostro inviato Mario Platero

5 novembre 2008

Barack Obama con la moglie Michelle e le figlie Malia e Sasha (Reuters9

CHICAGO – L'America ha scelto Barack Obama, un giovane di 47 anni, afroamericano, sconosciuto fino a 4 anni fa, per guidarla lungo una nuova strada in un periodo fra i piu' difficili della sua storia. Si è chiusa così, ieri, con una decisione coraggiosa e rivoluzionaria per gli Stati Uniti e per il mondo intero, la più avvincente corsa elettorale degli ultimi 50 anni, una corsa epica, emozionante, travolgente che ha premiato la costanza di un candidato solido, disciplinato, carismatico e nuovo. Ma che ha anche premiato i valori di solidarietà per superare una catastrofe finanziaria ed economica che ha precedenti solo nella Grande Depressione. Sulla scia di questa vittoria, il partito democratico ha anche guadagnato anche seggi alla Camera e al Senato, creando così una doppia maggioranza democratica a Washington sia nel potere esecutivo che in quello legislativo.

Ed è stato esattamente alle 10.19 ora locale a Chicago, le 5.19 del mattino ora italiana che John McCain è apparso a Phoenix in Arizona e ha fatto il suo discorso di concessione. Un discorso chiaro e generoso con il quale si è impegnato a lavorare con la prossima amministrazione: "Lo ammiro e lo applaudo e sono intristito dal fatto che sua nonna non abbia potuto vedere questo momento". A quel punto la folla qui a Chicago è letteralmente impazzita. Ci siamo trovati fra le centinaia di migliaia di persone che affollano Grant Park, si percepiva l'entusiasmo, la gioia, di chi sente di essere parte di un momento che resterà per sempre negli annali della storia. I risultati in Pennsylvania, in Florida, in Ohio, nella Carolina del Nord, in Virginia parlavano chiaro: in questi stati chiave si è affermato Obama ed è riuscito a sfondare nel sud. E' stata questa la risposta dell'America a una crisi che ha messo in ginocchio milioni di cittadini in pericolo di perdere le loro case. Che ha visto l'intero sistema finanziario vicino alla paralisi sistemica, banche storiche come Lehman Brothers fallite, istituzioni gigantesche come Fannie Mae e Freddie Mac nazionalizzate e, infine, l'intervento dello stato con un pacchetto da 700 miliardi di dollari per riportare fiducia a un pubblico che l'aveva perduta.

Non c'è dubbio che l'elemento chiave per la svolta di Barack Obama verso la vittoria è stata la crisi economica. Gli ha dato un vantaggio immediato, subito dopo le convenzioni e lo ha tenuto anche grazie a uno straordinario vantaggio finanziario, in vantaggio fino all'ultimo giorno.

E' questo che si è celebrato ieri a Grant Park, l'abbraccio della folla che lo aspettava a Grant Park è stato bellissimo e emozionante. Ha aiutato una giornata tiepida, anzi estiva, insolita per la stagione di questa "Wind City", normalmente freddissima, battuta dai venti che attraverso l'enorme Lago Michigan arrivano dalle pianure del Midwest. Ma tutto questo è solo il contorno. Quel che conta davvero qui a Chicago, in questa giornata dove si respira la storia, è l'abbraccio popolare dell'America per Barack Obama, figlio di un africano del Kenya e di una donna bianca del Kansas. Sono davvero venuti da ogni angolo del Paese. C'è Kelly Jacobs, vestita con una bandiera americana e stivali da cow boy, cinquantenne, è arrivata dal Mississippi, ha guidato 12 ore per essere qui in tempo. Ci sono Adam Israel, Webb Lyons e CT Stevens, studenti dell'Alabama, con i loro seggiolini pieghevoli celesti, per il picnic happening nel parco. Ci sono Hugh e Leslie Doreen, arrivati dall'Oregon e Newton Agrawal, di origine indiana che arriva da Boston e che sta per finire un dottorato in medicina. E ci sono i locali. Alex Jenkins ad esempio, 62 anni, afroamericano, è l'ex capo della polizia di Chicago: "Sento nell'aria la stessa atmosfera che ci fu quando Papa Giovanni Paolo II visitò la nostra città nel 1979. La stessa calma, lo stesso rispetto, la stessa serenità di quando qui a Grant Park è arrivato il Papa". Riuscirà Obama a battere il Papa? Allora nel 1979 a Grant Park vennero 1,2 milioni di persone. Un record. Si stima che fuori dalle transenne ci saranno un milione di persone.

La festa è grande anche perché l'Illinois ha dato solo due presidenti all'America: Abramo Lincoln che iniziò la guerra civile per liberare gli schiavi, e Ulisse Grant, il generale che vinse la guerra. Obama sarebbe il terzo. Una successione che non potrebbe essere più straordinariamente simbolica come passaggio ideale della storia, da un passato di schiavitù e segregazione a un presente di emancipazione e di integrazione che va ben oltre l'ingresso nella Casa Bianca di un afroamericano. Oggi si festeggia negli slum neri dei quartieri poveri d'America, fra i derelitti che improvvisamente si rendono conto la promessa del sogno americano non è solo a parole.

Fra i presidente legati all'Illinois c'è anche Ronald Reagan, ma lui è soltanto nato in Illinois, a Tampico, ma era governatore della California e dunque non conta, anche se resta una grande ispirazione per il suo stile politico per Obama. Comunque sia i presidenti legati all'Illinois erano tutti repubblicani. Obama è il primo Presidente democratico che lo stato ha dato alla Nazione. Ha atteso a casa, con trepidazione e tristezza la grande notte. Ha votato nella scuola elementare di Hyde Park ieri mattina alle 7 e venti. Poi è tornato a casa con la moglie Michelle. Per aspettare e per chiudersi per qualche ora nel lutto per la perdita della nonna Madeline che è morta lunedì, il giorno prima delle elezioni. L'ultimo elemento drammatico di una corsa elettorale epica, irripetibile, indimenticabile che, finita questa notte con l'inesorabile giudizio degli elettori americani.

 

 

 

 

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